mercoledì 22 marzo 2017
La visita di Francesco al Cara di Castelnuovo di Porto il 24 marzo 2016. E per ricordarla "Una carezza di Dio", libro fotografico della cooperativa Auxilium con le sue frasi autografe
Gli immigrati ai quali il Papa lavò i piedi il Giovedì Santo
COMMENTA E CONDIVIDI

Come fosse successo qualche giorno fa. Per le ragazze e i ragazzi, con un’operatrice, ai quali papa Francesco lavò i piedi durante la Messa in Coena Domini nel "Centro accoglienza richiedenti asilo" (Cara) di Castelnuovo di Porto, il 24 marzo 2016. Tra loro c’era Mohammed, ventitré anni, siriano: «Vivo in Finlandia ormai da mesi e mi trovo benissimo – scrive –. Perciò mi ritengo fortunato, sono sano e salvo e ce l’ho fatta. Ma dovrei dire che la mia più grande fortuna è stata incontrare il Santo Padre ed esser stato scelto fra tanti per essere uno dei dodici a cui il Papa lavò i piedi. Gioia e gratitudine indescrivibili, per un ragazzo siriano e musulmano».C’era anche Sira fra quei dodici, trentasettenne del Mali, oggi assunto dalla cooperativa Auxilium (che gestisce il Cara di Castelnuovo): «Quando l’ho guardato negli occhi, di fronte a me – spiega – quello è stato il momento in cui ho avuto veramente un colpo grande al cuore».

C’era Shadrach, ventisei anni, nigeriano: «Ogni giorno quando mi sveglio ricordo quei momenti nella mia testa. È come se fossero accaduti ieri». Shadrach è ancora ospite di quel Cara, come pure Endurance, ventiduenne nigeriano. Bole, nigeriano ventiduenne, anche lui fra quei dodici, è stato invece accolto presso una struttura del "Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati" (Sprar) a Roma, è contento e sta bene.In un centro di accoglienza a Rieti c’è Miminu, nigeriano di ventisette anni. Invece Luchia, giovane donna ventiseienne eritrea, vive in Francia, dov’è arrivata grazie il Programma di ricollocazione europea. Lo stesso Programma che ha permesso a Kbra, eritrea di ventitré anni, di essere trasferita in Svizzera. Al contrario Lucia, ventenne eritrea, probabilmente continua il proprio percorso dopo avere lasciato il Cara di Castelnuovo. Mentre Khurram, pakistano di ventisei anni, ha deciso e potuto proseguire autonomamente il proprio percorso d’inegrazione, dopo aver trovato un lavoro a Milano. Kunal, poi, che ha trent’anni e arriva dall’India, è stato trasferito in un "Centro di accoglienza straordinaria" (Cas) di Roma.Nella visita del Papa un anno fa al Cara di Castelnuovo di Porto, fra i dodici ai quali Francesco lavò i piedi c’era Angela Ferri, operatrice della cooperativa Auxilium.

Quel 24 marzo «avevo perso mia mamma da venti giorni. In modo inaspettato. Ero straziata – racconta –. Dopo che il Papa lavò e baciò i miei piedi, si alzò e mi disse con un filo di voce "Adesso basta lacrime"». E quelle parole restano scolpite nel cuore di Angela: «Le stesse che mi aveva detto mia madre la sera prima di morire».C’era infine, quel giorno, anche l’Imam del Cara, Abo Muammar: «Non avevo mai nemmeno sognato di poter stringere la mano di papa Francesco – spiega –. Anche la mia famiglia, i miei amici, quando parlo con loro mi dicono che è una cosa incredibile».

Nemmeno lui dimentica le parole di Francesco: «Il suo messaggio era anche per noi musulmani, Fare del bene alle altre religioni e vivere in pace, perché siamo tutti fratelli».E per ricordare quei momenti, la cooperativa Auxilium ha realizzato insieme all’editrice "Vivere In" il libro fotografico "Una carezza di Dio". Ed è la quarta di copertina a emozionare, con le parole autografe di papa Francesco, scritte proprio per questo volume. La cui introduzione è stata curata dall’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, che un anno fa accompagnò il Santo Padre fra i migranti del Centro di Castelnuovo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: