mercoledì 18 agosto 2010
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«Lo ricordo come fosse oggi. Era il 18 aprile 1948, giorno delle elezioni. Io bambino, seduto sul bordo del marciapiede, all’ombra del campanile della chiesa, e un ragazzo che spiegava al "dottor" Masia - era il titolo col quale chiamavamo a Sassari i sacerdoti laureati in teologia - che aveva torto il maresciallo dei carabinieri, perché la targa dei Comitati Civici poteva stare a distanza ridotta dai seggi, in quanto non rappresentava pubblicità elettorale. Fu in quell’occasione - racconta oggi Arturo Parisi - che accanto al parroco, unica autorità da me conosciuta, vidi segnalarsi per autorevolezza una figura nuova. Quel ragazzo era Francesco Cossiga».Lei ulivista della prima ora, lui fiero oppositore di Prodi e stratega del governo D’Alema. Ma un tempo lei fu "vicino" a Cossiga.Vicinissimo. In via Asproni abitavamo di fronte, frequentavo la stessa chiesa, io bambino, lui dirigente dell’Azione cattolica col messale sotto il braccio come i preti e i laici colti.Sassari ebbe un ruolo anche nella sua ascesa al Quirinale, per la parentela con Berlinguer, allora segretario del Pci.Pur nelle contrapposizioni Sassari era una città fortemente segnata da una comunanza di valori democratici grazie a un clima favorito dalla presenza dell’Universitá e ad una forte borghesia intellettuale. È in questo clima piú che nella parentela che cercherei le radici del rapporto con i Berlinguer. Ma come consonanza contò di più quella con un altro presidente della Repubblica, Antonio Segni.In effetti, la parrocchia di San Giuseppe di capi dello Stato ne ha allevati ben due.E di Segni condivise per un tratto anche la corrente. Ma restó sempre un battitore libero, anzi liberissimo, uomo delle istituzioni più che di partito.In un primo momento si era parlato per i funerali di Cheremule.Un po’ mi ha sorpreso. Avrei pensato piú a Siligo e Chiaramonti, i paesi dei Cossiga che gli sentivo ricordare più spesso. Forse voleva sorprenderci fino alla fine.
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