sabato 2 aprile 2016
​Il presidente della Commissione diritti umani del Senato non si fa troppe illusioni sui dossier in arrivo il 5 aprile.
Il dossier egiziano: i servizi seguivano Giulio
Regeni, Manconi: «No a complessi di inferiorità»
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Nella gestione del caso Regeni l’Italia mostra un complesso di inferiorità verso l’Egitto del tutto immotivato. Secondo partner commerciale europeo, il nostro Paese potrebbe sconsigliare i viaggi turistici in una nazione in cui sparizioni e torture sono frequenti. Il senatore dem Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani del Senato, non si fa troppe illusioni sui dossier in arrivo il 5 aprile. Cosa pensa delle anticipazioni del quotidiano Al-Akhbar? Quanto anticipato non dice nulla di nuovo. Che Regeni avesse rapporti con alcune categorie di lavoratori è un dato: era la materia della sua ricerca. O si avranno conferme dettagliate o si tratterà del solito copione, tra il reticente e l’oltraggioso, tra l’ambiguo e il ridicolo. Regeni sarebbe stato nel mirino dei servizi sin dal suo arrivo in Egitto. Perché un ricercatore? Un sistema paranoico di controllo e repressione come quello del regime egiziano può arrivare a concentrarsi su un ricercatore che, proprio in ragione della sua indipendenza e della sua curiosità scientifica e culturale, finisce con l’apparire come un nemico. O, peggio, un agente del nemico. La procura di Roma vuole altro: tutto quello finora raccolto dalla polizia egiziana. Noi non sappiamo se le indagini siano state condotte con serietà e profondità, e c’è da dubitarne. Finora abbiamo avuto solo informazioni frammentarie e superficiali. La precondizione è avere tutto: tabulati, intercettazioni, traffico telefonico, video delle telecamere, interrogatori, perizie. E poi l’impegno a svolgere tutte le attività finora non realizzate. Il 5 aprile ci sarà un incontro tra polizie, ma teniamo conto che la magistratura italiana può fare poco o nulla all’interno di quel pae- se. Dunque, solo la più incondizionata collaborazione da parte della procura egiziana può consentire a quella italiana di svolgere un ruolo efficace. Il governo ripete che non si accontenterà di verità di comodo. È sufficiente? I genitori di Giulio hanno detto che, in assenza di risposte adeguate si aspettano un’azione forte dal nostro governo, che finora è stato fin troppo prudente. Le pressioni a livello di relazioni bilaterali riservate, evidentemente sono state insufficienti. Si rischia di accettare una falsa alternativa: quella tra intangibilità degli interessi diplomatici, economici e commerciali e retorica dei diritti umani. Un paradigma che va rovesciato: la tutela dei diritti fondamentali è priorità tra le priorità, non l’ultimo punto dell’agenda delle relazioni tra due stati. Il mancato rispetto dovrebbe mettere in forse le relazioni diplomatiche ed economiche? L’Italia sembra avere un complesso di inferiorità. E invece, per una volta, ci troviamo in una posizione di forza. Siamo il secondo mercato europeo per i prodotti egiziani. E la questione del giacimento di gas Zohr interessa all’Egitto persino più di quanto interessi all’Italia. Se teniamo conto, poi, che nel 2014 il turismo ha rappresentato il 12,8% del pil egiziano, l’ipotesi che la Farnesina indichi l’Egitto come 'destinazione non sicura' potrebbe essere una preziosa risorsa per una legittima pressione. L’Italia con 600 mila partenze verso l’Egitto nel 2014 è stata terza in Europa, dopo Inghilterra e Germania. Appunto, è sicuro un paese in cui Regeni viene ucciso in quel modo, le indagini sono condotte come sappiamo e nei soli primi tre mesi del 2016 sono state rapite 88 persone, 8 delle quali uccise?
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