martedì 7 febbraio 2017
In Italia è l'ora del Dab, la radio digitale. Però alle emittenti locali non vengono concesse le frequenze per usare la nuova tecnologia. L'allarme dell'Aeranti-Corallo. Governo e Agcom rassicurano
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Per molti è una sigla ancora misteriosa: Dab+. In realtà si tratta di un acronimo destinato a diventare familiare. Perché sta a indicare la nuova frontiera della radio, quella digitale. Basta disturbi, suono perfetto come un cd, e sul display anche informazioni quasi avessimo davanti una mini-tv: così cambierà la “scatola parlante” che accompagna con parole, voci e musica le nostre giornate. In Italia la corsa alla radiofonia di nuova generazione è cominciata. Ma ci sono già reti di serie A e di serie B. Le emittenti con una corsia preferenziale, che trasmettono già in Dab affiancato al tradizione Fm, sono quelle nazionali: in tutto 36 stazioni sbarcate nel mondo digitale di cui dieci targate Rai. Si possono ricevere in buona parte della Penisola anche se siamo di fronte a una «sperimentazione» autorizzata dallo Stato. Invece sono “figlie di un dio minore” le emittenti locali che soltanto in pochissime aree del Paese possono tuffarsi nel Dab.

«E dire che le radio del territorio rappresentano il 40% degli ascolti e del mercato pubblicitario. Non solo. In alcune regioni la stazione più seguita è locale. Non è possibile che siano penalizzate quando si tratta di costruire il futuro», denuncia Marco Rossignoli, coordinatore dell’associazione Aeranti-Corallo che raccoglie oltre mille imprese radiotelevisive italiane. E Luigi Bardelli, presidente di Corallo, rincara: «È inaccettabile marginalizzare o addirittura distruggere il comparto locale. Governo e Authority si sono mosse con il piede sbagliato».

Proprio alle sfide che attendono il settore è dedicato il convegno “L’emittenza locale nella radio digitale” organizzato dall’Aeranti-Corallo martedì 7 febbraio a Roma. L’intento è aprire un confronto con il presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, e il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, Antonello Giacomelli, ospiti dell’incontro. Il Dab che, ricorda Rossignoli, «permette a parità di banda di diffondere un maggior numero di programmi e arricchire anche il contenuto multimediale trasmesso» ha compiuto i primi passi in Trentino scelto per il test d’esordio. Poi alle reti nazionali – pubbliche e private – è stato concesso di trasmettere in digitale lungo le autostrade. Perché la radio si accende soprattutto in auto. E adesso le nuove vetture hanno già l’opzione Dab. Anche nei negozi interi scaffali sono riservati ai nuovi apparecchi da tenere in casa e le vendite si sono impennate nell’ultimo anno nonostante un dispositivo costi almeno 50 euro.


Tutto ciò testimonia comunque che il “super” sistema si sta diffondendo nel Belpaese ma a scapito delle oltre mille reti del territorio. «Ad oggi non ci sono frequenze sufficienti per concedere a tutte di sperimentare il Dab», afferma Rossignoli. Lo dimostrano le scelte del ministero e dell’Agcom. La Penisola è stata divisa in 39 bacini: 16 sono stati pianificati e appena in 8 il dicastero dello Sviluppo economico ha assegnato gli spazi via etere per il Dab. Di fatto soltanto in queste zona (Torino e Cuneo; Aosta; Trento; Bolzano; Firenze, Arezzo, Pistoia, Prato, Siena; Perugia e Terni; Aquila; e Cagliari, Nuoro, Ogliastra) le stazioni locali possono far alzare il sipario sul digitale. Non altrove. E dire che più di venti società consortili che riuniscono numerose emittenti locali sono pronte a far arrivare nelle abitazioni e nelle auto i segnali Dab. «Il digitale radiofonico si sta sviluppando senza le locali – sostiene Bardelli –. Non va».

La storia si ripete. Anche quando la tv ha lasciato l’analogico per il digitale le reti locali sono state messe in ginocchio. Una situazione (quasi) identica si ripropone per la radiofonia in questi mesi con la differenza che per ora il digitale “convivrà” con l’Fm. «Le televisioni del territorio sono state massacrate calpestando ogni principio di pluralismo – tuona il presidente di Corallo –. Non va distrutto anche l’ultimo baluardo di vicinanza alla gente che è costituito dalle radio locali». Per far fronte alla carenza di frequenze l’associazione propone di utilizzarne una (canale 13 Vhf) destinata al ministero della difesa ma “ferma” da anni. «L’Agcom è d’accordo ma il dicastero fa resistenza – osserva Rossignoli –. Perciò serve sbloccare la querelle Dab con un intervento dell’esecutivo».


Durante il Convegno le risposte degli attori istituzionali. Dice «no al doppio binario» del digitale radiofonico il sottosegretario Giacomelli. In pratica i grandi network non saranno privilegiati e le radio locali lasciate in coda. Giacomelli si dichiara «pronto al confronto» e anche a istituire un tavolo con il ministero della Difesa per trovare una soluzione alla penuria di frequenze. E «anche se la legislatura si avvia alla conclusione», afferma il sottosegretario di fronte alla platea di operatori dell’Aeranti-Corallo, «ci saranno «incontri chiarificatori». Dal canto suo il presidente dell’Agcom sottolinea che l’Autorità «ha fatto la sua parte nella pianificazione» dell’etere. Evidenziando che il Dab «alza la qualità», Cardani annuncia «riunioni per risolvere i problemi emersi». E chiarisce: «Il digitale è una grande opportunità che va sfruttata a pieno».


Il coordinatore dell’Aeranti-Corallo accoglie le aperture. E ribadisce: «Senza le locali, che rappresentano un segmento molto ampio di pubblico, il digitale radiofonico rischia di fare flop». Anche se nei prossimi anni le trasmissioni in digitale soppianteranno definitivamente l’Fm, così come l’Am è stata “fagocitata” dall’Fm. In Norvegia il Dab ha appena preso il posto dell’analogico. Succederà anche in Italia ma non sappiamo ancora quando. «Però non senza le stazioni che raccontano il Paese dei mille campanili», concludono Rossignoli e Bardelli.

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