martedì 20 dicembre 2022
Ora il governo dell'Emirato minaccia di chiudere i rubinetti del gas all'Ue. Il presidente della Camera Fontana: per i deputati un codice anti-influenze straniere
L'ex eurodeputato Antonio Panzeri

L'ex eurodeputato Antonio Panzeri - .

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Continua a dipanarsi, un filo alla volta, l’inchiesta belga su una presunta maxi corruzione nelle istituzioni politiche europee, ormai nota come Qatargate. Mentre a Bruxelles continuano a circolare voci, non confermate, su un possibile allargamento delle indagini a membri della precedente Commissione Europea, sul fronte italiano la magistratura ha preso una prima decisione.

Ieri sera la Corte d'Appello di Brescia ha dato il via libera alla consegna alle autorità belghe di Maria Dolores Colleoni, 67 anni, moglie dell'ex europarlamentare Antonio Panzeri, arrestato in Belgio con le accuse di corruzione e riciclaggio. I giudici hanno accolto la richiesta del mandato d'arresto europeo firmato dal giudice di Bruxelles Michel Claise, titolare dell'inchiesta, che sollecitava la consegna della signora 67enne, arrestata dieci giorni fa insieme alla figlia Silvia. Entrambe si trovano ai domicliari con le accuse di concorso in associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio.

Nel dare via libera alla consegna, la Corte ha posto la condizione in base alla quale «qualora la signora dovesse essere condannata definitivamente, espierà la pena e/o la misura di sicurezza in Italia».

Gli inquirenti belgi ritengono che moglie e figlia fossero «consapevoli» delle attività poco trasparenti di Panzeri, ma la signora Colleoni ieri in Aula si è difesa con vigore: «Le vacanze da 100mila euro non sono mai state fatte. Inoltre non sapevo degli affari di mio marito», ha detto ai giudici. Oltre alle centinaia di migliaia di euro sequestrate a Bruxelles, nelle perquisizioni in Italia, a casa delle due donne, i finanzieri hanno sequestrato 17mila euro in contanti e orologi di valore. Gli avvocati difensori, Angelo De Riso e Nicola Colli. hanno fatto opposizione alla richiesta, sostenendo che la consegna costituisca una violazione dei diritti umani delle due indagate e che comunque «ulteriori indagini siano possibili anche a distanza». I due legali valutano il ricorso in Cassazione, mentre oggi dovrebbe essere esaminata la posizione della figlia di Panzeri.

Intanto un altro italiano finito nel mirino degli inquirenti, il segretario generale della confederazione internazionale dei sindacati Luca Visentini, in una lunga nota, prova a giustificarsi rispetto alle somme di denaro che lo riguardano: «Ho ricevuto una donazione dalla ong Fight Impunity», fondata da Panzeri, «per un importo complessivo inferiore a 50mila euro», racconta, «sotto forma di donazione per rimborsare alcuni costi della mia campagna per il Congresso della Ituc, la Confederazione internazionale dei sindacati) e l’ho trasferita al Fondo di solidarietà Ituc, per sostenere i costi di viaggio».

Nella ricostruzione di Visentini, la somma non è stata una mazzetta in cambio di favori: «Non mi è stato chiesto, né ho chiesto nulla in cambio del denaro e non sono state poste condizioni di alcun tipo per questa donazione». Visentini fa sapere di essersi «fatto da parte dalle funzioni di segretario della Ituc», rimettendosi alla decisione dell’ente e di aver fatto tutto «in buona fede. Essere coinvolto in questa indagine è stato uno shock per me e per la mia famiglia, e farò tutto il necessario per chiarire la situazione e dimostrare la mia innocenza».

A Bruxelles, le indagini proseguono. E stanno vagliando le posizioni di chi ha avuto a che fare con le ong coinvolte nella vicenda. Oltre al coinvolgimento di Panzeri (già nel Pd e poi approdato ad Articolo Uno) e della ormai ex vicepresidente greca dell’Europarlamento Eva Kaili, circolano indiscrezioni su documenti dell’Ue in cui si farebbe riferimento a compensi ricevuti dall’ong Fight impunity, che vantava un comitato di personalità di spicco a livello europeo. Fra questi anche l’ex commissario Ue alle Migrazioni Dimitris Avramopoulos, che ieri ha respinto al mittente illazioni e sospetti: «La mia partecipazione all’organizzazione Fight Impunity è stata fin dall’inizio senza responsabilità esecutive o manageriali. Il comitato a cui ho partecipato, con personalità come Federica Mogherini, l’ex premier francese Bernard Cazeneuve e la senatrice Emma Bonino, era del tutto onorario», ha spiegato all’agenzia di stampa greca Ana-Mpa, precisando di aver chiesto - per la partecipazione al comitato e il relativo compenso - «l’approvazione della Commissione Europea, che mi è stata data per iscritto dalla presidente Ursula von der Leyen». Precisazioni argomentate, che tuttavia arrivano in un clima poco salubre, saturo ormai di sospetti e malessere.

Sul piano delle relazioni diplomatiche, l’inchiesta ha innescato tensioni, col Qatar che da domenica ha alzato i toni, avvertendo l’Unione Europea del rischio di una rottura delle relazioni, a cominciare dalle forniture di gas: «Respingiamo fermamente le accuse che associano il nostro governo a cattiva condotta: il Qatar non è l'unica parte nominata nelle indagini, eppure è stato esclusivamente criticato e attaccato».

E il ministro degli Esteri Antonio Tajani invita a non fare valutazioni avventate: «Prima di prendere delle decisioni europee, aspettiamo i risultati delle indagini». Mentre il presidente della Camera Lorenzo Fontana intende chiedere ai gruppi parlamentari italiani di avviare «iniziative legislative affinché i deputati possano avere un codice di comportamento che li renda estranei a qualsiasi influenza straniera».

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