giovedì 8 luglio 2010
Domani blackout del'informazione. La pubblicazione dei testi e i paletti sulle indagini sono i punti più discussi. La mobilitazione della categoria è stata preceduta da un intenso dibattito che ha messo in luce gli aspetti negativi del disegno di legge senza nascondere però la necessità di un confronto più ampio.
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Silenzio. Sarà questa la parola-chiave della giornata di domani nel settore dell’informazione. Non si troveranno (salvo eccezioni) quotidiani in edicola e per 24 ore verranno sospese le edizioni dei telegiornali dell’emittenza pubblica e privata. Analogo stop per le agenzie di stampa, i periodici, le testate web e i siti on line. Scioperano infatti i giornalisti (oggi la carta stampata, domani tutti gli altri) contro il ddl intercettazioni che sarà all’esame della Camera a fine luglio dopo il sì del Senato. È la protesta contro quella che la Fnsi, la federazione nazionale della stampa, non ha esitato a definire «la legge bavaglio», che impedisce a chi fa informazione di dare notizie delle inchieste giudiziarie fino all’udienza preliminare, prevedendo dure sanzioni contro i cronisti. La mobilitazione della categoria, che prosegue ormai da un mese, è stata preceduta da un intenso dibattito, che ha coinvolto le principali firme del giornalismo italiano, mettendo in luce gli aspetti negativi del disegno di legge senza nascondere la necessità di un confronto più ampio, che vada oltre la protesta di domani.È il 24 maggio quando i direttori dei principali quotidiani e dei tg partecipano a un incontro organizzato a Roma e a Milano dalla Fnsi, che si conclude con un comunicato in cui si chiede di «fermare questa legge, perché la democrazia e l’informazione in Italia non tollerano alcun bavaglio». Tutti d’accordo i direttori presenti. Tra gli altri c’è Vittorio Feltri, che domani sarà in edicola con Il Giornale e lo stesso farà Maurizio Belpietro, con Libero. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nella stessa circostanza, puntualizza che rispetto all’utilizzo delle intercettazioni «lo statu quo è ingiusto e insopportabile. Va ripristinato l’ossequio assoluto al principio di presunzione d’innocenza». Ieri è toccato a Roberto Natale, presidente della Fnsi, tirare le fila del dibattito: «Oggi comunque siamo più uniti, anche se alcuni giornali saranno comunque in edicola».Per il resto, il fronte del "no" al ddl intercettazioni è ampio e variegato e accomuna, per ragioni diverse, differenti soggetti: dagli editori, che hanno parlato di «sanzioni sproporzionate» nel caso di pubblicazione dei testi intercettati, alla magistratura, secondo cui sarà «più difficile condurre le indagini». In queste settimane si sono espressi contro il provvedimento anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e l’Osce. Per Grasso, sarebbero a rischio le indagini sulle organizzazioni criminali non mafiose transnazionali, mentre l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ha chiesto più volte al governo di rinunciare al giro di vite.
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