sabato 26 novembre 2011
Erano sfollati. Domani si esibiranno al Conservatorio di Milano. Erano sfollati. Domani si esibiranno al Conservatorio di Milano. Un anno fa l’istituto musicale e la Casa della carità firmarono l’intesa per formare i ragazzi.
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Forse non si dimenticano mai le ruspe che vedi impotente passare spietate sopra tutta la tua vita quando hai dieci anni. Sopra i libri di scuola, sopra il tuo letto, sopra la baracca che hai imparato a chiamare casa. Sopra il tuo violino, che tuo padre aveva iniziato a farti suonare come usano i rom romeni, senza conoscere le note, per andare in strada o sui vagoni della metro a chiedere l’elemosina.Oggi quel bambino che veniva sgomberato da uno dei campi abusivi delle periferie il suo violino l’ha ritrovato nelle sale più prestigiose che Milano mette a disposizione di chi vuol studiare musica, quelle del Conservatorio.Domani sera il bambino, ormai divenuto adolescente, suonerà infatti con altri 21 ragazzi rom alle 18,30 nientemeno che nella prestigiosa Sala Verdi (ingresso libero, chi vuole può lasciare un’offerta). Con loro, diretti dal maestro Alessandro Cerino, quattro maestri del Conservatorio. Le musiche spaziano dalla tradizione popolare gitana a Vivaldi, da classici come il "Volo del Calabrone" di Rimskii-Korsakov al tango di Gardel. È il primo evento pubblico di un progetto d’avanguardia in Italia e in Europa, che unisce sotto l’ombrello dell’arte e della cultura finalità di integrazione e formazione sotto l’egida del ministero dell’Istruzione. Non è una favola, semmai la prima tappa di una vicenda di studio e passione per la musica capace di abbattere le barriere.Era il 28 settembre 2010 quando il Conservatorio di Milano e la Casa della carità firmarono un protocollo per organizzare corsi di violino e fisarmonica per bambini e adolescenti provenienti dai campi rom le cui famiglie prendevano parte ai progetti di accoglienza della struttura, voluta nel 2002 dal cardinale Martini e di cui sono parte Comune e Arcidiocesi. Il Conservatorio ambrosiano ha offerto gratuitamente un corso di violino e uno di fisarmonica facendosi carico del percorso formativo. I docenti sono allievi degli ultimi anni, scelti con concorso interno, che lavorano con la supervisione dei professori. La Casa della carità ha invece coinvolto bambini e adolescenti con talento musicale le cui famiglie, sgomberate dai campi, hanno aderito al patto di fiducia. Ovvero, accoglienza e alloggio in cambio dell’impegno degli adulti a mandare a scuola i figli e a lavorare.Il fine delle lezioni di musica, giunte al secondo anno, è insegnare ai ragazzi a leggere gli spartiti e formare una vera e propria orchestra che in futuro possa tenere concerti. Come quello di domani sera, primo del genere in Italia, che segna non solo una tappa storica di un percorso di integrazione, ma è un vero e proprio momento di riscatto per Edward, Luis, Bernard, Rebecca, Isabella, Roxana, Sergiu e gli altri. Il più piccolo, una promessa, ha solo 6 anni, era in fasce quando lo sgomberavano, il più grande ne ha 16. Bambini che Milano l’hanno conosciuta dalla parte più dura, da quegli autentici ghetti di fango e spazzatura che portavano il nome di via Isola di Capo Rizzuto, sgomberata nel 2005, via San Dionigi (2006) e via Ripamonti (2007). Alcune famiglie hanno trascorsi anche in quella che è stata la più grande favela urbana del continente, via Triboniano. Poi l’incontro con la Casa della carità.«Ricordo – racconta il presidente don Virginio Colmegna – le difficoltà di stare il mezzo ai problemi dei campi in quegli anni. Cercavamo di conciliare le esigenze di legalità con il diritto dei bambini rom a un futuro e avevamo molti avversari che di integrazione non volevano sentir parlare. Allora abbiamo deciso di mandare un segnale e puntare sull’eccellenza per ribaltare i pregiudizi».I ragazzi sono figli dei musicisti di strada che con la Casa della carità suonavano qualche anno fa nella "Banda del villaggio" formata da Ciro Menale. Oggi gli adulti lavorano, don Colmegna gli ha proposto di dare un’educazione musicale ai figli per proseguire la tradizione di famiglia. Perché anche chi suona sulla strada la musica deve conoscerla bene. Al termine del percorso di studi, il progetto prevede che i cinque più meritevoli possano sostenere gli esami di ammissione al Conservatorio. «Questo cammino con un’istituzione prestigiosa come il Conservatorio – conclude il sacerdote – vuole dimostrare che chiunque, se ha una possibilità, può dimostrare il proprio talento. Anche chi viene dalla strada. Da Milano arriva un segnale importante, mai chiudere le porte».E dall’adrenalina dei ragazzi nei corridoi, dall’impegno sugli strumenti nelle sale di prova, dall’emozione delle mamme, si vede che si fa sul serio. I violini che i rom hanno ritrovato sono stati fabbricati dal laboratorio dei detenuti del carcere di Opera. Su questi non passeranno le ruspe.​
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