martedì 26 gennaio 2021
Il pedofilo che adescava bimbi online e la ragazza fuggita (e poi ritrovata) con l’amica influencer: si moltiplicano i dubbi sul corretto utilizzo del social network. Bassetti: a 8-10 anni è deleterio
Il lenzuolo dedicato alla memoria di Antonella, la bambina palermitana di dieci anni morta dopo una sfida estrema sul social TikTok

Il lenzuolo dedicato alla memoria di Antonella, la bambina palermitana di dieci anni morta dopo una sfida estrema sul social TikTok - Twitter Teleone

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«Credo che su certi social debba essere consentito l’accesso a cominciare dai 14-15 anni, a 8-10 anni è deleterio». Lo ha dichiarato ieri il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. «A 10 anni – così ha proseguito – è fortissimo il senso dell’imitazione, e se si crea la figura dell’eroe o il senso di competizione, possiamo avere dei risultati drammatici, com’è successo».

Il caso TikTok continua a far discutere, dopo la tragedia della piccola Antonella a Palermo, morta dopo una prova estrema lanciata sul social. E proprio TikTok è nel mirino delle cronache giudiziarie. Un’influencer con oltre 58mila follower (sostenitori) insieme a un’amica sono scomparse per 11 giorni: entrambe le ragazze, minorenni, sono tornate a casa ieri dopo aver fatto perdere le loro tracce. E sotto accusa è finito anche un 57enne autore di numerosissimi episodi di adescamento e violenza sessuale ai danni di bimbe e ragazzine dai 6 ai 14 anni, 'agganciate' attraverso Facebook, Instagram e più recentemente lo stesso TikTok, utilizzando falsi profili con cui si fingeva un adolescente e immagini di profilo di giovani cantanti, attori o famosi youtuber.

I recenti fatti di cronaca hanno provocato una presa di posizione da parte di Telefono azzurro. «Cos’altro dobbiamo aspettare per intervenire a tutela dei minori?» si è chiesto l’associazione che ogni giorno ascolta bimbi e adolescenti, per cercare di toglierli dalla minaccia della violenza. Così, sulla scorta del fatto che «in Francia verrà immediatamente introdotto un supporto psicologico ai bambini per rilevare e intervenire immediatamente laddove venga perpetrata violenza, anche tra le mura domestiche», l’organizzazione costituitasi nel 1987 ha ribadito ancora una volta «l’urgenza di un’azione immediata e strutturata da parte delle istituzioni che devono, una volta per tutte, inserire le necessità dell’infanzia e dell’adolescenza nelle priorità per il Paese». Ha parlato invece di «violenza indicibile» Maria Stella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, che ha acceso i riflettori sulla «necessità di sostenere la famiglia, con tutti i mezzi».

Un problema immenso, dalle diverse sfaccettature, che chiama in causa anche la politica. A cominciare dal tema su cui è intervenuto il cardinale Bassetti, relativo all’età di chi accede ai social. Quando infatti il 25 settembre 2018 entra in vigore il Regolamento europeo per il trattamento dei dati personali, noto con l’acronimo Gdpr, l’indicazione è chiara: nessun adolescente sotto i 16 anni poteva accedere ai social. Ma ecco che il primo governo Conte, sfruttando una possibilità prevista nello stesso testo, abbassa la soglia di legge e con il decreto legislativo del 20 settembre 2018 stabilisce che un’identità digitale si possa ottenere dai 14 anni in su, o anche dai 13, purché in questo secondo caso vi sia il consenso dei genitori. Così, al di là dell’opportunità della scelta, si apre anche un problema giuridico. Già il Gdpr, infatti, consentendo l’accesso ai social dai 16 anni in su, aveva istituito un’eccezione a quanto previsto dal nostro Codice civile, secondo cui la capacità di agire si acquista con la maggiore età. Così, l’ulteriore abbassamento della soglia per accedere ai network digitali, disposto dall’esecutivo, si è da quel momento posto come una sorta di 'deroga della deroga'.

C’è poi altro. A fronte di un accesso così precoce, la gran parte dei social non si è adeguata alle tutele imposte dal Regolamento europeo. Per esempio, quelle che vorrebbero il consenso al trattamento dei dati personali come una condizione accessoria, e non indispensabile, per concludere il contratto d’accesso al network. Oppure, quelle che imporrebbero l’utilizzo di un linguaggio semplice, quando invece in più social si trovano informative molte lunghe, a volte con rimandi a pagine in inglese. Circostanze tutte che difficilmente lasciano pensare al 'libero consenso' del click, specialmente quando a ' rilasciarlo' c’è un tredicenne dietro lo schermo.

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