sabato 25 ottobre 2008
Le associazioni che stanno guidando la mobilitazione pongono come pregiudiziale il ritiro del decreto Gelmini. Al «no» del ministro abbandonano il confronto. Ma le sigle del mondo cattolico scelgono di cogliere l'occasione «per esprimere le nostre preoccupazioni».
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Riesce soltanto a metà il tentativo del ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini di aprire un dialogo con le associazioni studentesche, soprattutto con quelle che da settimane guidano la protesta in piazza. Un nuovo tentativo, questa volta in forma congiunta, si svolgerà il 5 novembre quando sarà convocato il Forum delle associazioni studentesche. Ieri, comunque, l'Unione degli studenti, la Rete degli studenti e l'Unione degli Universitari, si sono presentati all'appuntamento presso il ministero, ponendo, però, come pregiudiziale rispetto a qualsiasi apertura di dialogo «il ritiro del decreto attualmente in discussione al Senato e l'abolizione degli articoli che nella manovra di agosto prevedono gli interventi sull'università». Una richiesta respinta dal ministro Gelmini, che è tornata a invitare i giovani a leggere i testi dei provvedimenti. Risultato: neppure il tempo di sedersi a un tavolo e la conferma, da parte di quelle associazioni, della «prosecuzione della protesta in corso». «Abbiamo consegnato al ministro la nostra lettera " ha spiegato Roberto Iovino dell'Unione degli studenti " invitando a prendere atto del processo di mobilitazione ampio, plurale e democratico e a bloccare immediatamente i provvedimenti su scuola e università». «Ai ragazzi ho chiesto se la scuola e l'università così come sono li soddisfanno» ha replicato da parte sua il ministro Gelmini, ribadendo loro che oggi «l'università e la scuola non preparano al lavoro e non consentono loro di farsi un futuro. E non perché in Italia si spenda poco per l'istruzione, ma perché si spende male». Insomma l'occasione per il ministro di ribadire alcune delle cifre già esposte in conferenza stampa mercoledì: 37 corsi di laurea con un solo iscritto, 327 facoltà con meno di 15 studenti, la moltiplicazione di cattedre e posti per i professori, la presenza di 5500 corsi di laurea e di 170mila materie contro una media europea che tocca appena la metà di quanto esiste in Italia. Ma non tutto l'associazionismo studentesco ha scelto di «rompere la trattativa», preferendo invece «confrontarsi ed esprimere la propria posizione in questa occasione». Lo hanno fatto, ad esempio, le diverse sigle del mondo studentesco cattolico. «Abbiamo espresso le nostre preoccupazioni, ricevendo ascolto e attenzione» commenta Marco Iasevoli, che ha portato la posizione del Movimento studenti di Azione Cattolica. E «il dialogo e il confronto» sono stati la scelta anche del Movimento studenti cattolici, di Gioventù studentesca e della Fuci. «Si è voluto cogliere anche questo spiraglio di confronto» commenta Luca Bilardo, vicepresidente nazionale Fuci. A confrontarsi con il ministro Gelmini anche altre associazioni studentesche, vicine a formazioni politiche: Azione studentesca e Azione Universitaria (area Alleanza Nazionale) e Alternativa studentesca (area Forza Italia). Quest'ultima ha criticato la decisione dell'Uds di non sedersi al tavolo con il ministro, con «un atteggiamento irresponsabile che avvelena il confronto». «Un confronto sincero con il ministro» ha commentato Giovanni Donzelli, responsabile di Azione Universitaria, mentre il responsabile di Azione studentesca, Michele Pigliucci ha sottolineato la richiesta di «parametri meno rigidi entro i quali utilizzare il voto di condotta».
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