mercoledì 28 settembre 2022
Una circolare del Dap normalizza l’uso del telefonino per parlare coi familiari. Provvedimento anche per il sostegno psicologico degli agenti penitenziari di fronte ai suicidi o alle aggressioni
Il carcere di Bollate, nel Milanese

Il carcere di Bollate, nel Milanese - Ansa

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Troppi suicidi in carcere. Dall’inizio dell’anno ad oggi nei 192 istituti penali italiani si sono tolti la vita 65 detenuti: mai così tanti. Una tragica catena che va spezzata. E in attesa di una riforma del sistema penitenziario, che spetta al Parlamento (e anche il regolamento vigente, del 2000, è da adeguare), ecco una circolare del Dap che «stabilizza» le videochiamate e le telefonate dei “ristretti” ai loro familiari anche se rimane il limite di 10 minuti a settimana. Un utile rimedio antisuicidi, anche se insufficiente.
Con il provvedimento numero 3696/6146, infatti, «si intende favorire» il ricorso a questo mezzo di comunicazione, definendolo «particolarmente idoneo ad agevolare il mantenimento delle relazioni socio-familiari e soddisfare le imprescindibili esigenze di sicurezza».

Le videochiamate furono introdotte tre anni fa in via sperimentale durante la crisi pandemica, quando arrivarono nelle carceri italiane oltre mille tra cellulari e tablet, adesso vengono riconosciute come un modo ordinario per assicurare a chi vive dietro le sbarre il diritto all’affettività, cioè al mantenimento delle relazioni con i propri cari e con la società, diritto previsto dalla Costituzione. Le videochiamate vengono così estese a tutti i circuiti penitenziari (54mila circa i soggetti interessati), esclusi quelli del regime speciale previsto dall’articolo 41bis dell’ordinamento che riguarda i condannati per reati più gravi che si trovano in stato di isolamento. La circolare individua inoltre alcuni criteri per impedire ai “furbetti” «condotte inappropriate» delle videochiamate e per facilitare il già gravoso compito del personale penitenziario. Il principio è che in un momento di sconforto, quando un detenuto sta sull’orlo della disperazione, una telefonata a una persona cara, poterne vedere il volto e il sorriso, può salvargli la vita. Il capo della Dap, Carlo Renoldi, sottolinea come colloqui e telefonate assumano una “funzione fondamentale sul piano trattamentale, quale modalità di conservazione delle relazioni sociali e affettive nel corso dell’esecuzione penale e quale strumento indispensabile – scrive nella circolare – per garantire il benessere psicologico delle persone detenute, al fine di attenuare quel senso di lontananza dal mondo delle relazioni affettive, che è alla base – aggiunge – delle manifestazioni più acute di disagio psichico, spesso difficilmente gestibili dal personale e che, non di rado, possono sfociare in eventi drammatici».
Agli agenti carcerari si riferisce invece un’altra circolare emanata dal Dap che prevede interventi e percorsi per il loro sostegno psicologico (secondo l’atto di indirizzo della ministra della Giustizia, Marta Cartabia). Si tratta di disposizioni per l’utilizzo del fondo di un milione di euro istituto nell’ultima legge di Bilancio, «per consentire un’azione strutturata e permanente» di aiuto psicologico a beneficio dei poliziotti penitenziari. Con l’intervento di esperti, soprattutto psicologi del lavoro, viene assicurato agli operatori del settore un sistema di supporto, da attivare entro il 15 ottobre, «per affrontare ed elaborare eventi critici e traumatici a cui possono essere stati esposti durante il servizio»: suicidi, tentati suicidi dei detenuti, ma anche aggressioni, rivolte o evasioni.

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