giovedì 6 aprile 2017
Francesco spinge la Papa Giovanni XXIII: «Continuate l'opera in favore delle donne»
Un momento della Via Crucis per le donne crocifisse dell'anno scorso. L'evento, organizzato dalla Papa Giovanni XXIII

Un momento della Via Crucis per le donne crocifisse dell'anno scorso. L'evento, organizzato dalla Papa Giovanni XXIII

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Sono più di 100mila. Costrette, ogni giorno, a prostituirsi sulle strade del nostro Paese. E sfruttate, picchiate, torturate. «Non chiamatele prostitute, ma schiave della prostituzione» ha chiesto più volte Papa Francesco, che ieri alla loro terribile condizione è tornato a guardare incoraggiando la Comunità Papa Giovanni XXIII, in piazza San Pietro per l’udienza generale. «Mentre esorto a continuare l’opera in favore di ragazze sottratte alla prostituzione, invito i romani a partecipare alla Via Crucis per le donne crocifisse », ha detto il Pontefice salutando il gruppo accompagnato da don Aldo Bonaiuto. È il discepolo di don Benzi a organizzare, per il terzo anno consecutivo, l’evento, che si terrà domani dalle 19.30 a Roma in solidarietà e preghiera per le giovani donne vittime di tratta, prostituzione coatta e violenze.

La partenza è fissata da Ponte Settimia Spizzichino, alla Garbatella, la meta finale è la chiesa di Santa Francesca Romana. Come ogni anno saranno personalità rappresentative a portare sulle spalle la grande croce – dalle forze di polizia ai magistrati fino ai politici e ad alcuni rappresentanti del governo, come il ministro degli Esteri Angelino Alfano – e si ascolterà la testimonianza diretta di ragazze che hanno vissuto sulla propria pelle la condizione di schiavitù, così drammaticamente presente e invisibile nelle nostre città. Secondo i dati forniti dalla Papa Giovanni le donne straniere costrette a prostituirsi – 100mila appunto – hanno tra i 15 e i 25 anni e sono soprattutto nigeriane e slave. Attratte dalla speranza di una vita migliore, appena arrivano nel nostro Paese cadono nella rete della tratta sessuale e con la violenza sono costrette alla prostituzione su tante strade delle nostre periferie e in qualche nightclub. «Se vuoi ti porto in Italia, lì c’è lavoro, e con i soldi che guadagni potrai aiutare anche la tua famiglia» è la promessa fac-simile, lo slogan che dipinge nei loro sogni la possibilità di una vita migliore e di sfuggire alle condizioni di miseria o indigenza in cui spesso vivono. «A proporglielo – spiega proprio don Aldo Bonaiuto – può essere un cugino, un amico, a volte anche un fidanzato o una persona di fiducia che promette qualcosa di sicuro. Un sogno che si infrange presto, spesso proprio durante il viaggio o al più tardi, quando arrivano a destinazione e qui, anche se lottano e urlano sono già in trappola». Lontane da casa nessuno le difende e sono picchiate e vendute: «Non scappano perché spesso non conoscono la nostra lingua e se provano ad allontanarsi rischiano pesanti ritorsioni sulla loro famiglia».

«Siamo grati al Santo Padre per le sue parole di incoraggiamento e per l’invito a partecipare alla Via Crucis per Un momento della Via Crucis per le donne crocifisse dell’anno scorso. L’evento, organizzato dalla Papa Giovanni XXIII, si snoderà lungo le vie di Roma a partire dalla Garbatella le donne crocifisse – ha commentato Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII –. La sua attenzione per questa piaga sociale ci incoraggia a proseguire con maggiore impegno la liberazione delle ragazze». Di prostituzione, d’altronde, Bergoglio ha parlato spesso negli ultimi mesi, a partire dall’incontro dell’estate scorsa proprio con alcune delle giovani liberate in una delle case della Papa Giovanni. «Ho visitato – ha raccontato nella sua intervista a Tv2000 – le ragazze che sono state tolte dallo sfruttamento della prostituzione. E ho pensato non solo agli sfruttatori, anche a quelli che pagavano le ragazze: ma non sanno loro che con quei soldi, per togliersi una soddisfazione sessuale, aiutavano gli sfruttatori? ». «Ricordo – ha confidato ancora il Papa nel corso di quel colloquio – una, dall’Africa: bellissima, giovanissima, sfruttata, era incinta, sfruttata ma anche con bastonate dure e torture: 'Tu devi andare a lavorare'... E lei, quando raccontava la sua storia – c’erano 15 ragazze, lì, che mi raccontavano le storie, ognuna – mi diceva: 'Padre, io ho partorito d’inverno sulla strada. Sola. Da sola. La mia bambina è morta'. La facevano lavorare fino a quel giorno, perché se non portava agli sfruttatori tanto, era bastonata, anche torturata. A un’altra avevano tagliato l’orecchio perché non aveva portato... Questo è...».

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