venerdì 17 settembre 2010
Il ministero: non ci sono soldi per il decreto. Altra doccia fredda per l’accordo concluso a fine luglio tra editori e Poste. Un documento della Ragioneria informa che manca la copertura. E le «voci delle comunità» rimangono in bilico.
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Resta uno spiraglio, ma il delitto mediatico rischia di compiersi. Le speranze si sono riaccese a cavallo tra la fine di luglio e Ferragosto, quando dalla Presidenza del Consiglio è venuta la copertura politica a un decreto che doveva rendere operativo entro il 15 settembre l’accordo di fine luglio sulle tariffe di spedizione postale dei giornali concluso da editori e Poste. Ma ieri, dopo voci pessimistiche che si susseguivano da almeno 24 ore, ha fatto calare il gelo una nota interna che esprime il parere della Ragioneria generale dello Stato sullo schema di decreto. Parere negativo per mancanza di fondi di copertura. A meno che, dicono i tecnici, la Presidenza del Consiglio non recuperi le risorse necessarie prima di emanarlo. Insomma, la palla torna nel campo di Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria. La porta, insomma, non è ancora chiusa.Vale la pena di riepilogare per sommi capi una vicenda complessa, ma che può avere esiti drammatici per il sistema informativo nazionale. Che inizia nella notte tra il 30 e il 31 marzo scorso, quando un decreto sospende la proroga delle agevolazioni postali previste dalla legge sull’editoria. Morale: le tariffe di colpo aumentano del 120% senza che gli editori possano rivedere gli abbonamenti già conclusi con i lettori per il 2010. Da allora molti periodici, tra i quali i settimanali diocesani, le testate del terzo settore, le voci dei territori, le riviste missionarie hanno sospeso le pubblicazioni. E i quotidiani nazionali versano in forte difficoltà. Alla fine di luglio una svolta: viene siglato un accordo tariffario tra Poste italiane e le associazioni degli editori considerato il male minore sulle spedizioni postali dei giornali. L’intesa contiene in sostanza l’aumento al 38% fino al primo settembre 2011. Da quella data è previsto che scatti un ulteriore rincaro del 17%. Ai primi di agosto Bonaiuti riceve le parti sociali e concede il via libera politico alla firma del decreto per rendere operativo l’accordo entro metà settembre. A quel punto sul cammino del decreto calano però nuovi ostacoli tecnici e giuridici posti dal Ministero dell’Economia, quali l’impossibilità di finanziare l’industria editoriale per evitare ricorsi della Ue per aiuti di Stato e, soprattutto, di pagare Poste Italiane che dal 2011 diventerà per direttiva europea gestore e non monopolista del servizio. La mediazione con il Ministero di Tremonti nei giorni precedenti l’Assunta viene curata da Gianni Letta che disinnesca la mina assicurando una soluzione a costo zero per il bilancio dello Stato e di quello autonomo di Palazzo Chigi. Dopo le vacanze, i tecnici della Ragioneria fanno il punto a inizio settembre sulla bozza di decreto. E vedono che per i primi tre mesi del 2010, quando erano in vigore le agevolazioni, lo Stato ha pagato 55 milioni di euro. L’esaurimento dei fondi ha portato alla sospensione. Ora, se il decreto è a costo zero – è il ragionamento – la compensazione della differenza tra tariffa agevolata e tariffa piena ricade sulle Poste. Le quali, però, finché resta in vigore la legge 353 del 2003, possono chiedere i rimborsi allo Stato. Diritto che, secondo i tecnici, non è limitabile per decreto. Da qui l’invito a trovare i fondi prima di emanare il decreto che cambia le tariffe postali.Diversa la situazione delle organizzazioni senza scopo di lucro. In questo caso i fondi che compensano la stampa del terzo settore ammontano a 30 milioni e il governo ha già firmato il decreto. Ma secondo la Ragioneria il Ministero delle Finanze deve attendere fino a novembre, quando ci sarà la sicurezza della copertura. Peccato che le campagne di raccolta fondi a mezzo stampa di organizzazioni caritative e ong partano proprio in questo periodo, e la solidarietà ora rischia grosso. A meno che lo spiraglio finalmente si allarghi.
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