domenica 24 aprile 2022
I padiglioni di Ptak Expo sono stati riconvertiti nel più grande centro di transito e ospitalità per i profughi. L’impegno del sistema Italia alla frontiera
bambini nello spazio giochi della Fiera.

bambini nello spazio giochi della Fiera. - .

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Nella memoria dello smartphone Alex custodisce le uniche memorie di quella che era la sua città, Mariupol. Ci mostra due foto del condominio dove abitava con la moglie prima e dopo il 'trattamento' dei missili russi, un moncone incenerito. Poi alcuni video di morte e distruzione, girati per le strade della città fantasma che mostrano palazzi abbattuti, auto divelte e l’orrore dei cadaveri dei civili abbandonati. E una foto che riporta a una normalità ormai lontana, lui sorridente con una muta subacquea insieme a un amico. «Era il mio lavoro – spiega con malinconia – sono un subacqueo».

Alex, nome di fantasia, aspetta di partire per la Spagna alla 'Stazione Europa', hub di autobus da dove i profughi ucraini partono per la destinazione scelta collocato in uno dei padiglioni di Ptak Expo, la Fiera di Varsavia. Che è stata riconvertita nel più grande centro di accoglienza, transito e primo soccorso dei profughi ucraini in Europa due mesi fa. Dei 2,5 milioni arrivati in Polonia in 60 giorni di conflitto, Varsavia ne ha accolti finora 600 mila, 300mila dei quali ripartiti per altre destinazioni europee. Dalla Fiera ne sono passati almeno 80 mila. Cinquemila presenze al giorno accolte gratuitamente nei padiglioni della principale Fiera dell’Europa centrale mentre aspettano di partire per l’Europa o per una città polacca.

Ognuno ha una storia drammatica da raccontare. Alex è accompagnato dalla moglie Marina, capo ufficio in banca in un passato prossimo doloroso da ricordare. Non hanno figli, sono in un’età in cui si può ancora pensare di ricominciare altrove. «A Mariupol non vogliamo più tornare – sospira la donna – non riusciamo a contattare nessuno dei parenti rimasti. La nostra vita è stata spazzata via». La coppia è ancora traumatizzata. Parlano lentamen- te. Hanno deciso di fuggire dopo che un missile russo in un cortile ha ucciso 30 persone in coda per il cibo. Uno di loro era il cognato di Alex. Eppure non hanno parole di odio per i russi. Qui sono arrivati dopo una fuga lunghissima. «Siamo stati evacuati, non deportati, in Russia attraverso l’unico corridoio umanitario aperto – aggiunge Alex – e siamo stati accolti in un centro di accoglienza dopo il confine.

Le guardie aiutavano tutti. Ci siamo pagati il biglietto fino a San Pietroburgo, nessuno ci ha fermati. Siamo arrivati al confine con l’Estonia e siamo passati tranquillamente. Certo mi hanno perquisito e mi hanno fatto spogliare perché cercano sui maschi eventuali tatuaggi di appartenenza al battaglione Azov. Andiamo in Spagna per ricominciare a vivere, là abbiamo alcuni amici nella Croce Rossa». Accanto alla sala di attesa degli autobus per i paesi Ue le persone sono in una fila ordinata per ottenere un codice fiscale e un documento polacco per l’assistenza sanitaria gratuita e i sussidi per i figli minori. Irina viene da un villaggio del Donetsk e ha due figli piccoli. «Siamo arrivati qui un mese fa – racconta – e ci siamo trovati bene. All’inizio non sapevo che fare, adesso ho deciso di restare in Polonia e cercarmi un lavoro.

Aspetto che la guerra finisca per tornare a casa. Siamo russofoni, ma non credete alla propaganda di Putin, la maggioranza di noi si sente europea. Vogliamo vivere liberi, i soldati russi stanno distruggendo anche le nostre case». Nel padiglione accanto c’è il centro medico, curato da un ente privato che mette a disposizione degli ucraini pediatri, ginecologi, medici generici, farmacia e uno psicologo infantile. I bambini costituiscono la maggioranza di questo popolo in fuga dalla guerra e hanno a disposizione, oltre a uno spazio giochi e animazione curato da una Ong israeliana, zone riservate per dormire. I farmaci più richiesti dalle 150 persone che ogni giorno si fanno visitare da un medico sono calmanti e antipiretici per curare stress e freddo di un lungo viaggio. I bambini, dicono i volontari, chiedono soprattutto peluche da abbracciare e portarsi in giro nel lungo viaggio che faranno. Venerdì è arrivato un intero tir carico di pupazzi dal-l’Italia spedito dalla Fondazione Fiera Milano con Fondazione Progetto Arca insieme ad altri camion di aiuti.

È il secondo invio fatto dai due enti milanesi in 20 giorni a sostegno dell’enorme sforzo solidale del centro fieristico polacco. Dopo la prima spedizione di 70 tonnellate di prodotti a fine marzo, Fondazione Fiera Milano e Fondazione Progetto Arca hanno proseguito nella raccolta di generi di prima necessità e venerdì scorso sono giunti nella capitale polacca otto tir di aiuti. Altri quattro partiranno nei prossimi giorni per la Fiera di Poznan, altro crocevia importante di donne e bambini di passaggio in Polonia. «Abbiamo messo in piedi il centro in tre ore – racconta Kazimierz Cwikla, vicepresidente di Ptak Expo di Varsavia –, dopo aver ricevuto una chiamata dal governo che ci chiedeva di sistemare cinque autobus carichi di profughi ucraini fermi alla frontiera. Abbiamo chiesto solidarietà e supporto a donatori, fornitori e alle altre fiere europee.

un momento della distribuzione dei viveri

un momento della distribuzione dei viveri - .

Lo schema è semplice: il governo garantisce la sicurezza con l’esercito e l’assistenza burocratica, noi anche attaverso il nostro personale di origine ucraina, riusciamo ad assicurare accoglienza, igiene personale, supporto medico e un pasto caldo al giorno grazie ai privati». All’appello della Fiera polacca lanciato con un video attraverso l’Ufi, l’Associazione internazionale fiere, ha risposto prontamente la Fondazione Fiera milanese. «Abbiamo messo a disposizione con tutto il Gruppo Fiera Milano – spiega il presidente Enrico Pazzali – risorse, relazioni e capacità logistica.

La nostra iniziativa di solidarietà ha raccolto complessivamente oltre 100 tonnellate di beni di prima necessità oltre a coperte, sacchi a pelo, giocattoli e pupazzi, chiesti per fare da compagni di viaggio dei più piccoli». Grazie alla collaborazione delle aziende del settore sono stati inoltre inviati moquette e arredi per allestire alloggi di lungo periodo nella fiera. Mobilitazione a sostegno di comunità e territori già sperimentata con la pandemia. «Abbiamo trasferito la nostra esperienza della creazione di un ospedale nella Fiera di Milano alle altre realtà europee e tutte hanno realizzato nei padiglioni centri vaccinali o sanitari.

Dal punto di vista logistico è stata un’idea vincente. Speravamo fosse finita, purtroppo è scoppiata questa guerra e ci siamo rimboccati le maniche». Partner di Fondazione Fiera è Fondazione Progetto Arca, che oltre ad aver lavorato sul confine romeno e polacco, gestisce la prima accoglienza degli ucraini alla Stazione centrale di Milano e ha appena aperto altri due hub per chi desidera restare in città e chi parte per altre destinazioni italiane.

Marina, profuga fuggita da Mariupol

Marina, profuga fuggita da Mariupol - .

Arca ha anche avviato una raccolta di generi di prima necessità che ha spedito alle fiere polacche. «Il 27 febbraio – ricorda il presidente Alberto Sinigallia – abbiamo organizzato la prima spedizione a Siret, in Romania, con l’Ong Remar, quando arrivavano le prime ondate di profughi. Sempre con loro ci siamo poi spostati in Polonia, a Prszemyl, al confine con l’Ucraina, dove abbiamo aperto un magazzino e avviato la distribuzione di aiuti. Ora guardiamo alla nuova emergenza, gli sfollati interni. Siamo a Cernivci, una cittadina ucraina di 300 mila abitanti, a circa un’ora di macchina dal confine con la Romania, diventata un enorme centro di accoglienza all’aria aperta dove mancano generi di prima necessità per tutti.

Abbiamo contribuito all’allestimento di due tensostrutture da 400 metri quadri: una per l’ospitalità notturna, l’altra per una mensa capace di sfamare fino a 1.000 persone al giorno. È una via per gestire un’emergenza che non sappiamo quanto durerà». Se infatti è cominciato il flusso di rientro in Ucraina, quello in uscita continuerà finché proseguiranno gli attacchi missilistici russi. Lo conferma Nastia, arrivata da poche ore in Fiera con madre e figlia piccola. «Siamo fuggite da Kiev. Troppa paura. Non so che farò, deciderò a Varsavia. Abbiamo bisogno di pace, non voglio più sentire mia figlia piangere al suono delle sirene dell’allarme aereo».

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