sabato 16 novembre 2019
Il prefetto ha dato l’ultimatum: 11 giorni per sgomberare l’area demaniale abbandonata da 50 anni e adesso diventata deposito abusivo di rifiuti e devastata dai roghi (60 in tre mesi)
Uno scorcio della Polveriera di Reggio Calabria.

Uno scorcio della Polveriera di Reggio Calabria.

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Undici giorni. Questo l’ultimatum della prefettura di Reggio Calabria sulla Polveriera, la 'terra dei fuochi' della città dei Bronzi di Riace. Undici giorni per trovare una ricollocazione dignitosa per gli ultimi occupanti della baraccopoli presente all’interno del sito incriminato, undici giorni per smaltire in modo lecito le lastre di amianto occultate tra le macerie e la cui presenza è stata confermata dai rilievi della Polizia Scientifica di pochi giorni fa.

Questo, però, è soltanto l’ultimo ticchettio di una bomba ecologica ad orologeria. Un allarme quasi anestetizzato, se si pensa che il caso della Polveriera perdura da quasi mezzo secolo. A pagarne le conseguenze più gravi sono i residenti della zona, molti dei quali colpiti dalla 'bestia': il cancro. Loro sono convinti che è colpa della diossina che si sprigiona nelle notti di fuoco, quando i malviventi appiccano gli incendi ai cumuli di rifiuti che vengono conferiti illegalmente. La situazione della Polveriera, in realtà, è stata affrontata per la prima volta in modo determinato due anni fa dall’attuale amministrazione comunale, sotto la spinta delle associazioni e della Chiesa locale che si erano appellati al prefetto del tempo, Michele Di Bari. Era il 2017 e il ritmo degli incendi era pauroso: 60 roghi in 3 mesi, quasi uno ogni due giorni.

L’area, per gran parte di proprietà del ministero della Difesa, era completamente incustodita e l’andirivieni dei mezzi faceva presagire un grosso giro di soldi sulla 'monnezza' in una città che vive costantemente l’emergenza-rifiuti. Un business interrotto con tanto di intervento militare.

La prima caratterizzazione del suolo già all’epoca evidenziò la presenza di amianto tra gli inerti edili scaricati dai diversi cantieri del territorio. Per paradosso, poi, la Polveriera si trova a un tiro di schioppo dalla caserma degli Allievi Carabinieri di Reggio Calabria, la più grande del Mezzogiorno, e a pochissimi metri in linea d’aria dalla porzione urbana che attualmente ospita uno dei nosocomi cittadini, il 'Morelli', dove è stata individuata l’area in cui sorgerà il nuovo Grande Ospedale Metropolitano, un presidio sanitario da record. Una realtà insomma troppo evidente per poterla nascondere sotto il tappeto', e infatti all’epoca le istituzioni provarono a fare la voce grossa. Da un lato, Difesa e prefettura bonificarono l’area di pertinenza demaniale, delimitandone i varchi.

Da parte sua il Comune provò invece a lavorare per lo sgombero e la ricollocazione degli abusivi. La prima fase vide in campo una task force per assegnare i beni confiscati ai mafiosi a chi per 50 anni aveva vissuto tra l’immondizia cittadina: «In 48 ore furono individuate 27 abitazioni per i 23 nuclei familiari presenti nella baraccopoli », racconta Nancy Iachino, delegata del Comune al patrimonio sottratto ai boss (sui numeri non è però d’accordo Giacomo Marino, portavoce dell’Osservatorio sul disagio abitativo, che stima in 32 i nuclei familiari residenti nel villaggio della Polveriera).

In una prima fase dunque Comune e associazioni provarono a fare sintesi e il trasloco avvenne velocemente: 17 famiglie accettarono l’offerta dell’amministrazione, lasciando una parte dell’area che venne smantellata dalla ditta incaricata, l’EcoPiana. Peccato però che gli operai non smaltirono mai l’amianto presente sui tetti delle baracche: «Avevano disposizioni da un funzionario comunale di fare tutto a fine sgombero», ha messo nero su bianco l’Osservatorio sul Disagio abitativo nel suo esposto in procura. Così quell’eternit è rimasto 'a cielo aperto' proprio quando – e siamo nell’estate 2019 – sono ricominciati gli incendi e le famiglie Rom della baraccopoli iniziarono a rifiutare di andare a vivere nelle ville confiscate alle ’ndrine. «L’ex Polveriera è un’area di 11 ettari e uno degli ingressi – afferma Giuseppe Sera, presidente della Commissione Assetto del Territorio del Comune di Reggio Calabria – non può essere chiuso perché negli anni passati è stata costruita una palazzina abusiva ».

Alla quale il Comune, per legge, deve comunque lasciare una corsia da usare per eventuali soccorsi. E proprio da lì passa la spazzatura da incendiare... Alla fine il vigore dell’azione politica si affievolisce: la task force del Comune viene sciolta sotto i 'no' di alcuni abusivi, l’emergenza passa nelle mani di un dirigente oberato di lavoro e con competenza tecnica su settori chiave per l’amministrazione come Ambiente e Municipalizzate, insomma ogni iniziativa sembra soccombere sotto il peso di un’area completamente abbandonata a se stessa.

«Ad agosto – racconta Giacomo Marino – ci siamo seduti col dirigente che aveva preso l’impegno di fare l’ultima proposta a tre nuclei familiari, fino a quel momento contrari al trasferimento. La data finale era il 20 settembre scorso; oggi siamo al 12 novembre e ancora non hanno ricevuto nulla». Ora mezzo secolo d’incuria è da risolvere in 11 giorni: «Ma chi te lo fa fare, vedi che gli zingari non portano voti», si è sentita ripetere Nancy Iachino. E in effetti il 'muro di gomma' col quale da 50 anni si scontra chi prova a risolvere la vicenda della Polveriera lascia intendere che a qualcuno interessi che quella 'terra dei fuochi' resti sempre così.

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