mercoledì 28 luglio 2010
Al via in Senato le votazioni sul decreto che rinnova gli atenei italiani. Il sì è previsto per domani sera, poi, dopo la pausa estiva toccherà alla Camera. Maggioranza compatta: una riorganizzazione necessaria. Il Pd: ma ci sono troppi tagli. L’Italia dei valori attacca: il governo stacca la spina a un sistema agonizzante.
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Gira che ti rigira, la storia resta la stessa: «È vero i fondi sono un problema, da risolvere, ma significa che dobbiamo rinunciare a qualsiasi idea di riforma?», taglia corto il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, parlando in aula al Senato al termine della discussione generale sul disegno di legge di riforma dell’università (sarà approvato da Palazzo Madama in prima lettura domani sera e poi passerà alla Camera per il via libera definitivo.), ripresa ieri mattina. Riforma che secondo il consigliere dello stesso ministro Gelmini, Alberto Albertini, «non sarà pronta prima delle vacanze estive come sperava il ministro», ma viste le «centinaia e centinaia di interventi e modifiche, ragionevolmente si arriverà in autunno».La Gelmini, insomma, spiega che «non mi sento di condividere una posizione negativa sul ddl motivata esclusivamente o principalmente dalla mancanza di fondi». Anzi, va oltre e propone al Senato «d’impegnarci in un nuovo patto nazionale per l’università». Poiché – va avanti – «di risorse aggiuntive ne abbiamo avute in quantità nello scorso decennio, grazie a governi di centrodestra e di centrosinistra» ed è «sotto gli occhi di tutti che il loro impatto non è stato positivo perché non è stato accompagnato dalle risorse necessarie».Però «se le riforme non si fanno quando le risorse aumentano né quando le risorse diminuiscono, allora quand’è che si possono fare? Esiste in questo Paese un tempo per le riforme? La mia risposta è oggi. Abbiamo di fronte a noi un’occasione irripetibile, è nostro dovere coglierla fino in fondo senza tentennamenti». Dunque – conclude il ministro – «mi auguro sia ancora possibile un accordo tra maggioranza e opposizione. Restano alcune differenze, ma non tali da avere una totale ostilità nei confronti di questa riforma».Tuttavia l’opposizione attacca. «Questo disegno di legge è un’opportunità storica» e però «si è rivelato un’opportunità mancata», dice sempre durante il dibattito in aula Mauro Ceruti (Pd): «Il ddl infatti è collegato ad un enorme taglio e di fatto siamo passati da una sua riforma a una riforma Tremonti», con i tagli che «colpiscono 26mila ricercatori, collocati dalla riforma su un binario morto», mentre «per gli studenti nulla è contenuto in questo "combinato disposto" Gelmini-Tremonti che valorizzi il merito, il welfare, il diritto allo studio e, soprattutto, la mobilità».Infine l’Italia dei valori, che va giù durissima: «L’università pubblica italiana è agonizzante e il governo si prepara a staccarle la spina con una finta riforma, fatta solo per mascherare i tagli decisi da Tremonti e che rimanderà a tempo indeterminato tutti quegli interventi di cui c’è invece urgente bisogno», fa sapere il senatore Pancho Pardi, secondo cui «le scelte del governo si possono facilmente riassumere in una riduzione micidiale delle risorse e in una vana retorica contro il baronato, come se i baroni fossero tutti solo di sinistra».Esattamente opposte le considerazioni della maggioranza. Secondo il senatore Pdl e segretario della commissione finanze e tesoro, Vincenzo Speziali, la riforma «rappresenta la prima vera riorganizzazione degli atenei italiani», tanto «efficace che consentirà al sistema universitario italiano di competere con le migliori eccellenze europee». Una riforma che ha la sua «punta di diamante senza dubbio nell’introduzione del concetto meritocratico che determinerà la fine dei finanziamenti a pioggia. Autonomia e responsabilità viaggeranno su di un unico binario».E aggiunge un altro senatore Pdl, Luigi D’Ambrosio Lettieri: «Dal ministro Gelmini abbiamo ricevuto in questi mesi di lavoro la conferma della sua tenacia e della sua autorevolezza. Da esse traiamo la migliore garanzia affinché le risorse economiche destinate al comparto universitario siano reperite quanto prima» e «nella misura adeguata alle esigenze di finanziamento che l’attuazione della riforma stessa richiede».
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