lunedì 22 agosto 2016
Catania: i residenti parlano di vendetta per uno sgarbo. Uno dei ragazzini è in coma e lotta per la vita. Arrestati tre dei 5 assalitori: due sono fratelli.
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​Quei bravi ragazzi non giocano a baseball né a tiro a segno. Ma all’occorrenza estraggono mazze di legno e una pistola da poligono sportivo. Per dare una lezione ai "niuri". Che poi a capire quali fossero i "neri" egiziani e quali i siciliani, un forestiero avrebbe fatto fatica a capirlo.Maggiorenni contro minorenni. Cinque contro tre. Armi contro lacrime e mani nude. Una vigliaccata studiata a tavolino. Se non altro perché sul luogo dell’agguato i cinque italiani sono piombati con due auto: cinque aggressori di cui uno addetto alle riprese del castigo, un filmato non ancora trovato. Al contrario è grazie alle immagini girate di nascosto da una delle vittime che sono stati incastrati tre dei cinque protagonisti del raid. «Spara, spara...», ordina uno. E l’altro, mentre infierisce anche con il calcio della pistola sul ragazzino che piange, che implora e urla come una bestia al mattatoio, gli spiega il perché: «Merda, siti merda». Insomma, siete sterco «e in paese – gli intimano in un dialetto comprensibile solo agli iniziati del posto – non dovete più tornare». Soprattutto: «Lontano dalle femmine!».I tre fermati per il pestaggio sono due fratelli, Giacomo Severo (classe 1984), Davide Severo (1993) e Antonino Spitale (1998). Tutti del posto. A loro carico ci sono le accuse di tentato omicidio, lesioni personali e porto abusivo di armi. I due autisti dell’improvvisato commando stanno per essere individuati.«Vengono qui a fare i loro porci comodi, provocano i nostri ragazzi, insidiano le ragazze», dice un avventore all’inviato del quotidiano "La Sicilia". L’ultimo episodio, raccontano a San Cono, è di pochi giorni fa, «almeno otto egiziani contro un paesano diciannovenne». Nessuna denuncia, anche se in un borgo di duemila residenti, tutti sanno. E i conti bisogna regolarli da sé. Infliggere la punizione a chi ha messo scompiglio nel monotono struscio dei fine giornata.In paese si parla di avances alle ragazze e di altre «spavalderie». Ma di denunce alle forze dell’ordine non ne sono arrivate. La colpa, naturalmente, è dei cronisti. «Buttate fango sui ragazzi che hanno reagito dopo un mese di provocazioni», ci dice una residente bene informata, che come altri spande fiumi di inchiostro sui social network, ma non ha trovato tempo per raccontare quello che sa ai carabinieri. «Anche senza denunce, le istituzioni – domanda – dopo un mese di provocazioni, perché non sono intervenute?». Ai carabinieri non si può certo fare il torto di non padroneggiare la sfera di cristallo. Ma da quelle parti i problemi vengono soprattutto dalla vicina Mineo, dove il Cara coi suoi 4mila ospiti e non si sa più quante inchieste giudiziarie, è la piattaforma logistica per lo smistamento di migranti (tra cui i minorenni di San Cono) nei vari progetti di accoglienza Sprar, diventando di fatto il principale datore di lavoro della provincia di Catania, con circa mille addetti tra diretti e indotto.In tutto il circondario l’oro nero non è più la terra coltivata prima per i "signori" e poi dai contadini finalmente affrancati dalla mezzadria. L’oro nero non è più l’emigrazione di massa, che ha spopolato l’entroterra che sopravviveva con le rimesse. Oggi, oramai alla terza e quarta generazione di emigranti nei cinque continenti, quasi nessuno spedisce più un solo dollaro ai parenti rimasti a "Santu Conu". «Dobbiamo capire con certezza cosa è successo e perché – spiega il procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera –. La certezza è che ci sono stati dei maggiorenni che, per motivi ancora oscuri, hanno colpito selvaggiamente tre minorenni profughi ospiti della nostra regione. E questo - chiosa - non ci fa onore».
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