Sanzioni alla Russia, come funziona la tenaglia Usa-Ue
Scure di Washington sul greggio. Anche la Cina interrompe acquisti. E l'Ue vara il pacchetto contro il gas. Ma non c'è intesa sugli asset russi congelati

Una tenaglia su Mosca, dalle due rive dell’Atlantico, con doppie sanzioni da Usa e da Ue. Se solo una settimana fa il presidente russo Vladimir Putin credeva di aver manipolato a suo vantaggio, ancora una volta, Donald Trump, con la sua telefonata a sorpresa, per lui ieri invece arriva la doccia gelata: l’annuncio di Washington di pesanti sanzioni sulle due più importanti società petrolifere russe, Rosneft e Lukoil. «Visto il rifiuto del presidente Putin di porre fine a questa guerra insensata – ha dichiarato il segretario Usa al Tesoro Scott Bessent - il Tesoro sanziona le due principali società petrolifere che alimentano la macchina bellica del Cremlino». Le sanzioni impongono l’immediato stop, entro il 21 novembre, a qualsiasi scambio commerciale nonché finanziario e bancario con questi due colossi, colpendo l’80% dell’export russo pari al 5% della produzione mondiale di greggio. Come prima conseguenza immediata ieri la Cina, uno dei principali clienti di Mosca, ha annunciato lo stop agli acquisti di greggio russo via nave.
La risposta di Putin è arrivata a giro di posta. «Le sanzioni sono un atto ostile» ha detto, descrivendo le misure come «un tentativo di mettere pressione su Mosca, ma nessun Paese che abbia rispetto di se stesso fa mai niente sotto pressione». Aggiungendo che le sanzioni «non avranno impatto» sull’economia russa. Più duro l’ex presidente russo e numero due del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, che ha parlato di «un atto di guerra contro la Russia». Trump pare essersi finalmente stufato di esser preso in giro da Putin, che nei giorni scorsi non si è mosso di un millimetro. Tant’è che The Donald ha ufficialmente annunciato di aver «cancellato l’incontro con il presidente Putin. Non ho ritenuto che le cose stessero procedendo nella direzione giusta». Anche se, in serata, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha detto che un incontro Trump-Putin «non è completamente escluso».
La notizia è arrivata all’apertura del Consiglio Europeo, con l’Ucraina in cima all’agenda. Con l’Ungheria sempre dissociata, costringendo ancora una volta a un testo di conclusioni su Kiev separato, a 26. L’annuncio delle sanzioni Usa, per l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas, è «un importante segno di forza, che siamo allineati». Tantopiù che arriva in parallelo al varo ufficiale del diciannovesimo pacchetto di sanzioni Ue, che colpiscono per la prima volta il gas: dal primo gennaio 2027 scatta un bando totale all’acquisto di gas liquido (quello via gasdotto è già stato drasticamente ridotto). «Per la prima volta – ha dichiarato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen - stiamo colpendo il settore del gas russo, il cuore della sua economia di guerra». L’approvazione delle nuove sanzioni Ue, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ieri ha partecipato all’inizio del vertice, «è molto importante, così come le sanzioni Usa sono molto importanti», adesso serve «continuare e continuare finché Vladimir Putin non fermerà questa guerra». L’incontro con Trump della scorsa settimana? “Abbiamo sanzioni sull’energia russa – scherza - non abbiamo un incontro in Ungheria senza l'Ucraina, e non abbiamo ancora i Tomahawk. Questo il risultato, penso non male. Magari i Tomahawk arrivano domani». Non senza ricordare che «anche gli europei hanno missili a lunga gittata». Quanto alla pace, «se la Russia è pronta a dialogare, noi siamo pronti».
Il vertice Ue di ieri è stato dominato però da un’altra, pressante questione: l’utilizzo degli asset congelati russi nell’Ue, per 140 miliardi di euro, per i fabbisogni civili e soprattutto militari di Kiev. In gioco i circa 210 miliardi di beni russi nell’Ue, anzitutto i 185 miliardi di euro della Banca centrale russa detenuti nella società finanziaria belga Euroclear. Visto che i beni di Stati sovrani sono di per sé inalienabili, la Commissione ha proposto un complicato marchingegno giuridico-finanziario: Euroclear verserebbe 140 miliardi euro prelevati dai fondi liquidi della Banca centrale russa in cambio di titoli europei, insomma Mosca resterebbe titolare dei fondi. Sarebbe un prestito che sarebbe poi ripagato dall’Ucraina ma solo dopo che Mosca abbia versato le riparazioni di guerra. Il Belgio, in cui si trova la massima parte di questi soldi, però, ha puntato i piedi. Ieri il premier Bart de Wever è stato irremovibile nel pretendere tre condizioni per il suo sì all’operazione. Primo, la condivisione totale dei rischi giuridici tra tutti e 27 gli Stati Ue; secondo, garanzie che, in caso di obbligo di restituzione a Mosca, ogni Stato verserà la sua quota; terzo, che sia coinvolto ogni Stato in cui si trovino asset russi congelati. Da superare pure i dubbi della Bce, che teme che la credibilità finanziaria dell’eurozona possa essere messa a rischio dall’operazione. In serata arriva l’intesa con il Belgio per un testo di conclusioni molto vago in cui non si parla di beni congelati, ma si incarica la Commissione di presentare proposte per il finanziamento dell’Ucraina. I Ventisette sono consapevoli che, visto l’ingente fabbisogno ucraino (60 miliardi di euro l’anno), non ci siano alternative. La questione tornerà al Consiglio Europeo di dicembre.
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