sabato 7 novembre 2020
Più di 3 milioni di studenti, tra superiori e seconda e terza media, sono ritornati alle lezioni online. Ma i territori si mobilitano con progetti che puntano a garantire che nessuno resti indietro
Da Milano a Reggio Calabria, passando per Torino, viaggio negli istituti che non si arrendono alla Dad. Due docenti universitarie lanciano il progetto Top per gli alunni più fragili

Da Milano a Reggio Calabria, passando per Torino, viaggio negli istituti che non si arrendono alla Dad. Due docenti universitarie lanciano il progetto Top per gli alunni più fragili - Ansa

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Hanno portato gli zaini e perfino i banchi fin sotto le finestre delle scuole. Hanno urlato la loro rabbia e manifestato tutta la delusione per una situazione che, dopo il lockdown e, soprattutto, le promesse della scorsa estate, nessuno avrebbe più voluto vivere. Tutto inutile. Da venerdì più di tre milioni di studenti italiani sono tornati a fare lezione a distanza. Chiusi in casa davanti al computer. Lo ha stabilito l’ultimo Dpcm del governo, che ha riconsegnato alla didattica a distanza oltre 2,7 milioni di alunni delle scuole superiori e i circa 316mila delle seconde e terze classi delle medie di Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Calabria. Le “zone rosse” dove ormai il virus corre senza freni.
Per gli studenti, che hanno potuto riassaporare la scuola in presenza per appena nove settimane, si tratta di un passo indietro notevole, soprattutto perché viene meno, ancora una volta, l’aspetto relazionale che sta alla base di qualsiasi forma di istruzione ed educazione. E a soffrirne maggiormente sono i più piccoli, i preadolescenti delle scuole medie.

Prove di resistenza attiva

«I ragazzi non l’hanno presa bene», conferma il preside dell’Istituto comprensivo “Alda Merini” di Milano, Angelo Lucio Rossi, uno che la scuola la terrebbe aperta anche di notte, pur di placare la «fame» dei propri studenti. Ligio al dovere, il dirigente ha organizzato la Dad per i circa 300 alunni di seconda e terza media, ma si è subito dato da fare per trovare una soluzione che potesse salvare la necessità di diradare le presenze con l’urgenza di non perdere le relazioni. «Così mi sono inventato le bolle», racconta, mentre con la vice Rossella Viaconzi, mette a punto gli ultimi dettagli del progetto. «Siccome i disabili e i ragazzi con bisogni educativi speciali devono continuare in presenza – spiega Rossi – abbiamo studiato dei laboratori, sia mattutini che pomeridiani, ai quali facciamo partecipare piccoli gruppetti (2-3 alunni al massimo) di ciascuna classe. In questo modo, otteniamo il duplice risultato di non interrompere l’integrazione dei disabili nelle classi e di far rientrare, seppure per brevi periodi, tutti gli alunni a scuola. L’altra mattina li ho guardati davanti al monitor e nessuno aveva la faccia contenta. La Dad è vissuta male dai ragazzi che sono letteralmente storditi da questa situazione».

I disabili? Metà resta a casa
Anche milletrecento chilometri più a sud, a Taurianova, in provincia di Reggio Calabria, la situazione non cambia. Anzi, per certi versi è pure peggio, soprattutto per i ragazzi più fragili. «Soltanto la metà degli alunni disabili sta frequentando in presenza», sottolinea Giuseppe Gelardi, dirigente reggente dell’istituto comprensivo “Alessio-Contestabile”. «I genitori hanno paura del contagio e li tengono a casa – racconta il preside –. Ma così è difficile raggiungere tutti, nonostante il Comune si sia subito mobilitato per garantire il trasporto. C’è poi il problema che non tutti gli alunni hanno computer o tablet per collegarsi. Con la formula del comodato d’uso, stiamo consegnando i <+CORSIVO50>device<+TONDO50> proprio in questi giorni e speriamo che, in tempi brevi, tutti riescano a collegarsi con gli insegnanti».

«Teniamo duro fino a primavera»
Risalendo di nuovo lo Stivale, incontriamo Maurizio Giacone, preside del comprensivo di Bruino, piccolo centro in provincia di Torino, che da venerdì ha 160 alunni di seconda e terza in Dad. «Per tutta l’estate ci siamo organizzati per la scuola in presenza – ricorda il dirigente scolastico – e poi, dalla sera alla mattina, ci siamo ritrovati a dover ripensare l’organizzazione del servizio. Questo sta creando disagio a tutti, a partire dagli alunni. In molti si sono ribellati, ma temo che dovranno tenere duro ancora per un po’. In Piemonte la situazione non è tranquillizzante e non sono così convinto che a Natale si risolva. Temo, invece, che fino alla primavera non se ne uscirà».

Tutor per i più fragili
Se le previsioni sono queste, allora è urgente creare le condizioni perché davvero nessuno resti indietro. Un modello che ha già dimostrato la propria efficacia è quello del progetto Top (Tutoring online program), messo a punto da Eliana La Ferrara (Università Bocconi) e Michela Carlana (Harvard Kennedy School). Durante il lockdown, da aprile fino alla fine dello scorso anno scolastico, 520 studenti (selezionati tra i più bisognosi di aiuto) di 78 scuole medie italiane sono stati seguiti, a distanza, da 520 tutor, studenti universitari volontari di Bocconi, Bicocca e Statale di Milano, supervisionati da un team di specialisti guidato da Giulia Pastori e Andrea Mangiatordi (Università Bicocca). Gli universitari hanno garantito ai ragazzi tre ore di tutoraggio online a settimana in italiano, matematica e inglese, che hanno prodotto effetti significativi sui loro risultati scolastici (+4,7%), sulle loro aspirazioni (+39,7% in un indice composito), sul benessere (+26%) e sulle competenze socio-emotive (+21,1%). Inoltre, prima del lockdown, il 12,8% degli studenti del campione Top ricorreva all’aiuto di persone che non erano genitori o fratelli (ad esempio, altri membri della famiglia o programmi di doposcuola) per i compiti a casa: dopo la chiusura, la quota è scesa al 2,9%. Quelli che facevano i compiti da soli sono passati dal 55,3% al 62,1%. «In un periodo psicologicamente difficile come quello dell’isolamento, gli studenti partecipanti non solo hanno migliorato i loro voti, ma hanno anche evidenziato una felicità significativamente più alta e meno segnali di depressione. Il loro desiderio di lasciare gli studi dopo la scuola media è diminuito ed è aumentata la sensazione di avere il controllo della propria vita», sottolineano La Ferrara e Carlana. Che, con il ritorno della Dad, hanno riproposto il progetto a tutte le scuole medie italiane, ricevendo oltre un centinaio di adesioni.

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