sabato 3 novembre 2018
«Una situazione apocalittica». Mattarella chiama Zaia
I tronchi hanno invaso la diga del Comelico in Val Visdende, lungo la SS48 bis, San Pietro in Cadore, Belluno (Ansa)

I tronchi hanno invaso la diga del Comelico in Val Visdende, lungo la SS48 bis, San Pietro in Cadore, Belluno (Ansa)

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Una diga di tronchi d’abete e di larice. Là sotto c’è l’acqua, ma neppure si vede, tanto gli alberi sono fissi, quasi appiccicati. Si trova, il bacino idroelettrico, dentro un imbuto sul Piave, all’uscita dal Comelico e prima di Cima Gogna. Sopra scorreva una strada, che dava su quest’orrido. Motivi di sicurezza hanno indotto a costruirne un’altra, nella pancia della montagna. Il budello d’acqua e di tronchi sarà lungo qualche chilometro.

«Fa paura, indubbiamente – ammette Fabio Jerman, dei Vigili del Fuoco, a capo del Comitato operativo misto del Comelico –, ma è sotto controllo. L’Enel monitora ora dopo ora tutte le dighe». Vien da chiedersi se tutti quei tronchi hanno viaggiato lungo il Piave per una quindicina di chilometri, arrivando da Costa d’Antola, in Val Visdende, sotto il confine tra Italia ed Austria. «No, questi sono caduti probabilmente sul posto, o poco sopra. Una spazzolata terribile – spiega Jerman –, ma assolutamente peggiore è la situazione di quello che San Giovanni Paolo II aveva chiamato il “tempio di Dio”, la Val Visdende. Il nostro drone ha fotografato centinaia di migliaia di metri cubi schiantati. La foresta di Costa d’Antola non esiste più». Tutti i bacini sono attenzionati dall’Enel, dai Vigili del fuoco, dalla Protezione Civile. Tatiana Pais Becher, sindaco di Auronzo, manda a controllare più volte al giorno la grande diga di casa, sulle cui acque si specchiano in lontananza le Tre Cime di Lavaredo. «Per fortuna, nel mio caso, ho pochi alberi che galleggiano».

Ma questo è solo uno dei tanti problemi del Bellunese, a circa una settimana dall’«apocalisse», come la chiamano ormai da queste parti. E «una situazione apocalittica» l’ha definita il capo della Protezione civile Angelo Borelli, secondo il quale il maltempo ha atterrato 14 milioni di alberi, nel solo Nordest. «Sono ancora 8 le frazioni isolate ai piedi delle Dolomiti – ha detto Luca Zaia, il governatore, che accompagnava Borelli –, un centinaio di persone sono state evacuate, ma la situazione è ancora drammatica. Qui il paesaggio stesso è stato distrutto. Ci sono100 mila ettari di bosco che non ci sono più, ci sono frane ovunque, una centinaio di chilometri di strade da rifare. Dobbiamo intervenire subito perché c’è il rischio serio di spopolamento e questo aspetto ci preoccupa moltissimo».

Singolare l’appello della famiglia De Francesch, che vive isolata ai 2200 metri del Monte Piana, in faccia alle Tre Cime di Lavaredo. «Noi resistiamo quassù, anche se arrivano metri di neve e dobbiamo scendere con la moto slitta. Non ce ne andiamo, anche se sarebbe più comodo abitare a Cortina dove portiamo ogni giorno la nostra figlia a scuola; due viaggi da un’ora e mezza ciascuno. Guai se i bellunesi si lasciano prendere dallo scoramento».

Oltre 3mila i volontari della Protezione civile che danno una mano alla regione più in ginocchi di tutte. C’è anche l’Esercito. Oggi non dovrebbe piovere, ma le frane sono in movimento. Due nuove a Perarolo, minacciato pesantemente da un gravissimo smottamento ancora dell’anno scorso. Un paese che vive sotto l’incubo della diga di Valle, da una parte, e di quella di Centro Cadore dall’altra. L’Enel, prima di quest’emergenza, le aveva svasate per prepararle al nuovo invaso. La sicurezza è massima, ovviamente. Ma la paura è difficile da arginare.

Ancora 23 le strade chiuse. La corrente manca in oltre 9mila utenze. A Gosaldo, ad esempio, si sta protraendo il black-out elettrico perché i due gruppi elettrogeni presenti non sono sufficienti a coprire il fabbisogno. Ma non occorre andare in periferia per trovare analoghi problemi. A Belluno ci sono i generatori che si fermano a causa dell’esaurirsi del carburante: tutta la città è alimentata elettricamente in queste ore.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha intanto telefonato al presidente della Regione Zaia dicendogli di essere rimasto molto impressionato e addolorato dalle immagini della devastazione delle valli del Bellunese e di tante altre zone del Veneto. Il vescovo di Belluno Feltre, monsignor Renato Marangoni, dopo aver espresso vicinanza alle persone in sofferenza ed un vivo ringraziamento a chi è arrivato in soccorso, ha sollecitato un aiuto reciproco «a diventare più attenti e più adeguati nella salvaguardia del nostro contesto ambientale, culturale, sociale e religioso». E in occasione della festa del patrono della diocesi, San Marino, il vescovo ha indetto una giornata di solidarietà. Anche l’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzocato ha inviato un messaggio alle popolazioni colpite della montagna friulana, che verrà letto oggi nelle messe domenicali.

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