venerdì 8 ottobre 2010
Con un documento ieri la diocesi di Milano è intervenuta sugli sgomberi dei rom dai campi cittadini, dopo ill no del ministro Maroni alla consegna di alloggi popolari agli sfollati. «Così l'integrazione è a rischio. Il venir meno ai patti compromette la credibiità delle istituzioni».
- Secondo noi: giusti obiettivi, misere ingiustizie
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Il processo d’integrazione dei rom «continui». Ne va della «credibilità delle istituzioni» e soprattutto c’è in ballo «il bene di tutti i cittadini: siamo peroccupati per la sicurezza». Con un documento corale, ieri, la diocesi di Milano è intervenuta sulla questione che, in una metropoli già in aria pre-elettorale, ha visto pochi giorni fa il ministro dell’Interno Roberto Maroni («nessuna casa popolare ai rom») bloccare di fatto il processo scaturito dal Piano per la sicurezza che porta il suo nome. La Chiesa ambrosiana ricorda alle istituzioni le proprie «responsabilità» e chiede di non «scaricarle» l’onere delle soluzioni.Delegato dal cardinale Dionigi Tettamanzi, il vicario episcopale Erminio De Scalzi, ha promosso con la Caritas Ambrosiana una riflessione condivisa dai decani e dai parroci della città. «Viviamo un momento di grande incertezza circa la prosecuzione della collaborazione con le istituzioni pubbliche sulla questione rom – dice il documento firmato anche da Cooperativa Farsi prossimo, Casa della carità, Centro ambrosiano di solidarietà –. Venir meno ai patti, mentre avvia conseguenze legali ed economiche, compromette la credibilità e il senso delle stesse istituzioni». Non solo: «È inaccettabile che si tenti di “scaricare” all’azione caritativa della Chiesa l’onere di trovare soluzioni a questioni di competenza di chi ha la responsabilità di amministrare la città, il territorio e il Paese».«Mi aspetto che la Curia dia prova tangibile del proprio interessamento, mettendo a disposizione i suoi stabili», polemizza il vice sindaco Riccardo De Corato. E il presidente del Consiglio regionale, Davide Boni, argomenta che «non è certamente compito delle associazioni ribaltare la decisione» del ministro. Il punto è che le convenzioni stipulate tra il Comune di Milano le realtà del Terzo settore legate alla Chiesa per superare la situazione dei campi rom (lo sgombero del più grande tra quelli autorizzati, il Triboniano, è fissato per il 31 ottobre) sono state «messe in discussione da tonanti affermazioni di esponenti del mondo politico milanese e nazionale a cui però non ha fatto seguito alcun atto formale di rescissione». Gli smantellamenti annunciati, se non interverranno le «soluzioni abitative sottoscritte da Comune e prefettura», dice il documento promosso da Tettamanzi, «costringeranno alla strada» le famiglie rom che avevano iniziato un percorso virtuoso d’integrazione. È questo il disagio rimarcato dalla Casa della carità di don Virginio Colmegna in una nota che ha il sapore di un “ultimatum”: se non riprende il dialogo con le istituzioni si paventa il ricorso alle vie legali per violazione della direttiva Ce 2000/43 e della legge 205/93: «discriminazione per motivi razziali». Il documento diffuso ieri dal vicario di Tettamanzi, che esprime la «linea pastorale della Chiesa ambrosiana», auspica «un sussulto di responsabilità delle istituzioni civili»: lo sgombero dei campi senza alternative costruttive rischia di «creare un problema di sicurezza per tutti i cittadini». Annalisa GuglielminoDA SAPERE. Triboniano: contratti d'affitto firmati, poi l'improvviso stopTriboniano è un campo rom regolare, cioè autorizzato dal Comune. È il più importante insediamento cittadino (ce ne sono altri 7 regolari in città), dove attualmente vivono circa 500 persone, 104 nuclei famigliari che entro il prossimo 31 ottobre saranno sgomberati. Lì infatti sorgerà un nuovo cantiere per Expo 2015. Per 25 di queste famiglie, una delibera regionale del 5 agosto, sollecitata da Comune e Prefettura, aveva autorizzato l’assegnazione di altrettanti appartamenti Aler "a favore di popolazione connotata da particolari fragilità" e da destinare come "abitazioni temporanee e non gratuite". Appartamenti inagibili e fuori graduatoria, parte dei quali già ristrutturati, con spese a carico del Comune grazie ai finanziamenti del cosidetto "Piano Maroni" per il superamento dei campi rom e lo sgombero di Triboniano. E per 11 di questi appartamenti in agosto sono già stati firmati regolari contratti d’affitto con tanto di anticipo delle mesilità fino al 31 ottobre mentre uno è anche già stato assegnato. Ora è tutto fermo. La battaglia di Pdl e Lega, in Comune e in Regione, contrari all’assegnazione delle case popolari ai rom ha portato il dietrofront dello stesso Maroni. Il ministro, nel vertice in Prefettura con Comune e Regione lo scorso 27 settembre, ha infatti decretato lo stop dell’assegnazione di case pubbliche, popolari e quelle sottratte alla mafia, ai rom. Daniela Fassini
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