lunedì 9 settembre 2019
Per la maggior parte si tratta di elettori di Fratelli d’Italia, ma non mancano i leghisti e qualche grillino deluso. Ci sono diversi neofascisti, i più giovani e rumorosi.
Foto Ansa

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l popolo sovranista risponde numeroso all’appello di Giorgia Meloni e ieri mattina, quando Giuseppe Conte non ha ancora iniziato il suo discorso per il voto di fiducia, piazza Montecitorio è già piena di persone. In molti non riescono a entrare e rimangono bloccati su via del Corso prima del tratto antistante largo Chigi, blindato dalle camionette delle forze dell’ordine per evitare l’accesso. Difficile parlare di 30mila partecipanti, la stima ottimistica che gira sulle chat degli organizzatori, ma sono certamente numerosi. Non solo da Roma, in tanti hanno organizzato pullman da altre regioni. Alcuni arriveranno a manifestazione finita, denunciando di essere stati «bloccati appositamente» ai caselli.

Per la maggior parte si tratta di elettori di Fratelli d’Italia, ma ci sono anche leghisti e qualche grillino deluso. Qua e là diversi neofascisti, i più giovani e rumorosi. Piuttosto che una manifestazione politica sembra una curva da stadio: striscioni, cori, fischi, tricolori disegnati sulle guance, qualche saluto romano e, a un tratto, spunta anche un fumogeno.

Prima di andare ad ascoltare il premier, la presidente di Fdi, e poi anche Matteo Salvini, passano a salutare la folla. Poi ritornano per i loro interventi. La leader sovranista è annunciata come un rock star e appena sale sul palco i suoi “tifosi” esplodono. Meloni è un fiume in piena e arringa i fan senza risparmiare nessuno, dal Pd a Prodi, dai 5 stelle alla Ue: «Oggi avremmo potuto riempire piazza del Popolo, milioni di persone volevano essere qui a dire “non nel mio nome”. Vi voglio ringraziare tutti – dice – e ringrazio anche il mio amico Matteo e la Lega. Sapevamo che i 5 stelle avrebbero appoggiato questo governo perché sono l’altra faccia del Pd, parte del sistema senza alcuna dignità. Quello di oggi è un bel "vaffa day", ma per loro. Dentro questo palazzo ci sono dei ladri di sovranità. Vogliono quel campione di Prodi al Quirinale ma non arriveranno a votare per la Presidenza della Repubblica».
La gente fischia quando sente nominare Renzi, Di Battista e Mattarella. Il coro per chiedere il voto subito è il più gettonato. I sovranisti denunciano il «patto delle poltrone» che «calpesta l’articolo uno della Costituzione». Non mancano i riferimenti al caso Bibbiano e a Banca Etruria, senza contare gli insulti lanciati alle Ong attive nel Mediterraneo.

«L’onore e la dignità di girare per Roma e in Italia a testa alta valgono più di mille ministeri. Possono scappare dal voto per qualche mese, ma non potranno farlo per sempre. Alle prossime elezioni, lo prometto, vinceremo noi – grida dal palco Matteo Salvini –. Se vorranno abolire quota cento e far tornare la Fornero, dovranno passare sul mio cadavere. Non li faremo uscire da quel palazzo. Hanno detto che questa è una piazza eversiva, ma vedo volti scoperti e poliziotti che sorridono, non siamo come i centri sociali». Il leader della Lega si concede poi ai giornalisti, prima di un ultimo bagno di folla con bacio al crocifisso annesso.

Al ritorno dei leader nel palazzo la piazza comincia a ritirarsi. Alcuni rimangono a gridare la loro voglia di andare a votare e si fermano a insultare i parlamentari che si affacciano dalle finestre della Camera. Nel mirino anche i giornalisti che «di sicuro parleranno di una piazza semivuota». Ma i bersagli preferiti sono soprattutto i 5 stelle: «Siete senza onore e attaccati alle poltrone».

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