sabato 26 ottobre 2019
La battaglia al contante del governo: in manovra credito d’imposta del 30% per spese di gestione dei Pos. Detrazioni fiscali solo a chi paga con carte
Sconto bancomat per i negozi
COMMENTA E CONDIVIDI

Arriva lo sconto fiscale per i commercianti che si fanno pagare attraverso i Pos, i terminali per il bancomat. L’ultima bozza decreto fiscale, atteso in queste ore al Quirinale, prevede un credito d’imposta del 30% sulle commissioni pagate alle banche per le transazioni effettuate con le carte elettroniche. Destinatarie della misura le piccole attività, quelle con ricavi compresi entro i 400mila euro. Il credito partirà dai pagamenti incassati dall’1 luglio 2020, la stessa data nella quale entreranno in vigore anche le multe per esercenti, artigiani e professionisti che non accettano la moneta elettronica. La misura è uno dei tasselli previsti dal governo nell’ambito della lotta all’evasione e che prevede incentivi per chi non usa il cash. Un’altra misura in cantiere riguarda le detrazioni fiscali al 19% (quelle per farmaci, spese sanitarie, istruzione, sport). Il viceministro Antonio Misiani ha confermato ieri l’obiettivo di subordinare l’accesso al benefico fiscali solo ai pagamenti tracciabili (come già oggi accade per i bonus sulle ristrutturazioni). Meccanismo che scatterà dal 2020 per le spese da portare in detrazione nella dichiarazione 2021.

Positive le reazioni delle associazioni del commercio all’arrivo del credito di imposta per le spese del Pos. Anche se Confcommercio fa notare come le dotazioni finanziare indicate nel decreto (27 milioni per il secondo semestre 2020 e circa 54 per il 2021) siano «insufficienti rispetto a un monte commissioni stimato in 1,5 miliardi l’anno». L’obiettivo di un abbassamento dei costi delle transazioni elettroniche è anche al centro di un tavolo di confronto con l’Abi avviato in questi giorni ed è il principale motivo per il quale l’entrata in vigore delle sanzioni per chi non usa il Pos sono slittate di 6 mesi, a luglio, e non a gennaio come indicavano le prime bozze del decreto. In realtà è già da tempo che si dibatte su come ridurre questi costi. Nel 2017 un decreto del governo Gentiloni, che ha accolto una direttiva europea, ha posto un limite alle commissioni interbancarie sui pagamenti con i Pos (0,2% per i bancomat e 0,3% per le carte di credito) con l’obiettivo di ridurre anche l’onere finale a carico dell’esercente.

Ma qual è il peso reale di questi balzelli? Confcommercio stima appunto un onere complessivo di 1,5 miliardi a fronte dei 230 miliardi di euro (dato Bankitalia) transati nel 2018 attraverso le varie carte. Si tratta di una percentuale contenuta, lo 0,65%: come dire che su 100 euro incassati, il negoziante spende solo 65 centesimi di commissione. Si tratta però di una media, commenta Mariano Bella, il direttore dell’Ufficio studi dell’organizzazione, in una forchetta di costo che valutata tra lo 0,2 e l’1,5% della transazione, in un mercato finanziario dove i piccoli commercianti strappano ovviamente condizioni meno vantaggiose ai circuiti che gestiscono le carte. Inoltre, si osserva, dal punto di vista dell’esercente quello che conta non è tanto la percentuale di spesa sui ricavi ma quella, evidentemente più alta, sulla quota di guadagno reale, al netto di tutte le spese. Gli analisti fanno comunque osservare che anche la gestione del contante ha un costo, a livello nazionale è valutato in ben 8 miliardi di euro, che in parte si scarica anche sulle attività economiche. Dietro la disputa sul Pos resta il problema dell’evasione fiscale, che in Italia vale intorno ai 110 miliardi di euro l’anno e che trova nel largo mare del contante l’ambiente ideale in cui nuotare. L’Italia è tra i Paesi capofila in Europa tanto per la quota dell’economia sommersa che per l’uso del contante. Basta una vacanza oltreconfine per verificare quanto nei Paesi analoghi al nostro sia più diffuso l’uso della moneta elettronica. In media facciamo 111 operazioni a testa l’anno con strumenti diversi dal contante. In Europa ne fanno 246, più del doppio. Secondo l’Abi, non solo le carte di pagamento ma tutte le possibili alternative al cash, come i bonifici o gli addebiti in conto corrente, da noi riscuotono meno successo che all’estero. Ad esempio, anche la domiciliazione del pagamento delle bollette in banca resta poco diffusa.

La ritrosia a pagare con moneta elettronica non dipende però da una scarsa diffusione dei moderni strumenti di pagamento. Al contrario, i Pos attivi sono oltre 3 milioni e sono raddoppiati tra il 2013 e il 2018. Le carte di credito in circolazione sono quasi 15 milioni, i bancomat 56 milioni, praticamente uno per ogni italiano, bambini compresi. Il numero delle transazioni no cash comunque è in aumento: nel 2018 c’è stato un balzo di oltre il 20% rispetto al 2017, con transazioni per 25 miliardi in più. Una dinamica che il governo punta ora ad accelerare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: