Telemarketing: perché la prima stretta Agcom non ferma lo spam

Il 19 agosto è entrata in vigore la delibera, ma le chiamate indesiderate continuano. Il filtro è sui numeri fissi, dal 19 novembre si estenderà ai cellulari
October 11, 2025
Un uomo risponde al telefono
Un uomo risponde al telefono / IMAGOECONOMICA
Alzi la mano chi non continua a ricevere quotidianamente una, due, tre o più telefonate indesiderate di qualunque tipo sul proprio smartphone. Può succedere a ogni ora del giorno: sul display appare un numero di cellulare non registrato in rubrica e al “pronto?” scatta la vocina che ci propone un’opportunità di investimento in criptovalute, un nuovo depuratore per l’acqua da installare in cucina o un cambio di operatore di luce e gas per le utenze di casa. A volte (non poche) la chiamata nasconde un tentativo di truffa. Contro il telemarketing selvaggio è scattata una prima stretta normativa il 19 agosto, con all’entrata in vigore di una delibera ad hoc dell’Agcom (106/25/CONS), a cui però nella pratica non è seguita una riduzione significativa delle chiamate spam. La motivazione principale della scarsa efficacia della misura è data dal fatto che le nuove regole hanno riguardato solo i numeri fissi, lasciando scoperti i telefoni cellulari, da cui arriva la maggior parte del traffico di chiamate moleste.
Il fenomeno del cosiddetto “spoofing” rende particolarmente difficile contrastare il telemarketing aggressivo. Si tratta di una tecnica che falsifica il numero chiamante, facendo apparire sul display un numero diverso da quello reale. Attraverso sistemi Voip (Voce tramite protocollo internet), chi chiama può mascherare la propria identità, scegliendo numeri locali o simili a quelli del destinatario per aumentare la probabilità di risposta. Dietro queste chiamate ci sono spesso offerte commerciali non autorizzate o vere e proprie truffe, appunto, con richieste di dati personali o bancari. Lo spoofing sfrutta vulnerabilità tecniche e regolamentazioni deboli, diventando un mezzo in grado di aggirare le restrizioni.
Per limitare il fenomeno, Agcom ha imposto agli operatori di bloccare automaticamente tutte le chiamate con numeri falsificati, applicando controlli più severi sui sistemi VoIP. I primi risultati comunicati dall’Autorità risalgono a metà settembre e parlano di 43 milioni di chiamate filtrate in circa un mese, circa 1,3 milioni al giorno. Un dato che, seppur significativo, rappresenta solo il 5,74% del totale delle chiamate ricevute dagli italiani, dimostrando che il problema resta ampio e lontano dall’essere risolto.
Le associazioni dei consumatori hanno sottolineato i limiti della prima stretta. Il Codacons ha rilevato come gli operatori abbiano spostato gran parte delle telefonate moleste verso i numeri mobili, mantenendo viva la pratica del teleselling aggressivo. L’Unione Nazionale Consumatori ha parlato di “passi insufficienti” e ha chiesto interventi normativi più ampi, come obblighi di numerazioni riconoscibili, sanzioni più severe e indennizzi per chi riceve chiamate non autorizzate. A pesare, inoltre, è lo scarso utilizzo di uno strumento poco conosciuto: il Registro pubblico delle opposizioni (Rpo), un servizio gratuito che permette ai cittadini di opporsi all'uso del proprio numero di telefono, sia fisso che cellulare, per finalità di telemarketing.
Nel frattempo, c’è molta attesa per capire che cosa accadrà dal 19 novembre in poi. Tra poco più di un mese, infatti, dovrebbe scattare il secondo step dell’Agcom, che consiste nell’estensione del blocco dello spoofing ai numeri mobili. Sarà un banco di prova importante per valutare l’efficacia della lotta contro il telemarketing selvaggio. Ma molti esperti avvertono che la battaglia non si risolve solo con strumenti tecnici: servono norme più incisive, controlli più rigorosi, strumenti di filtraggio avanzati e una maggiore consapevolezza da parte degli utenti. Altrimenti anche dopo il 19 novembre gli italiani si dovranno rassegnare a dover ricevere sul proprio smartphone squilli mai richiesti.

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