martedì 5 marzo 2019
L’Arabia pronta a versare 15mln per avere spazio nel consiglio di amministrazione del Teatro. Scoppia il caso. «Non rispetta i diritti umani». Sala: «Aiuterebbe l’immagine, decidono i consiglieri»
La notizia del possibile ingresso di Riad arriva fino a Strasburgo mentre a Roma Forza Italia chiede al ministro Bonisoli di riferire. Tra le prossime tournée fissata anche una tappa nel Golfo. Si decide il prossimo 18 marzo L’interno del Teatro alla Scala di Milano / Ansa

La notizia del possibile ingresso di Riad arriva fino a Strasburgo mentre a Roma Forza Italia chiede al ministro Bonisoli di riferire. Tra le prossime tournée fissata anche una tappa nel Golfo. Si decide il prossimo 18 marzo L’interno del Teatro alla Scala di Milano / Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Diventa un caso politico e arriva sino a Strasburgo il possibile ingresso dell’Arabia Saudita nel cda del Teatro alla Scala. Con tanto di interrogazione al ministro Alberto Bonisoli da parte del senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che chiede al governo di riferire. E con la presa di posizione del presidente della sottocommissione Diritti umani del Parlamento europeo, Antonio Panzeri (Gruppo Socialisti & Demo-cratici), che parla di «schiaffo alla Milano dei diritti».

Il nodo è, appunto, quello di avere a che fare con un paese dove libertà e diritti umani sono spesso calpestati. Ma non solo. Se Riad dovesse entrare nel consiglio di amministrazione scaligero sarebbe la prima volta per un rappresentante di un governo straniero, cosa che implicherebbe un via libera 'diplomatico' prima di tutto dell’esecutivo italiano.

Da qualche tempo il sovrintendente della fondazione lirica milanese Alexander Pereira sta trattando per avere un sostegno economico dal paese del Golfo: tra le prossime tournée fissata una tappa a Riad con Traviata e lo scorso 7 dicembre in palco reale ad applaudire l’Attila inaugurale c’era il ministro della Cultura saudita Bader bin Farhan al-Saud. Il principe Badr sarebbe pronto a stanziare 15 milioni di euro in cinque anni in cambio di un posto nel consiglio di amministrazione e di una collaborazione con l’Accademia della Scala per la creazione di un Conservatorio nella capitale saudita. Ma l’idea ha lasciato perplessi alcuni membri dell’attuale cda. «In realtà è uno solo ad aver espresso dubbi sul possibile accordo» racconta Pereira spiegando di aver già informato del progetto il ministro dei Beni e delle attività culturali Alberto Bonisoli e il sindaco di Milano Giuseppe Sala che, da statuto, è il presidente della Fondazione.

«Sull’ipotesi di ingresso del governo dell’Arabia Saudita nel cda c’è la necessità di essere totalmente trasparenti rispetto alla provenienza dei fondi» ha detto il primo cittadino del capoluogo lombardo intervenendo dopo due giorni di rincorrersi di voci e rimandando di fatto qualsiasi decisione alla riunione del consiglio di amministrazione del 18 marzo: «In quell’occasione il sovrintendente che ha gestito la partita ci presenterà l’intera situazione, cioè quello che offrono e quello che chiedono, e noi decideremo. Ogni decisione è rinviata a quella data e su questo le regole sono chiare: è il cda che decide».

Attende il 18 marzo anche il presidente della Regione Lombardia (altro socio fondatore scaligero) Attilio Fontana che sollecita, poi, un coinvolgimento del governo. Pereira ha dunque quindici giorni di tempo per mettere a punto l’accordo con Riad e garantire un ulteriore ingresso di 15 milioni di euro in cinque anni. Cifra così distribuita: il titolo di fondatore permanente implica che lo sponsor versi 6 milioni di euro in cinque anni, per sedere in consiglio di amministrazione ne occorrono altri 3 e i restanti 6 arriverebbero come compenso per il progetto del Conservatorio la cui gestione Pereira vuole, appunto, affidare all’Accademia.

Per non avere direttamente un rappresentante del governo saudita nel cda si pensa di legare l’arrivo dei fondi a uno sponsor come una banca o una compagnia petrolifera (si fa il nome della Saudi Aramaco) che entrerebbe tra i fondatori: non sarebbe una novità in quanto attualmente, tra i molti marchi italiani, nell’albo scaligero compaiono anche la tedesca Allianz e la svizzera Kuehne+Nagel. «Più che porre una condizione quello che io riterrei importante è che non si tratti di un finanziamento puro. Se è l’occasione per portare la Scala, le sue capacità e rinforzare l’immagine della teatro in Medioriente, ci sta. Se fosse un puro finanziamento, invece, non credo che funzionerebbe » ha concluso Sala rimandando il dibattito al 18 marzo quando, oltre al caso Arabia Saudita, il cda avrà sul tavolo le candidature per il futuro sovrintendente.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: