martedì 14 settembre 2010
Due le ipotesi: estorsione o vendetta. Un commando armato ha rapito domenica sera, nella zona di Nola, Antonio Buglione, 59 anni. Il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovandomenico Lepore, sta presiedendo una riunione con il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, che coordina le indagini della Dda relative alla zona del Nolano, e alcuni sostituti. Secondo indiscrezioni il riscatto ammonterebbe a 5 milioni di euro.
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Sequestro per estorsione o regolamento di conti motivato da una vendetta: restano due le piste battute dagli inquirenti per il rapimento di Antonio Buglione, discusso imprenditore attivo nel settore della vigilanza privata e coinvolto in varie inchieste per presunte collusioni con la camorra. L’uomo, 59 anni, è stato prelevato con la forza da un commando armato domenica sera a tarda ora mentre si trovava nelle vicinanze della sua abitazione a San Liberatore, frazione di Saviano, grosso centro dell’area nolana, nella provincia est di Napoli, di cui la sorella Rosa, 48 anni, insegnante, è sindaco. Un’azione fulminea dopodichè i rapitori hanno fatto perdere le tracce. A dare l’allarme è stato il fratello Carlo. Inizialmente non aveva dato peso al ritardo dell’imprenditore, che non era rientrato a casa, ma ha avvertito i carabinieri dopo aver ricevuto nella notte la telefonata dei presunti rapitori con la richiesta di un riscatto da 5 milioni di euro. Gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Napoli stanno però verificando l’attendibilità della richiesta estorsiva in quanto potrebbe essere una manovra di depistaggio messa in atto da chi ha organizzato il sequestro. Nel primo pomeriggio di ieri, in seguito ad una segnalazione, la Panda di Antonio Buglione è stata trovata abbandonata in via Abate Minichini, tra Casoria e Secondigliano, periferia nord di Napoli dunque, non distante dal nolano e facilmente raggiungibile con l’Asse mediano. Sulla vettura sono stati compiuti dei rilievi e l’auto è stata sottoposta a sequestro. Le forze dell’ordine hanno perciò esteso i controlli dall’area vesuviana anche all’immediata periferia di Napoli. Perquisizioni inoltre negli istituti di vigilanza di cui l’imprenditore rapito era titolare. Gli inquirenti stanno raccogliendo anche le testimonianze dei dipendenti da tempo in agitazione per il mancato pagamento degli stipendi. A Saviano, dove l’imprenditore e la famiglia sono molto conosciuti, c’è sconcerto e silenzio. Chi parla dice di aver visto Buglione tranquillo nei giorni scorsi o di averlo notato mentre correva come podista dilettante lungo le strade del paese. Con il fratello Carmine, Antonio Buglione ha costruito la sua fortuna sulla vigilanza privata: cinque istituti, 400 dipendenti, un giro di affari da centinaia di migliaia di euro. Ma su tutte le strutture pesano i sequestri o le interdittive antimafia della Prefettura partenopea per infiltrazioni camorristiche. Buglione era il titolare della società Vigilante 2 poi trasformata in “International Security Service” che proprio quest’anno, il 9 aprile, è stata raggiunta da un’interdittiva antimafia con il ritiro della licenza: la società di vigilanza privata era riuscita a vincere l’appalto per il servizio di sicurezza del consiglio regionale (gara che però non fu aggiudicata perchè mancava il certificato antimafia). La conclusione cui è giunto il Gia (Gruppo ispettivo antimafia) lascia poco spazio alle interpretazioni. «Nei confronti delle aziende riferibili ai fratelli Buglione - si legge nel verbale - sussistono concreti, univoci elementi di permeabilità e contiguità con la criminalità organizzata e che rilevano, comunque, l’inconfutabile sussistenza nei confronti delle aziende agli stessi riferibili, dei tentativi di infiltrazione mafiosa». L’istruttoria, in 29 pagine, è stata redatta il 25 marzo 2010. Un quadro complicato, reso più oscuro dal fatto che i vigilanti sono senza stipendio. Clamorosa la loro protesta: a lungo sono rimasti accampati sotto il palazzo del Consiglio regionale campano.
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