martedì 17 maggio 2016
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Conti pubblici Roma. La trattativa tra Italia e Ue sui conti per il 2016 è ormai al passo finale. La Commissione europea si appresta domani, a meno di cambi di programma, a concedere a Roma l’intera flessibilità richiesta dal governo Renzi, pari a circa 0,85 punti di Pil (quasi 14 miliardi). Un 'premio' per le riforme, gli investimenti, la crisi dei migranti e le misure anti-terrorismo. Soldi che l’Italia ha investito soprattutto per togliere l’Imu sulla prima casa, tagliare l’Irap e una serie di provvedimenti per sicurezza e la cultura. Tradotto in parole povere: non ci sarebbe il rischio, almeno quest’anno, di manovre correttive e procedure d’infrazione per il debito pubblico. Il 'patto' però non è stato ancora siglato e non è detto che domani arrivi davvero il Rapporto della Commissione con le raccomandazioni a tutti gli Stati membri. Non c’è solo il caso-Italia da sbrogliare. Anzi, il vero problema è rappresentato dallo sforamento del tetto del 3 per cento del deficit da parte di Spagna e Portogallo e dell’ennesimo extradeficit della Francia. Proprio la situazione dei tre Paesi 'cugini' costringe l’Ue a non usare la mano dura verso Roma. C’è poi un aspetto del 'via libero' europeo che ancora va negoziato tra la Commissione e Padoan. L’Ue, preoccupata dal debito italiano, vorrebbe mettere nero su bianco un discorso del genere: 'noi vi diamo la flessibilità, ma voi l’anno prossimo non andate oltre l’1,8 per cento di deficit e vi impegnate già in legge di stabilità a garantire 3 miliardi di entrate o facendo salire l’Iva o con misure equivalenti'. Una rigidità che il Mef vorrebbe evitare. Nelle 'raccomandazioni' l’Ue dovrebbe chiedere all’Italia il completamento delle riforme, un impegno supplementare contro disoccupazione giovanile e per gli investimenti produttivi e un chiarimento definitivo sui vari regimi Iva adottati dal Belpaese.
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