Bruno Lekli ha vissuto l’84% della sua vita in Italia. «E qui sarà anche il mio futuro, la percentuale è destinata ad aumentare», aggiunge. Nato a Durazzo 25 anni fa, è arrivato a Brindisi quando ne aveva quattro.Iil padre ci viveva da anni: inizialmente senza documenti, aveva poi trovato lavoro in un’officina, si era regolarizzato e aveva fatto le pratiche per il ricongiungimento familiare di moglie e figlio. «L’Albania – racconta Bruno – nel primo decennio dalla fine della dittatura era molto povera, non c’erano possibilità economiche». Dopo quasi un decennio in Puglia, i Lekli si sono spostati più a Ravenna, la città in cui Bruno ha frequentato il liceo classico, con una passione per la letteratura e le poesie di Pascoli. «Quelli dell’adolescenza – dice – sono stati gli anni in cui ho iniziato a sentirmi "nel mezzo" tra appartenenza italiana e albanese. Uno cresce italiano, ma si sente dire che è straniero. Mi chiedevo: sono un po’ l’uno e un po’ l’altro?». Ognuno trova la sua risposta, questa è quella di Bruno: «Prima di tutto mi sento italiano. L’Albania è il paese dei nonni e delle vacanze, l’Italia quello in cui sono cresciuto». Dove ha studiato Pascoli e dove da anni lavora, prima in libreria e ora come educatore in una coop sociale. Quattro anni fa ha inviato la richiesta di cittadinanza, per ora nessuna risposta. Tempi burocratici assurdi. «Eppure – si consola Bruno – se avessi studiato all’università anziché lavorare, non avrei avuto tre anni di reddito continuativo né avrei potuto fare domanda».
Quattro anni fa ha inviato la richiesta di cittadinanza, nessuna risposta. Tempi burocratici assurdi.
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