venerdì 23 dicembre 2022
"Ma firmo col sangue che non lo chiederemo mai". Ancora toni duri con i migranti: viene da noi chi può pagare gli scafisti. I rapporti in chiaroscuro con l'Ue
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ieri a "Porta a porta"

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ieri a "Porta a porta" - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Giorgia Meloni si prende il prime time di Raiuno per rassicurare il Paese sulla manovra, perché non c’è nessuna «catastrofe» in corso. E per invitare all’«ottimismo», fissando come obiettivo del governo, alla scadenza naturale della legislatura, il ristabilimento di un clima di «fiducia ». Nessun annuncio particolare sull’anno che verrà, nemmeno su dossier bollenti come l’Autonomia e le riforme istituzionali. Un profilo basso, senza promesse, con qualche punta di nervosismo per replicare agli attacchi sui primi passi incerti dell’esecutivo e della maggioranza. Insomma, per la premier il salotto di Porta a porta, concessole da Bruno Vespa modificando la programmazione serale della rete ammiraglia, è soprattutto un’opportunità per dire agli italiani che di lei c’è da fidarsi, che non ci saranno salti nel buio.

Scansati i temi che dividono la maggioranza, Meloni va a picchiare duro di nuovo su quelli che uniscono. Sul Reddito di cittadinanza. E sui migranti. La premier rivendica la battaglia a Bruxelles perché «quelli che accogliamo noi sono banalmente quelli che hanno i soldi da dare agli scafisti». E rivendica anche la lite con la Francia sulle Ong: «Prima sbarcavano solo da noi». In generale, si prende il merito di aver reso la rotta mediterranea una «priorità» per Bruxelles. L’Italia, dice, «non vuole più essere l’eterna Cenerentola».

Ma non ci sono annunci di nuove iniziative su questo fronte. Piuttosto, la notizia, indirettamente, arriva sul Mes. La premier è scaltra: prima assicura «con il sangue» che l’Italia non prenderà mai fondi dal vecchio salva-Stati, poi dice che la vera questione del momento, la ratifica o meno del Parlamento italiano alla riforma di questo strumento europeo, «non è poi un gran tema, ne discuterà il Parlamento». Una diminutio del dossier che di fatto apre le porte alla ratifica perché, ricorda la stessa premier, l’Italia al momento resta l'unico Paese della zona euro a non avere approvato la riforma e questo «blocca gli altri» che vi volessero accedere.

In ogni caso i rapporti con l’Europa, «con tutti», sono «buoni». E il risultato sul price cap («Noi volevamo 160 euro, poi si è fatto 180, ma il prezzo è sceso subito») Meloni da un lato lo sbandiera dall’altro lo condivide sportivamente con Draghi. Certo, con la Francia ci sono «frizioni» sulla gestione dei migranti. Ma non ci sono problemi con Macron, ripete respingendo i dubbi che sono circolati di una sua assenza “tattica” dal vertice di Alicante proprio per evitare di incontrare il presidente francese. «Mica siamo alle elementari», dice con veemenza. Anche sul Pos con Bruxelles non ci sono stati strascichi: l’Ue, ammette la premier, non solo ha fatto presente gli impegni presi nel Pnrr, ma più in generale temeva che la norma rappresentasse un «liberi tutti». Non poteva passare insomma il principio «prendo la prima rata» del Pnrr «e poi cambio la norma».

La retromarcia, insomma, era inevitabile ma «non rinuncio a occuparmi dellamateria, è una questione di giustizia per gli esercenti che per piccole somme pagano commissioni troppo alte», sottolinea la premier. Sul Pos partirà dunque una «moral suasion» sulle banche per convincerle ad abbassare le commissioni, diversamente si andranno a tassare gli extraprofitti. Promette un nuovo attivismo, la premier, infine, in politica estera: da Zelensky, in Ucraina, vuole andarci «nei primi mesi del 2023». E l’agenda internazionale dovrebbe infittirsi di diversi appuntamenti per «affermare il protagonismo dell’Italia».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: