martedì 9 agosto 2022
Commemorazione oggi ad Auschwitz. Padre Pirastu: «Già dal ’39 sentiva che sarebbe morta per mano dei nazisti». Padre Silvestri: «Concepì la sua vita come offerta d'amore»
Edith Stein

Edith Stein - Archivio

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«Cristo dona la sua vita per aprire agli uomini l’accesso alla vita eterna. Allora essi, per guadagnare la vita eterna, devono anche sprezzare quella terrena. Devono morire con Cristo, per risorgere con lui: la morte, perdurante tutta la vita, della sofferenza e del quotidiano rinnegamento di sé; se è il caso anche la morte di sangue del testimone della fede per il messaggio di Cristo». Era il 1941 quando la 49enne suor Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, scriveva queste righe dal Carmelo di Echt in Olanda, nella sua ultima grande opera, La Scienza della Croce.

Pochi mesi dopo, il 2 agosto del 1942, la Gestapo avrebbe bussato alla porta del convento, l’avrebbe prelevata, portata nel campo di smistamento di Westerbrok e da lì ad Auschwitz, dove la religiosa sarebbe morta si presume il 9 agosto, esattamente 80 anni fa. «La data è probabile, sicuramente è compresa fra l’8 e l’11 agosto – spiega padre Fabio Silvestri, provinciale della provincia veneta dei carmelitani scalzi, studioso dell’opera di santa Edith Stein – ed è stata dedotta dalle testimonianze degli altri deportati, in particolare un commerciante ebreo di Colonia che l’aveva incontrata e aveva scambiato alcune parole con lei».

È un anniversario particolare questo 80° del martirio perché si inserisce nel centenario della conversione al cattolicesimo di Edith, la cui vicenda esistenziale continua ad affascinare: ultima di undici figli di una benestante famiglia ebraica di Breslavia, diventata agnostica da adolescente, poi astro nascente della filosofia tedesca alla scuola del padre della fenomenologia, Edmond Husserl, poi convertita, carmelitana scalza, martire.

«Edith Stein presentiva già, a partire almeno dal 1939, di morire a causa del nazismo» spiega padre Roberto Maria Pirastu, definitore generale dei carmelitani scalzi e presidente della Società Edith Stein dell’Austria, «già nel suo testamento, appunto del ’39 scrive: “da ora accetto con gioia la morte che Dio mi ha riservato in perfetta sottomissione alla sua santissima volontà. Chiedo al Signore che voglia accettare la mia vita e la mia morte per il suo onore e la sua esaltazione, per tutte le intenzioni dei santissimi cuori di Gesù e Maria e della santa Chiesa, soprattutto per la conservazione, la santificazione ed il perfezionamento dell’Ordine del Carmelo, particolarmente dei monasteri di Colonia e di Echt, come espiazione per l’incredulità del popolo ebraico, affinché il Signore sia accolto dai suoi e il suo regno venga nella gloria, per la salvezza della Germania e per la pace del mondo; infine per i miei parenti, vivi e defunti, e per tutti coloro che Dio mi ha dato: perché nessuno di loro si perda”».

«Nella sua ricerca della verità arrivò a identificarne il centro nel mistero della croce di Cristo – commenta padre Silvestri – da quel momento concepì la sua intera vita come un’offerta d’amore e con sempre maggiore consapevolezza con l’inizio della persecuzione razziale. Offrire la propria vita, come la Ester dell’antica Alleanza, a beneficio del destino del popolo ebraico e per l’umanità intera».

A questo proposito giova tra l’altro ricordare che Edith Stein non fu l’unica ebrea convertita al cattolicesimo a venire deportata in quel 2 agosto di rastrellamenti. Incontrarono lo stesso destino la pediatra Lisamaria Meyrowki, che aveva trovato rifugio nel monastero trappista di Berkel-Enschot; il frate francescano Wolfgang Rosenbaum, del convento di Woerden; quattro figli trappisti (due monaci e due monache) di Lutz e Jenny Löb, coppia di commercianti ebrei convertiti (un altro figlio e un’altra figlia sempre trappisti sarebbero morti in campo di concentramento nel 1944) e numerosi altri nomi che attendono di essere riscoperti.

Oggi intanto presso il Centro per il dialogo e la preghiera che sorge nei pressi dell’ex campo di Auschwitz, fondato nel 1992 su ispirazione del cardinale Franciszek Macharski, si terrà una giornata di commemorazione di Edith Stein che vedrà alle 13.30 anche un momento di preghiera organizzato insieme all’Università Cattolica di Nagasaki: se il 9 agosto del 1942 veniva uccisa la santa carmelitana, il 9 agosto del 1945 veniva sganciata su Nagasaki la bomba atomica, che annientò anche la più popolosa comunità cattolica del Paese del Sol Levante.

E in questo anniversario padre Pirastu aggiunge una notizia: «È iniziato l’iter per chiedere che venga riconosciuto a santa Edith Stein il titolo di dottore della Chiesa. È stata formata una commissione di studiosi che è già al lavoro».

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