giovedì 26 novembre 2009
Nuovo stop alla diffusione in Italia della pillola abortiva. La Commissione Sanità di Palazzo Madama ha votato un testo in cui si prevede che l’immissione in commercio sia preceduta da un parere del ministero della Salute, che assicura un intervento in tempi strettissimi. Poi l'Aifa potrà deliberare sul farmaco.
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    La parola passa al governo sulla pillola abortiva Ru486, per effetto delle conclusioni della indagine conoscitiva della commissione Sanità del Senato. Infatti il testo del presidente della commissione, Antonio Tomassini, approvato con 14 voti a favore espressi da Pdl e Lega, e 8 contrari, tutti dell’opposizione, chiede che la conclusione della procedura tecnica dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per l’immissione in commercio della pillola, sia preceduta da un parere del ministero della Salute sulla compatibilità con la 194.La procedura corretta, commenta il responsabile del dicastero interessato Maurizio Sacconi, «è evidente: richiede preventivamente il parere del governo. E alla luce di questa serve una nuova delibera dell’Aifa, quella vecchia è nulla». La decisione sarà comunque analoga a quella dell’agenzia, perché, afferma il ministro, si deve «solo vedere se c’è coerenza e compatibilità tra la pillola e la legge 194», cioè che tutto venga realizzato «in ricovero ospedaliero per tutto il ciclo, fino all’interruzione di gravidanza. Se questo avvenisse al di fuori, sarebbe una violazione della legge». Sacconi annuncia anche «un monitoraggio rigoroso su questo aspetto. Se ci fosse un’elusione sistematica allora dovremmo sollevare il problema dell’incompatibilità». Nessuno stop, precisa il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, solo «una piccola sospensione dovuta all’esigenza di una maggiore chiarezza sulle competenze, dal momento che è stato rilevato che mancava il parere del governo». Comunque il pronunciamento del ministero «avrà tempi brevissimi, e sarà espresso anche nel giro di 24 ore». Poi ci sarà un nuovo consiglio di amministrazione dell’Aifa e, a quel punto, si potrà procedere alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’immissione in commercio del farmaco.Tomassini esprime grande soddisfazione per la posizione espressa del ministro in perfetta linea con quella prevalente della commissione, evidenziando che le parole di Sacconi di mercoledì «erano state volontariamente travisate dall’opposizione». Il presidente della commissione rimarca che il lavoro «è stato fatto in modo approfondito e imparziale, quindi l’indagine assume ancora più rilevanza». A riprova il fatto che tutti i senatori componenti «hanno ritenuto che l’indagine è stata utile e necessaria».Ma per il Pd, l’ex ministro della Salute, Livia Turco tuona contro «la furia oscurantista» che si sarebbe riversata su una decisione tecnica. Ma il pidiellino Stefano De Lillo, componente della commissione, spiega le conclusioni di «un’indagine conoscitiva scrupolosa ed attenta» con «le evidenze cliniche di pericolosi effetti per la salute delle donne e degli enormi problemi di interazione con l’attuale legislazione sull’aborto». E un altro senatore che ha partecipato all’indagine, Luigi d’Ambrosio Lettieri, richiama quanto previsto da una direttiva comunitaria del 2001, e cioè che per alcuni farmaci, tra i quali la Ru486, l’obbligo di riconoscimento attivato dalla procedura adottata dalla Unione europea in questo caso «sussiste previa opportuna verifica di compatibilità con la legislazione vigente nei singoli Stati membri».Quindi l’ulteriore momento di riflessione richiesto, osserva Lettieri, «consentirà di far fronte anche a questa necessità, evitando decisioni superficiali e affrettate che rischierebbero soltanto di mettere in pericolo la salute delle donne».Infatti, come risulta dalla relazione conclusiva di Tomassini, molto importante per la decisione della commissione è stata l’audizione Vincenzo Salvatore, direttore del Legal sector dell’ente europeo per i farmaci Emea, che definendo il quadro delle normative comunitarie, ha fatto esplicito riferimento alla direttiva che comporta una verifica della compatibilità con la legislazione nazionale. C’è poi anche la via, consentita dai regolamenti Ue, dell’apertura di un arbitrato con nuova deliberazione dell’Emea sui dati recenti dei rischi-benefici della pillola.
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