domenica 18 giugno 2017
Immediata risposta corale all’appello di Avvenire. Increduli Gerardo e Lucia: «Mai avremmo immaginato che ci fosse tanta gente così generosa»
«Un'auto per Giulia» diventa gara di solidarietà tra lettori
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Un’auto per Giulia, chiedevamo il 9 giugno a pagina 21, certi che questa volta non sarebbe stato facile aiutare chi nel bisogno estremo si era rivolto a noi. Una macchina non si trova dietro l’angolo, specie in dono e con la massima urgenza. Invece lo stesso venerdì mattina, con il giornale ancora fresco di stampa, il telefono cominciava a squillare: «Ho letto la storia della ragazza affetta da tre malattie rare e di suo padre, che se non trova subito un’auto perderà il lavoro. Mi ha profondamente commosso. Ho pensato che la mia la uso poco, sarebbe assurdo non metterla a disposizione... ».

La voce, la prima di una lunga serie, apparteneva a un medico lombardo in pensione, che in cambio dettava due rigorose condizioni: «Voglio pagare anche il passaggio di proprietà. E soprattutto esigo di restare anonimo». Mentre scriviamo, la Ford del medico è già da quattro giorni a Muggiò, in Brianza, sotto casa di Gerardo Giovine, padre di Giulia, muratore da una vita, senza lavoro dalla chiusura dell’azienda nel 2013, ora riassunto per sei mesi da un generoso imprenditore brianzolo: «Un miracolo per noi – ci aveva detto, insieme a sua moglie Lucia. – Dopo anni di stenti, sei stipendi significano poter pagare le cure a Giulia e mangiare tutti i giorni. Ma l’altra mattina il motore della mia auto si è fuso e io non ho modo di arrivare in ditta, a 35 chilometri da casa. Aiutatemi, se perdo questo lavoro, quando lo ritroverò?». Un appello disperato che avevamo raccolto subito, rivolgendoci dalle nostre pagine a qualcuno che forse, chissà, da qualche parte d’Italia era proprietario di un’auto inutilizzata... «Nonostante tutto, abbiamo sempre pagato l’affitto di casa, 157 euro al mese – sottolineava Lucia, 48 anni e tanto coraggio da vendere – ci teniamo alla dignità, noi. Non chiediamo altro, ma vi prego, una macchina...».

Invece di una, ce ne sono arrivate tante, da più parti d’Italia, ed è questa la notizia. «Non siete un giornale come gli altri, voi avete questa responsabilità di farvi voce per chi non può farsi sentire, e le voci si ascoltano », spiega C., primario in un ospedale di Genova, che dopo aver letto Avvenire ha risposto subito. «Vedo che per molte categorie di persone, come stranieri o senza fissa dimora, il più grave ostacolo effettivamente è la mancanza di un mezzo per spostarsi. Io, mia moglie e i nostri 5 figli abbiamo subito considerato che una macchina da regalare non l’avevamo, ma potevamo organizzare una rapida colletta per un usato sicuro ». Anche S.F., docente di Economia in un’università di Roma, ha avuto la stessa idea, mentre G.G., giornalista, ha telefonato offrendo l’utilitaria della moglie: «Noi in due possiamo benissimo farcela con una sola».

«Mi scusi se non sono stato tempestivo », si giustifica F.M.B., lombardo, padre di 4 figli. Ha scritto per offrire la Panda di sua moglie, «lei non guida a causa di un infarto e io la uso di scorta. Mi dispiace di essere arrivato tardi...». In realtà si è mosso già il giorno dopo l’uscita dell’articolo, «perché purtroppo Avvenire lo leggo solo la sera...». Tra piccole e grandi offerte, l’ultima in questa gara di solidarietà è del 16 giugno, «sono un abbonato, vorrei regalare a Giulia la macchina di mio padre. Ma mi raccomando, niente nomi: non sappia la mano destra ciò che fa la sinistra», sorride. Tutti ugualmente ricompensati dalle lacrime di Lucia il 9 mattina alla nostra chiamata, «abbiamo la macchina ». «Non avrei mai immaginato che ci fosse tanta gente così – commenta la mamma di Giulia – lo scriva a queste persone, ci avete ridato la speranza. Anche se sono solo 6 mesi di lavoro, ora mio marito potrà andare senza più bussare ogni giorno alla porta di qualcuno e sentirsi in soggezione».

E a noi – il giornale dei cattolici – restano insieme la gratitudine e la consapevolezza che farsi davvero voce per chi non ha voce è un privilegio. Avvenire non si limita a raccontare ma prova anche a risolvere. E se spesso ci riesce è perché ha lettori indiscutibilmente molto speciali.

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