lunedì 24 novembre 2014
​Il sottosegretario Baretta: niente è deciso. Ma l'ipotesi resta.
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​La pratica è istruita, e questo nessuno può negarlo. Ci sono 6.500 centri scommesse illegali, connessi all’estero, contro i circa 3.500 autorizzati. Il Tesoro e il governo sono a un bivio: provare davvero a combattere e sconfiggere il business nero e 'grigio', oppure condonare la situazione con una multa di 10mila euro e il pagamento dei tributi arretrati, autorizzando il prosieguo dell’attività degli 'illegittimi' sino al 2016 e incassando si stima - 500 milioni. Il testo è pressoché scritto (prevede anche la cancellazione dell’aumento del prelievo erariale su videolottery e slot e una stangata da mezzo miliardo sui 'totem', i terminali scollegati dalla rete dei Monopoli), anche se ci sono spinte nel governo per renderlo più severo. Il fatto nuovo è che il Tesoro, dopo le prime polemiche sulle notizie di sanatoria, ora frena sulla possibilità di portare il provvedimento al Senato già all’interno della legge di stabilità: «Niente è definito», frena il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, che segue il dossier. In via Venti Settembre e anche a Palazzo Chigi si prende dunque tempo per scegliere il da farsi. Ci sono ragioni di cassa, ma si calcolano le reazioni a quello che si caratterizzerebbe come un vero e proprio 'condono'. Baretta cerca di illustrare la strategia del dicastero: «La linea è riorganizzare e ridurre la presenza del gioco e combattere il nero e il grigio», dice. Allo stesso tempo, spiega il sottosegretario, la rete illegale è lì dinanzi agli occhi di tutti. E non intervenire - né con la repressione né con la sanatoria - lascerebbe le cose immutate. Ecco dunque che si fa strada una seconda opzione. Uno dei decreti attuativi della delega fiscale prevede un intervento complessivo sull’intero comparto dei giochi, e dovrebbe arrivare entro dicembre. La sanatoria, in una forma forse più dura rispetto ai 10mila euro di multa del testo originario, entrerebbe in un quadro d’insieme sugli obblighi tributari degli esercenti e dei giganti di Azzardopoli, sulle regole del comparto e sulla prevenzione delle ludopatie. A meno che non ci sia una svolta netta di Renzi all’insegna dello 'zero compromessi' - al momento da Palazzo Chigi non arrivano commenti né umori -, dal versante parlamentare c’è chi si fa sentire. È Paola Binetti, deputata Udc del gruppo Per l’Italia, prima firmataria di una proposta di legge per prevenire e combattere le dipendenze da gioco d’azzardo. «Al governo direi con forza: attenzione alle soluzioni tampone. Si corre il rischio non solo di non risolvere niente, ma di cedere all’urgenza senza rendersi conto della reale gravità del problema. Una toppa messa su un vestito lacerato, come si sa, allarga lo strappo». E in questo caso il tessuto è quello sociale.  Si andrebbe poi a rafforzare quella cultura del 'tutto è permesso', tanto poi ci pensa una sanatoria. «Già ne è stata fatta una rispetto al grosso debito che i concessionari avevano con lo Stato. Come per il dissesto idrogeologico e l’edilizia abusiva, anche qui bisogna dire 'mai più'. Perché si apre lo spazio alle ricadute successive. Qui il dissesto non è idrogeologico, ma sociale». Ora si vedrà, prosegue, se il tema sarà «ricondotto solo sotto lo stretto controllo del ministero dell’Economia. Ma vorrei contare davvero sull’impegno preso a suo tempo da Legnini e ora da Baretta: fare politiche economiche al servizio del sanitario e del sociale». In Parlamento esiste, comunque, una sensibilità «diffusa e largamente condivisa» sulle ricadute negative del fenomeno azzardo. 
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