lunedì 7 gennaio 2019
Da Bagnasco a Staglianò, Nosiglia, Mogavero, Forte: tutti gli interventi dei pastori sulla situazione dei profughi in mare e sul decreto voluto da Salvini
Uno dei momenti dell'utlima assemblea della Conferenza Episcopale Italiana (Cei)

Uno dei momenti dell'utlima assemblea della Conferenza Episcopale Italiana (Cei)

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La Chiesa chiede uno scatto di buona volontà per affrontare la questione dei migranti. Ci sono le emergenze di queste ore, come quella dei profughi ancora in mare della Sea Watch e della Sea Eye, ma è più complessivamente il decreto sicurezza a non piacere. Aleggia negli ultimi giorni una chiamata all'obiezione di coscienza. È «un principio riconosciuto», ha detto ieri da Genova il cardinale Angelo Bagnasco. Un appello esplicito è stato lanciato anche da padre Francesco Occhetta, gesuita, che per la prestigiosa rivista vaticana La Civiltà cattolica, cura le analisi sulla politica italiana: «L'obiezione di coscienza è luce che illumina le tenebre, fa progredire i diritti umani e chiarisce i doveri. Anche oggi l'obiezione di coscienza con la sua forza ed energia verso ogni forma di violazione o di contrazione dei diritti acquisiti, potrà cambiare la legge e renderci più responsabili gli uni verso gli altri», sottolinea in un post su Facebook che ha già visto decine di condivisioni.

Il tema potrebbe anche essere al centro del Consiglio della Cei, che si aprirà il 14 gennaio. La necessità di un dialogo col governo su tante partite d'altronde è evidente, compresa la revisione dell'aumento della tassazione sul “no profit” che penalizza l'attività del terzo settore e del volontariato. «La Chiesa deve avere il coraggio di essere se stessa come la sua cultura, la sua storia e la sua fede le impongono», ha detto il vescovo di Mazzara del Vallo Domenico Mogavero, e quindi occorre anche avere il coraggio di andare «contro certi andazzi e certi modi di pensare che il nostro tempo vorrebbe imporci», ha sottolineato interpretando il sentimento di quella parte della Chiesa che in qualche modo è dalla parte dei cosiddetti sindaci “ribelli”.

«Come cristiani non possiamo mai rinunciare all'accoglienza», ribadisce il vescovo Guerino Di Tora, presidente nazionale della Fondazione Migrantes, dalle colonne dell'Osservatore Romano che qualche giorno fa ha dedicato la prima pagina a tutto quello che sta facendo il mondo cristiano per profughi e migranti. «C'è un dramma che chiede un'urgente risposta umana: confidiamo che i governanti dell'Europa e della nostra Italia ascoltino» ha detto ancora il vescovo di Noto Antonio Staglianò, delegato della Conferenza episcopale Siciliana per le migrazioni, invocando una «pronta soluzione umanitaria» per i 49 profughi accolti dalle navi Sea Watch e Sea Eye. «Viene chiesto alla politica di fare passi di pace e quindi di attenzione all'uomo che soffre, e solo così sarà vera politica», sottolinea.

Dalla Sicilia arriva anche la voce del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana: «Rimango scandalizzato perché l'Italia che è sempre stata una nazione accogliente, aperta, adesso sta attraversando questo momento di chiusura a mio parere assurdo perché non è corrispondente alla nostra condizione di persone accoglienti. La situazione è drammatica, siamo sotto l'egida di una legge che secondo me va rivista».

Esplicito anche l'appello dell'arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte: «C'è un primato della coscienza che esige la solidarietà verso i più deboli. Se si dimentica questo ogni barbarie diventa possibile». Di qui la riflessione analoga a quella di Bagnasco sull'obiezione: «Ci troviamo innanzi a due piani. Uno pubblico: una legge dello Stato va rispettata; se sbagliata, come molti ritengono sia in vari punti, l'unica possibilità di cambiarla è il ricorso alla Consulta. Poi c'è il discorso etico, e su questo non c'è legge che tenga: se mi viene imposto qualcosa di contrario alla mia coscienza, come rifiutare aiuto a famiglie intere in balia del mare da giorni, l'obiezione di coscienza è giustificata».

E ancora le parole dell'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, che per primo ha offerto la disponibilità della sua diocesi ad accogliere i profughi abbandonati in mare: «Il gesto - ha spiegato - è simbolico perché ci pare estremamente necessario, in questo momento, lanciare un segnale preciso alle autorità istituzionali italiane e degli altri Paesi europei, sul significato dell'accoglienza», ed è «spirituale, perché mi domando, altrimenti, come facciamo a parlare e predicare di accoglienza dei bisognosi, se poi non ci mettiamo nelle condizioni di praticarla. Stiamo parlando - osserva l'arcivescovo - di persone. E ogni piccolo sforzo nella direzione di alleviare certe sofferenze, certi disagi, ha un grande valore, soprattutto se non saremo soli ad affrontare in questi termini il problema».

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