venerdì 10 settembre 2010
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La notte fra il 9 e il 10 settembre di 10 anni fa la natura, a Soverato, si riprese il suo territorio. Due giorni di pioggia eccezionale, ma neanche una vittima ci sarebbe stata se un campeggio non fosse stato prima tollerato, poi ampliato, poi autorizzato e ri-autorizzato più volte nella golena di una fiumara, a secco per molti mesi l’anno, ma che d’improvviso può diventare stracolma e impetuosa. Avvenne così quella terribile notte, in cui due Calabrie si fronteggiarono. Quella, splendida, dei volontari dell’Unitalsi che morirono in 6, più dei disabili (5) che in tanti riuscirono a salvare. E quella, torbida come il fango della piena, dei poteri pubblici che da oltre 15 anni tolleravano la presenza del camping sul greto di un fiume, demanio fluviale. Lo Stato che non controlla neanche in casa sua, e anzi dice: prego, fate pure.La sentenza definitiva, un anno fa, fra prescrizioni, perizie compiacenti e morte di imputati, lascia aperti tanti interrogativi. La Cassazione ha reso definitive tre condanne per omicidio colposo. Pene confermate per Egidio Vitale, proprietario del camping, condannato a 3 anni e 6 mesi di carcere, per Vincenzo Citriniti, direttore della sezione staccata di Catanzaro dell’Ufficio del territorio, condannato a 2 anni e sei mesi; un anno e 6 mesi per il geometra Silvestro Perrone, mentre un altro imputato, l’ingegnere del genio civile Carlo Serrao, è nel frattempo scomparso. Grazie all’indulto, in realtà, nessuno di loro ha visto da vicino il carcere, ma ora si apre nei loro confronti la strada dei procedimenti civili e dei risarcimenti dei familiari delle vittime e, in attesa di stabilire una per una quanto valgono quelle vite, è stata disposta la liquidazione delle provvisionali. La cifra più alta, 60mila euro, è andata ai familiari di Vinicio Caliò, giovane custode notturno nel camping, magra consolazione per i genitori della tredicesima vittima, il cui cadavere, inghiottito dal mare, non è mai stato ritrovato.Ma restano le ombre, tante ombre. In particolare su come quel campeggio potesse trovarsi lì, da tanti anni. «Ho fatto 136 denunce, ne avrei voluta almeno una io per diffamazione», dice oggi Antonio Ranieri, imprenditore nautico che era proprietario sul terreno attiguo di un rimessaggio di barche. Nel 1994, proprio in base alle sue denunce, era scattato l’arresto per il gestore del camping Vitale e l’intendente di Finanza Antonio Di Lieto. «Li accusavo di esser venuti da me a proporre di realizzare un albergo sul mio terreno. Capisce l’anomalia, l’intendente di Finanza e il titolare del camping?». Era il 1994, sull’onda delle indagini di Agostino Cordova sulle logge deviate in Calabria, scattò anche l’arresto per Di Lieto, mentre Vitale si rese latitante: poi l’inchiesta non approdò a nulla. Il dirigente della squadra mobile di allora, il dottor Paolo Volta (che parlò allora di «impresa massonica»), oggi preferisce non dire nulla, ma da quelle indagini erano emersi fatti inquietanti: una loggia deviata di cui lo stesso Di Lieto era presidente, riunioni a sfondo massonico al camping Le Giare alla quali partecipava, fra gli altri, anche il professor Marone (docente di Ingegneria a Salerno, poi deceduto), che nel 1990 certificò che una piena del torrente Beltrame si sarebbe potuta verificare, sì, «ma nonfra il 15 giugno e il 15 settembre». Una perizia che oggi appare temeraria, ma che – esibita da Vitale – consentì al Genio civile di dare parere favorevole alla prima concessione. Ranieri pochi mesi fa ha deciso di fare un falò dei faldoni di tante denunce. «Sono deluso, nessuno mi ha mai convocato ai processi. Ma gli atti sono ancora negli archivi della Questura. E se mi avessero preso sul serio quelle vite, forse, potevano essere salvate».
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