giovedì 16 febbraio 2017
Era 17 febbraio 1992 quando finì in manette Mario Chiesa e decollò l'inchiesta "Mani pulite". Finirono nei guai in 5.000 di cui 1.233 condannati. Un terzo si è salvato grazie alla prescrizione
Magistrati di Tangentopoli. Da sinistra: Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo e Antonio di Pietro

Magistrati di Tangentopoli. Da sinistra: Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo e Antonio di Pietro

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Venticinque anni fa scoppiava Tangentopoli. Era 17 febbraio 1992 quando finì in manette Mario Chiesa, socialista, poi passato alla storia con il nomignolo di "mariuolo" che gli venne affibbiato da Bettino Craxi, segretario del Psi a sua volta poi travolto dalla tempesta iniziata a Milano.

Tutto parte da una mazzetta di 7 milioni di lire, la metà della tangente pattuita, con banconote siglate da un capitano dei carabinieri, consegnata al presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, Mario Chiesa appunto, dal titolare di una piccola impresa di pulizia, Luca Magni. Un fatto, all'apparenza, di ordinaria giustizia ma che ben presto consentirà di scoperchiare la pentola di un sistema di corruzione che coinvolgerà quasi tutte le maggiori aziende e i maggiori partiti politici del Paese, decapitando i vertici del pentapartito e toccando anche il Pci-Pds, con il risultato comunque di trasformare la geografia politica ed economica italiana.

Iniziò ufficialmente così, venticinque anni fa, l'inchiesta Mani Pulite che in 10 anni vide messe sotto accusa circa 5.000 persone, con 3.175 richieste di rinvio a giudizio e 1.320 posizioni inviate da Milano per competenza ad altre procure italiane. Milleduecentotrentatre le condanne (828 tra patteggiamenti e riti abbreviati, 405 con processi ordinari; poco meno di 800 le assoluzioni, in udienza preliminare o ai processi, comprese le prescrizioni (228) e le estinzioni del reato (253).

Numeri andati ben oltre quelle che furono le previsioni, apparse catastrofiche nella primavera del 1992, di uno dei primi manager finiti in carcere, Alberto Zamorani: "Ne arresteranno mille". Ma Mani Pulite ha voluto dire anche suicidi "eccellenti", alcuni anche in carcere.

Secondo i dati registrati dallo stesso pool dei magistrati milanesi, le assoluzioni nel merito sarebbero circa il 14-15% e il 30% le prescrizioni. Una decina i magistrati che, negli anni, hanno portato avanti le inchieste, a partire da Antonio Di Pietro, protagonista nella prima fase e dimessosi dalla magistratura alla fine del '94, fino a Ilda Boccassini, subentrata al molisano di Montenero di Bisaccià nel '95. In prima fila l'allora Procuratore Capo, Francesco Saverio Borrelli, e il coordinatore del pool Gerardo D'Ambrosio, morto nel 2014. E ancora Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Francesco Greco, Paolo Ielo e, per un periodo limitato, Tiziana Parenti.

Il primo ad approfondire le indagini è proprio Di Pietro, ex operaio in Germania poi poliziotto, approdato alla magistratura negli anni '80: è lui che, col capitano dei carabinieri Roberto Zuliani, dopo l'arresto di Chiesa, inizia a raccogliere decine di confessioni di imprenditori e politici locali che pian piano coinvolgeranno nell'indagine livelli sempre più alti della politica e dell'imprenditoria.



Ecco una cronologia:

1992 - Il 17 febbraio viene arrestato Mario Chiesa: le sue confessioni porteranno dopo poco più di due mesi, il 22 aprile,all'arresto di 8 imprenditori che iniziano a collaborare con la magistratura. Nell'inchiesta entrano diversi esponenti politici milanesi e agli inizi di maggio arrivano gli avvisi di garanzia per due ex sindaci socialisti, Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri. L'indagine si allarga a tutti gli appalti comunali, dagli ospedali alle aziende municipalizzate. Sempre a maggio di quell'anno, ad andare in carcere sono i segretari regionale e cittadino della Dc, Maurizio Prada e Gianstefano Frigerio, e l'esponente comunista Massimo Ferlini, oltre al manager della Cogefar Enzo Papi. Ancora a maggio, primo avviso di garanzia per il tesoriere della Dc, Severino Citaristi, che alla fine, con una settantina di avvisi di garanzia sarà l'uomo "più inquisito" dell'intera inchiesta. A luglio Bettino Craxi, in un discorso in Parlamento, dichiara pubblicamente: "Chi è senza peccato scagli la prima pietra". Ammette l'esistenza del finanziamento illecito dei partiti e sottolinea la necessità di una soluzione concordata per il finanziamento della politica. L'appello rimane senza risposta. A settembre il suicidio di Sergio Moroni, segretario regionale del Psi che, coinvolto nell'indagine, parla di un "grande velo d'ipocrisia" sul sistema dei finanziamenti pubblici ai partiti. Il 15 dicembre è lo stesso Craxi a ricevere l'avviso di garanzia.

1993 - L'anno si apre, con la costituzione, a febbraio,dell'architetto Silvano Larini, personaggio noto negli ambienti socialisti milanesi che accusa Craxi e Claudio Martelli per il "Conto Protezione", un deposito svizzero in cui sarebbero custoditi 7 milioni di dollari versati al Psi dal Banco Ambrosiano. Martelli,ministro della Giustizia, si dimette dall'incarico. Larini ammette inoltre di aver fatto da tesoriere per il partito: "Il denaro - dice- lo portavo nell'ufficio di Craxi di piazza Duomo a Milano". Sempre a febbraio, il 19, esplode il caso Carra. Enzo Carra, portavoce di Arnaldo Forlani, viene arrestato per falsa testimonianza e verrà portato in aula per il processo, in manette, suscitando le reazioni sdegnate dell'intero mondo politico. Nello stesso mese l'indagine colpisce direttamente il Pci-Pds. A essere arrestato è Primo Greganti, ex funzionario del partito che resta in carcere 4 mesi ma nega sempre di aver preso denaro per la propria parte politica. Successivamente sarà condannato a 3 anni. Luglio viene segnato invece da altri due suicidi eccellenti: il 20, Gabriele Cagliari,ex presidente dell'Eni in carcere a San Vittore, si toglie la vita e 3 giorni dopo la stessa cosa farà Raul Gardini, della Montedison. Il manager si suicida in casa dopo essere stato coinvolto per la vicenda Enimont mentre vengono arrestati Carlo Sama e Sergio Cusani, ritenuto la mente del meccanismo delle tangenti Montedison. Il processo a Cusani inizia il 28 ottobre: un evento mediatico che sarà seguito indiretta televisiva da milioni di telespettatori che assistono alla battaglia processuale tra Antonio Di Pietro, Cusani e il suo difensore Giuliano Spazzali. In aula sfilano tra gli altri Craxi e Forlani.

1994 - Il processo Cusani continua nel '94, anno che segna la discesa in campo di Silvio Berlusconi che vince le elezioni politiche e riceve l'incarico di formare il nuovo governo. Di Pietro chiama in aula Umberto Bossi, accusato per una tangente di 200 milioni consegnata al "pirla" come lo definì lo stesso Bossi, Alessandro Patelli, tesoriere della Lega, dalla Montedison. A febbraio Sama parla anche di un miliardo dato al Pci. Il processo si concluderà il 28 aprile con una condanna a 8 anni per Cusani. Nel frattempo, sempre ad aprile, esplode lo scandalo delle tangenti a uomini della Guardia di Finanza: 80 i finanzieri coinvolti e 300 gli imprenditori. Negli stessi giorni emerge anche il pagamento di tangenti da parte della Fiat (il "tesoretto"). A luglio l'allora ministro di giustizia, Alfredo Biondi emette il decreto, ribattezzato dall'opposizione "salva ladri", e il pool di Mani Pulite, in diretta Tv, annuncia le dimissioni in blocco. Il decreto verrà poi ritirato. Alla fine del mese, perle tangenti alla Gdf, viene anche arrestato, per qualche ora,Paolo Berlusconi. Il 21 novembre infine l'avviso di garanzia per concorso in corruzione a Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, recapitatogli (era stato anticipato dal Corriere della Sera) mentre presiedeva il vertice anticrimine dell'Onu a Napoli. Il 6 dicembre, dopo la requisitoria al processo Enimont, Antonio Di Pietro si toglie platealmente la toga e lascia la magistratura.

1995 - Il 'pool' chiede il rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi. Nel frattempo si conclude il processo Enimont con condanne per quasi tutti gli imputati: 3 anni a Craxi, 2 anni e 4 mesi a Forlani, 1 anno e 8 mesi a Paolo Cirino Pomicino, 8 mesi a Bossi, 6 mesi a Giorgio La Malfa e Renato Altissimo. Il 1995 è però anche l'anno delle inchieste nei confronti di Di Pietro. A sollecitarle è l'avvocato Carlo Taormina che parla dei rapporti tra l'ex pm e gli imprenditori Antonio D'Adamo e Amedeo Gorrini da cui avrebbe ricevuto 100 milioni e una Mercedes. Nel luglio irrompe sulla scena giudiziaria Stefania Ariosto, il "teste omega", che accusa Cesare Previti di aver corrotto alcuni giudici romani per aggiustare delle sentenze per conto di Berlusconi e della Fininvest. A novembre il pool contesta a Berlusconi il pagamento di 20 miliardi a Craxi attraverso il conto estero All Iberian.

1996 - A marzo, in seguito alle accuse della Ariosto, viene arrestato a Roma il giudice Renato Squillante. I processi a suo carico sono ancora in corso. Il 14 novembre Di Pietro, nel frattempo diventato ministro dei Lavori pubblici nel primo governo Prodi, si dimette dalla carica a seguito dell'indagine aperta dalla magistratura bresciana. Al processo per abuso d'ufficio e concussione, accusa sostenuta dal pm Fabio Salamone, verrà poi assolto da tutte le accuse.

1997 - È l'anno che sembra segnare la fine del clamore delle varie inchieste. La situazione sembra avviarsi verso una relativa "normalità" in attesa delle varie rogatorie all'estero richieste dai magistrati sui conti di diversi indagati soprattutto per il cosiddetto procedimento sulle "Toghe sporche". Il 3 settembre la procura chiede alla Camera l'autorizzazione all'arresto di Cesare Previti.

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