giovedì 22 marzo 2012
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​Sette anni torna il Piano nazionale vaccini che prevede la somministrazione gratuita in tutta Italia delle vaccinazioni ritenute prioritarie. La novità è l’ingresso tra quelli raccomandati del vaccino contro l’Hpv – il Papillomavirus umano – che sarà quindi dispensato gratuitamente a tutte le dodicenni, con l’obiettivo di vaccinare il 70% delle bambine nate nel 2001, per arrivare, tra tre anni, al 95% delle nate nel 2003. «Si parla di vaccinazione contro l’Hpv per prevenire il cancro al collo dell’utero – spiega Maria Luisa Di Pietro, associato di Medicina legale all’Università Cattolica –, una patologia abbastanza frequente nelle donne, causata, tra l’altro, dalle conseguenze di un’infezione da Hpv». La percentuale di mortalità se non si interviene in tempo è molto elevata, ma non tutte le donne contagiate sviluppano il tumore. Le percentuali fornite dall’Osservatorio nazionale screening (Ons) dicono che «molto meno dell’1% delle donne infettate con un tipo di Hpv cancerogeno sviluppa lesioni pre-neoplastiche e neoplastiche. Ciò significa che altri fattori, ancora oggetto di studio, concorrono allo sviluppo della neoplasia».L’Hpv è un virus a trasmissione sessuale di cui si conoscono più di 100 varianti, molto frequente soprattutto nella popolazione giovane sessualmente attiva. In circa la metà dei casi regredisce spontaneamente nell’arco di un anno. Sia nell’uomo che nella donna il fattore di rischio determinante è il comportamento sessuale, collegato al numero di partner e all’età d’inizio dell’attività sessuale. L’Hpv molto raramente provoca manifestazioni evidenti negli uomini, rendendoli "portatori sani" nella trasmissione del virus. «A seconda del vaccino utilizzato, quadrivalente o bivalente, – chiarisce Di Pietro – si può arrivare a coprire fino al 65% delle infezioni che possono dare origine al tumore, ma questo significa che in oltre il 35% dei casi la donna è comunque esposta ad altre varianti oncogene del virus non coperte dai vaccini in uso».Da «Le 100 domande sull’Hpv» a cura dell’Ons, si apprende che «per sfruttare al massimo la sua efficacia profilattica il vaccino va fatto prima di avere acquisito l’infezione da Hpv, e quindi prima di avere il primo rapporto sessuale. L’unico modo per ottenere questo è vaccinare ragazze all’inizio dell’adolescenza».L’informazione sulla vaccinazione è il terreno sdrucciolevole su cui si gioca la partita della prevenzione. Il coinvolgimento di una fascia d’età particolare – non più bambine, non ancora adolescenti – e il riferimento a una patologia la cui trasmissione inerisce la sfera sessuale non lo rende equiparabile ad altri vaccini, pediatrici e non. Una ricerca del Censis ha evidenziato che «le donne italiane chiedono un’informazione completa e autorevole su patologie e vaccinazione». Ben 4 su 5 sostengono che le notizie che circolano sull’Hpv tra giornali e televisione non sono chiare. «Senza un’adeguata e completa informazione – commenta l’esperta – il rischio è di indurre una falsa sicurezza dovuta all’idea di poter prevenire altre malattie sessualmente trasmesse, con un potenziale incremento di rapporti sessuali precoci e promiscui soprattutto tra adolescenti». L’allarme è comprovato da uno studio sulla sovrastima degli effetti del vaccino pubblicato sulla rivista Archives of Pediatric & Adolescent Medicine. L’Ospedale pediatrico di Cincinnati (Usa) ha osservato la percezione del rischio in 339 ragazze tra 13 e 21 anni dopo la vaccinazione contro l’Hpv. Nonostante molte adolescenti fossero consapevoli dell’importanza di non avere comportamenti sessuali rischiosi, il 23,6% era convinto di essere meno a rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale dopo il vaccino. Cauta la Di Pietro: «C’è anche il rischio di una minore attenzione nei confronti del Pap test come strumento di prevenzione del cancro alla cervice». E si considera «perplessa» sulla proposta Usa di nuove linee guida per raccomandare di sottoporsi al Pap test non ogni 3 ma ogni 5 anni.In Italia risulta vaccinato il 62,2% delle 14enni (cioè le ragazze che avevano 11 anni nel 2008, all’avvio delle campagne vaccinali). La quota decresce tra 13enni (59,9%) e 12enni (54,3%). Scarsa è invece la diffusione della vaccinazione tra le donne adulte e al di fuori del regime di gratuità: per le 18enni e oltre la quota è pari appena al 2,9%. I due vaccini autorizzati in Italia hanno un costo elevato e prevedono un ciclo di tre applicazioni. Il prezzo del Gardasil è di 171,64 euro per una dose, 514,92 per il ciclo completo di tre. Il Cervarix costa 156,79 euro a dose, 470,37 per il ciclo completo. Inoltre, bisognerà avvisare le pazienti che molto probabilmente dovranno sottoporsi a un richiamo vaccinale a 19/20 anni. «Senza mettere in discussione la proposta di vaccinazione – conclude Di Pietro – una corretta educazione all’affettività da parte della famiglia potrebbe ’vaccinare’ assai meglio, e per tutta la vita».
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