sabato 31 dicembre 2016
Una circolare alle questure chiede di intensificare in tutta Italia i servizi per i controlli e l'allontanamento degli stranieri non regolari. La Caritas: la risposta è negli accordi internazionali
La sede del ministero degli Interni a Roma

La sede del ministero degli Interni a Roma

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La stretta, sulla quale il Viminale meditava da giorni, è arrivata alla vigilia di Capodanno. Con una circolare inviata alle questure, il capo della Polizia e direttore del Dipartimento di pubblica sicurezza Franco Gabrielli ha chiesto di intensificare in tutta Italia i servizi per i controlli e per l’allontanamento degli stranieri irregolari, ossia quelli sprovvisti di un permesso di soggiorno o altri documenti che ne autorizzino la presenza sul territorio nazionale. Dopo l'attentato a Berlino e la tragica fuga in Italia del tunisino Anis Amri, il timore del ministro dell’Interno Marco Minniti e dell'apparato di sicurezza è che altri potenziali estremisti possano approfittare di zone d'ombra legate a situazioni irregolari per portare avanti progetti o azioni pericolose nel nostro Paese.

La circolare: "I rimpatri sono una priorità europea

Nel documento, che Avvenire ha potuto visionare, si evidenzia l'importanza dei controlli "nell’attuale contesto di crisi, a fronte di una crescente pressione migratoria e di uno scenario internazionale connotato da instabilità e da minacce che impongono di profondere massimo impegno nelle attività volte a mantenere il territorio sotto controllo". Appare necessario, si legge nel documento, "conferire massimo impulso all’attività di rintraccio dei cittadini dei Paesi terzi in posizione irregolare, in particolare attraverso una specifica attività di controllo delle diverse forze di polizia". Pertanto, riveste "un ruolo altrettanto importante il dispositivo di controllo e di allontanamento degli stranieri irregolari".

Inoltre, la circolare emanata dal prefetto Gabrielli sottolinea come questa "attività di controllo consenta spesso di intercettare fenomeni di sfruttamento e di inquinamento dell’economia del territorio collegati a forme di criminalità organizzata di livello nazionale e transnazionale". Nel provvedimento si ricorda come "la politica di rimpatrio per gli stranieri in posizione irregolare rappresenta una priorità nel contesto dell’Unione europea e trova particolare riscontro, oltre che nelle disposizioni obbligatorie dei trattati istitutivi, anche in numerosi atti di indirizzo politico e strategico" come le Agende europee in materia di sicurezza e sulla migrazione.

Pattugliamenti contro lavoro nero e sfruttamento

In tutta Italia saranno dunque "pianificati" e "intensificati" servizi mirati a ottimizzare le risorse disponibili "nel più ampio contesto delle esigenze operative a livello territoriale". Una valutazione che verrà "svolta in sede di Comitato provinciale per l’ordine la sicurezza pubblica attraverso l’attivazione di piani straordinari di controllo del territorio, volti non solo al contrasto dell’immigrazione irregolare ma anche allo sfruttamento della manodopera e alle varie forme di criminalità che attingono dal circuito della clandestinità". In tale contesto, si definirà anche il "concorso delle diverse forze di polizia in attuazione di piani di controllo congiunto che vedano l’eventuale contributo operativo dei corpi delle polizie locali", ossia gli agenti delle Municipali delle diverse città.

Rafforzamento dei Cie

Gli immigrati irregolari rintracciati in tutta Italia, in attesa dell'espulsione, saranno ospitati nei Cie, i centri per l'identificazione e l'espulsione. Sarà la Direzione centrale per l’immigrazione e della polizia delle Frontiere, si legge nella circolare, a curare "il necessario raccordo con gli Uffici immigrazione delle questure per una pianificazione più specifica di tale attività di controllo, con riguardo in particolare all’assegnazione dei posti nei Centri di identificazione ed espulsione". Negli ultimi anni, il ricorso ai Cie (che avevano finito per diventare luoghi di trattenimento a lunga durata, con problemi di ordine pubblico e in qualche caso vere e proprie rivolte delle persone rinchiuse) era stato molto ridimensionato. Attualmente, la loro capienza è minima: sulla carta potrebbero ospitare 1.600 persone, ma i posti veri sono meno di 400. Il Dipartimento di pubblica sicurezza è ben consapevole dei problemi di ordine pubblico che potrebbero crearsi. L'intenzione del Viminale è di aprire un Cie per regione, restaurando e mettendo a norma quelli più grandi già esistenti oppure ricorrendo ad altre strutture da riadattare, come ex caserme in disuso. Ma potrebbero non essere sufficienti. Una volta constatata l'irregolarità dello straniero, infatti, secondo la legge si dovrebbe procedere al suo rimpatrio. Ma qui sta il nodo principale: con oltre 180mila migranti approdati in Italia (di cui oltre la metà, secondo le associazioni che si occupano di migranti, avrebbe ricevuto un primo diniego alla richiesta di asilo), gli irregolari presenti in Italia potrebbero essere diverse decine di migliaia. Pertanto, la stretta sui controlli potrebbe provocare un repentino intasamento dei Cie.

La Caritas: la risposta non è nei Cie, ma negli accordi internazionali

"Nessuno mette in dubbio le esigenze di sicurezza legate alla situazione internazionale che stiamo vivendo - ragiona Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas italiana-, ma auspichiamo che ciò non finisca per costituire un alibi per avviare un sistema di espulsioni che comunque, lo ribadiamo, debbono sempre avvenire nel rispetto dei diritti umani. Non vorremmo che si facesse un passo indietro, visto che in passato si sono verificati nei Cie trattenimenti prolungati e contro la legge.

La detenzione, secondo le norme, deve essere temporanea, questo deve essere chiaro". I governi precedenti, con l'allora ministro dell'Interno Alfano, ricorda ancora il responsabile immigrazione della Caritas, "avevano deciso di ridurre al minimo l'attività dei Cie, perché poco efficaci e molto costosi per le casse dello Stato. Ora la pressione dei fatti internazionali ha indotto a ripiegare su una soluzione già sperimentata, come quella dei centri di detenzione amministrativa. Ma se non avevano funzionato in passato, ci chiediamo, in quale modo dovrebbero farlo oggi? Vedremo...".La soluzione, argomenta Forti, potrebbe stare nell'intensificazione degli accordi coi Paesi di provenienza. Secondo i dati, nell'anno in corso, su 40mila irregolari rintracciati in Italia, 30mila sono
stati destinatari di un provvedimento di espulsione, ma solo 5mila sono poi stati effettivamente rimpatriati. E in base alle indagini, lo stesso Anis Amri (il 24enne tunisino autore dell'attentato a Berlino rimasto ucciso prima di Natale in uno scontro a fuoco con la polizia a Sesto San Giovanni) nel 2015 ricevuto l'atto di allontanamento dall'Italia, non era rientrato in Tunisia, ma aveva continuato a muoversi per l'Europa con un falso permesso di soggiorno italiano: "C'è un problema di accordi bilaterali e di resistenze dei singoli Paesi a riprendersi i propri migranti - conclude Forti -. Ad oggi, solo pochi Paesi, come il Marocco, la Tunisia, l'Egitto o la Nigeria accettano di buon grado i rimpatri dei propri connazionali". Una situazione complessa sul piano diplomatico, sulla quale stanno lavorando tanto la Farnesina, col ministro degli Esteri Angelino Alfano (che provenendo dal Viminale ben conosce i nodi della questione migratoria) sia il ministro dell'Interno Minniti, che nel mese di gennaio potrebbe partire per una missione in terra africana per consolidare i rapporti di collaborazione con le autorità di polizia di diversi Paesi.

Migrantes (Cei): no a una politica delle migrazioni centrata solo suilla sicurezza


Una circolare "coerente con una politica delle migrazioni che fino ad oggi è stata incentrata solo sulla sicurezza. Una politica che ha portato ad esasperare l’attenzione solo sui casi di delinquenza e di irregolarità tra i migranti, finendo per far dimenticare l’azione di un popolo che sta contribuendo a cambiare l’Italia: più di 500mila imprenditori, 2 milioni e mezzo di lavoratori, 800mila studenti": Monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei, commenta così all’AdnKronos la direttiva inviata ieri alle questure dal capo della Polizia Franco Gabrielli, che ha disposto l’intensificazione dei controlli e delle attività volte all’allontanamento degli stranieri irregolari.

"Certo, il momento storico non aiuta, con i timori diffusi per il terrorismo. Ma non aiuta neanche una politica della sicurezza che
dimentica che bisogna costruire il futuro dell’Italia sull’incontro e sulla capacità di integrazione, su percorsi di accompagnamento, sulla cittadinanza, sul diritto al voto amministrativo, su una rappresentanza reale. Anche le politiche di molti altri Stati europei
- aggiunge Perego- vanno in una direzione che non favorisce un’Europa dei popoli".




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