giovedì 11 marzo 2021
A Palazzo Chigi con "Mare nostrum" segnò una pagina di civiltà di cui va fiero. Nel ritorno pesa l'antico rapporto con Draghi ma anche la discontinuità dal renzismo che segna. Via libera di Zingaretti
Enrico Letta

Enrico Letta - (Ansa)

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Enrico Letta è rientrato a Roma, da Parigi. Ha sentito in queste ore tutti i leader del Pd e tutto lascia supporre che possa sciogliere nelle prossime ore positivamente la riserva, e accettare l'investitura per la segreteria del Pd. Alla quale si è unito anche il segretario dimissionario Nicola Zingaretti, che definisce la sua una candidatura "forte ed autorevole per prendere il testimone della segreteria".

Dopo 5 anni e mezzo in esilio torna dunque sui suoi passi, e riprende la sua avventura.

Quando gli chiedono che cosa abbia di più caro nella sua precedente vita in politica Enrico Letta non ha dubbi e cita 'Mare nostrum', l’operazione che - mutuando la vecchia definizione di epoca imperiale - ricollocò Roma al centro del Mediterraneo per coordinare le azioni di salvataggio. Affidata dalle forze della Marina e dell’Aeronautica Militare, prese il via il 18 ottobre 2013 sull’onda dell’emozione suscitata dal più grande naufragio nello Stretto di Sicilia (che fece contare a Lampedusa 366 vittime recuperate) e dell’appello che venne da papa Francesco. Un’operazione che consentì di mettere in salvo alcune decine, forse più di un centinaio, di migliaia di migranti in pericolo; poi interrotta da fine ottobre 2014, sopraffatta dall’idea che potesse incentivare i fenomeni migratori. Ora lo raccontano sinceramente combattuto, di fronte alla prospettiva di un ritorno in politica dopo oltre 5 anni, per assumere la guida del Pd, il partito che, sulle orme di Romano Prodi e Beniamino Andreatta, lui contribuì a mettere in piedi.

Fino al gesto di fine 2015, quando decise di non rinnovare la tessera. Combattuto e anche sorpreso. Ha chiesto 48 ore per pensarci, quindi l’assemblea di domenica del Pd potrà già contare sulla sua disponibilità, in caso positivo. A tutti quelli che gli hanno parlato in queste ore, praticamente tutto lo stato maggiore del Pd, e a tanti vecchi amici che lo rivorrebbero in campo, ha ripetuto con serenità che la sua disponibilità ci sarà se potrà essere utile e se si potranno fare le cose per bene, insieme. A tutti ha fatto presente quanto tenga al suo impegno attuale, che l’ha assorbito negli ultimi 5 anni. Lo ha rimarcato non per farlo pesare, ma solo per tranquillizzare tutti che non potrà mai costituire un problema, ci starà solo se il suo nome potrà restituire unità di intenti a un partito che ora appare dilaniato fra guerre intestine, prospettive incerte e veleni incrociati.

Legato da un rapporto di stima e reciproco rispetto con il segretario dimissionario Nicola Zingaretti, pur provenendo da due filoni di impegno politico marcatamente diversi, può vantare un’amicizia profonda con un ex leader del Pd come Pierluigi Bersani e un rapporto di sincera stima con Giuseppe Conte, al quale riconosce il merito di aver traghettato il M5s dentro il filone europeista che gli sta tanto a cuore. Ma nel contempo è legato da antico rapporto con Mario Draghi, che era direttore generale del Tesoro quando Letta è stato segretario generale del Comitato Euro che faceva capo allo stesso dicastero.

A ben vedere non c’è altra personalità che possa vantare una biografia così 'inclusiva', fra tutte le anime che nel Pd si contendono la guida del partito. Immune fra l’altro, nessuno più di lui, dall’accusa di 'cripto renzismo' rinfacciata ad altri leader dell’area cattolica del partito. Lo «Stai sereno» rivoltogli nel momento di difficoltà del suo esecutivo è come un marchio di insincerità inflitto a chi lo proferì a suo tempo. Letta ha definito «ontologica» la differenza di visione politica con il suo successore a Palazzo Chigi, tuttavia - a parte quella brutta pagina del passaggio della campanella senza guardarsi in faccia - ha sempre cercato di non accreditare quella con Renzi come questione personale. Ci ha tenuto a suo tempo ad ufficializzare il suo 'sì' al referendum renziano e più di recente a far arrivare la sua solidarietà per le minacce arrivate all’ex segretario del Pd attraverso una busta con proiettili.

Un po’ uomo di Stato, un po’ uomo di parte, Enrico Letta. Ma anche uomo di studi, come ai tempi dell’Arel di Beniamino Andreatta. In questi anni non gli sono mancate soddisfazioni, avendo portato la école Sciences Po Paris , salita dal 13esimo al secondo posto nel rating degli istituti di studi politici internazionali, dopo Harvard. La tentazione di tornare alla sua vera passione, la politica, ora è forte, ma non per fare il traghettatore. Se torna non lo farà solo per tre mesi, per preparare il congresso. «Se hanno davvero bisogno di me posso pensarci», ha assicurato a Paolo Gentiloni. E lo ha ripetuto a Dario Franceschini, il 'gemello diverso' del Pd - a tratti amico, a tratti rivale - che ora è il più convinto della necessità del suo ritorno.

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