martedì 5 febbraio 2019
In Senato le osservazioni di Caritas, Alleanza contro la povertà e Cei. «Un paradosso escludere i migranti regolari». Anche i sindacati all'attacco: no alle guerre tra poveri
La Caritas: dal Reddito di cittadinanza rischio di nuove disuguaglianze
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Il requisito di 10 anni di residenza in Italia per percepire il reddito di cittadinanza esclude migranti regolari e rischia di escludere le persone in grave marginalità a partire dai senza dimora. È la denuncia arrivata questa mattina in Senato nel corso delle audizioni sul decretone, da parte della Caritas, secondo cui "un provvedimento di contrasto alla povertà non può invece che essere inclusivo, altrimenti crea la paradossale situazione di generale o implementare condizioni di disagio grave o di diseguaglianza nell'accesso". I criteri di esclusione potrebbero comportare "una lesione dei diritti costituzionali e di previsioni normative europee, con il rischio di una revisione della norma che costringerà a modificare anche l'attuale previsione finanziaria", aggiunge la Caritas.

Perplessità e critiche arrivano anche da altre organizzazioni ascoltate in Parlamento. A partire dall'Alleanza contro la povertà, il network associativo che da anni si batte per l'introduzione di un reddito minimo anti-indigenza ma che ora vede il rischio che il Rdc "si riveli la strada sbagliata per rispondere alle esigenze dei poveri senza raggiungere peraltro gli obiettivi di incremento occupazionale". Secondo l'Alleanza "esiste anche il pericolo che così cresca la schiera di chi si oppone alla lotta alla povertà". Alla luce del malfunzionamento dello strumento si potrebbe infatti affermare "il reddito ha fallito, quindi sostenere i poveri è sbagliato".

Dure critiche anche dai sindacati. Secondo Cgil, Cisl e Uil, si tratta di una misura di carattere ibrido tra il contrasto alla povertà e le politiche attive per il lavoro che rischia di essere inefficace. Inoltre il sussidio è calcolato in base a una scala di equivalenza "penalizzante per i disabili e per le famiglie numerose, in particolare se con minori". Ma i sindacati sono preoccupati anche per la situazione all'Anpal, dove rischia di crearsi una "vera e propria guerra tra poveri" a causa della concorrenza tra nuovi e vecchi precari dell'Agenzia, (cioè tra i navigator e i lavoratori storici) e anche per"l'effetto spiazzamento" degli utenti dei centri per l'impiego non beneficiari del reddito che potrebbero passare in secondo piano rispetto ai nuovi utenti. I sindacati ritengono inoltre "molto grave" la sospensione per tre anni dell'assegno di ricollocazione per i disoccupati ordinari.

Sul tema è intervenuto anche monsignor Filippo Santoro, responsabile della Cei per i temi sociali e del lavoro: "L'obiettivo reale - ha affermato - non deve essere tanto quello di fornire un reddito, quanto quello di fornire opportunità di lavoro. Il reddito di cittadinanza serve come primo incentivo, a patto che poi segua l'apertura di investimenti che rendano possibile una vera occupazione. Perché la dignità non viene dalla rendita ma dal lavoro".

Ma chi e quanti saranno i percettori del nuovo strumento? Sui numeri totali non c’è affatto chiarezza, come emerso dalle audizioni di ieri. Il vicepremier Luigi Di Maio ha ripetuto le cifre di ordinanza, parlando di una platea di cinque milioni di persone, ovvero 1,7 milioni di famiglie. Ma nelle audizioni in Senato l’Inps ha stimato molto meno: 1,2 milioni di nuclei beneficiari, per 2,4 milioni di persone. Secondo poi l’Istat, con un tasso di utilizzo pari all’85% del totale potenziale, il reddito potrebbe interessare 1,3 milioni di famiglie e poco più di 2,7 milioni di individui. Pasquale Tridico, il principale consulente di Di Maio, ha quindi precisato che la platea dei beneficiari del reddito, così come indicato nella relazione tecnica riguarda una stima di adesioni all’85% per circa 1,3 milioni di famiglie (e circa 4 milioni di persone). Mentre i nuclei potenziali sono appunto 1,7, milioni per 4,9 milioni di cittadini. Le stime Inps "si basano su un database meno affidabile", ha osservato l’economista.

Sempre secondo l'Istat, l’importo annuo medio a famiglia sarà pari a 5.045 euro, con un costo di 6,6 miliardi di euro annui. Tra i destinatari solo 330mila stranieri (280mila extra-Ue). Mentre saranno le casalinghe, prima ancora dei disoccupati, le principali destinatarie del sussidio, oltre un quarto dell’intera platea (422mila in età da lavoro, 679mila se si considerano tutte le età). In oltre la metà dei casi, le famiglie beneficiarie saranno residenti nel Sud. Il reddito interesserà non solo le famiglie dove più alta è anche la "povertà educativa" ma anche chi ha studiato: se sono oltre il 62% i beneficiari in età da lavoro che hanno al massimo la licenza elementare colpisce che ce ne siano circa 119mila che sono laureati. Sono comunque i single i principali destinatari di reddito (o pensione) di cittadinanza, circa la metà del totale. Le coppie con figli minorenni sono stimate in 257mila e incasseranno un sussidio più basso però delle famiglie con figli maggiorenni (65mila) per effetto della scala di equivalenza. Non solo, l’istituto osserva anche che la quota di sussidio che vale come integrazione per l’affitto o per il mutuo non è moltiplicata per la scala di equivalenza, scelta che svantaggia le famiglie di inquilini più numerose e con minori.


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