martedì 26 agosto 2014
Venerdì il governo presenterà la riforma. Il ministro Giannini: sulla parità ancora molti pregiudizi da superare.
L'irragionevole miopia degli anti-paritarie di Giuseppe Dalla Torre
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Basta riforme, «ce ne sono state già troppe». Stefania Giannini annuncia la rivoluzione, anzi «la rivisitazione rivoluzionaria delle regole del gioco» della scuola italiana. Il ministro dell’Istruzione a Rimini, pur non scoprendo ancora tutte le carte – «sennò che sorpresa è» –, colloca la scuola «al centro del progetto di ricostruzione del Paese» che questo governo coltiva. E snocciola punto per punto le linee del provvedimento in arrivo per venerdì nell’ambito del decreto «Sblocca Italia»: una virata decisa verso la formazione professionale, come risposta alla dispersione scolastica e alla disoccupazione giovanile; parole nuove, espresse laicamente, sulla parità scolastica; più spazio al merito, con conseguente penalizzazione del de-merito. Ma soprattutto la "rivoluzione" vera che il ministro annuncia (senza entrare nello specifico, però, di cifre, tempi e costi) è l’eliminazione dei supplenti. «È l’uovo di Colombo che chi lavora nella scuola conosce da tempo, ma che nessun governo ha avuto il coraggio di affrontare. Bisogna prendere coscienza che le supplenze non fanno bene né a chi le fa né a chi le riceve, non ai dirigenti scolastici, non agli studenti», dice il ministro. Ed escludendone, ironicamente, l’«eliminazione fisica», conferma in qualche modo le voci che si rincorrono circa un grande piano in arrivo per l’assorbimento dei precari: «La scuola – dice – non ha tutti i docenti di cui ha bisogno».Il ragionamento di Giannini parte dal tema del Meeting – le periferie umane – e si confronta con i dati sconfortanti dei giovani disoccupati, «700mila sotto i 24 anni», e con i 4 milioni e mezzo di giovani e meno giovani che sono nel limbo di chi un lavoro neanche lo cerca più pur avendo smesso di studiare. Un fallimento del sistema-Paese che richiede un ripensamento e la messa a regime di un «sistema duale» che il ministro annuncia, denunciando lo sfascio della formazione professionale nelle Regioni del Sud e annunciando la messa in campo di ingenti risorse per invertire la rotta. Una proposta, raccolta, viene direttamente dalla platea del Meeting, da quella «Piazza dei mestieri» che, partendo da Torino, ma con interessanti esperimenti anche al Sud (ad esempio a Catania) rimette in gioco migliaia di giovani – trovando loro anche un lavoro – in quell’area di dispersione scolastica che il ministro stima al 18 per cento. Il progetto dei 15 centri di eccellenza sulla formazione che Dario Oddifreddi affaccia, per «Piazza dei mestieri», secondo il ministro si può fare, i soldi si possono trovare.Anche perché quella che Giannini prospetta è una grande alleanza, che veda intervenire anche le imprese. Specie sul capitolo laboratori scolastici, «che nel 1800 hanno segnato la rivoluzione industriale in Italia e oggi sono ridotti a livello di archeologia». Spazio maggiore alle lingue, a partire dall’italiano, «in un’epoca in cui la comunicazione è essenziale». Una maggiore interazione anche fra cultura e istruzione, che preveda il recupero dalla musica come materia curricolare, «nell’Italia di Verdi e Puccini», e della storia dell’arte, «a partire dagli istituti alberghieri».Fra i diversi livelli di istruzione il ministro non esita a indicare nella scuola media inferiore quella più bisognosa di interventi profondi. Ma è quando parla di merito e parità scolastica che la sintonia con la sensibilità della gente del Meeting – che riempie la sala "Neri" mentre altri, in tanti, ascoltano dai videoschermi nell’arena centrale della Fiera – diventa palpabile, sottolineata più volte dagli applausi.Sul merito preannuncia che non si andrà più a una progressione per mera anzianità, ma verso una «valutazione delle carriere», e questo giocoforza poterà alla penalizzazione del non-merito. E qui scatta l’applauso che non ti aspetti. Ribadito poi il principio della scuola pubblica – che è tale sia essa pubblica in senso stretto o "privata" –, il ministro confida la sua convinzione che a rendere difficile l’impresa della parità effettiva sia «più una questione di pregiudizi da superare che di fondi». Giorgio Vittadini, per il Meeting, "promuove" il ministro: «È da tempo che di una riforma della scuola non sentivamo parlare in modo così concreto».
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