sabato 20 aprile 2013
​Il costituzionalista già consigliere di Prodi e Garante per la Privacy: «Il Pd è in crisi ma anche il sistema, destabilizzato da una legge elettorale iniqua divenuta dannosa».
COMMENTA E CONDIVIDI
Francesco Pizzetti è amareggiato è non lo nasconde: il suo amico Romano Prodi, del quale fu consigliere costituzionale a Palazzo Chigi tra il ’96 e il ’98, non ce l’ha fatta. «È un’occasione persa per il Paese, quella di Prodi era secondo me la candidatura più adatta alla situazione attuale», dice l’ex-presidente dell’Autorità garante per la Privacy. La delusione personale, però, si mescola al rigore del giurista che osserva una situazione di oggettiva difficoltà istituzionale e «la profonda crisi del partito di maggioranza relativa, il Partito democratico», che non è riuscito a mandare al Quirinale, dopo Franco Marini, neanche il suo "padre nobile". E non rinuncia a sottolineare le responsabilità del Porcellum, una legge elettorale già «iniqua» in un regime di sostanziale bipolarismo ma che si è dimostrata addirittura «dannosa» quando i poli si sono moltiplicati, con l’affermazione del Movimento 5 Stelle.Ma quella di Prodi non era una candidatura troppo divisiva?Che ci fosse un’opposizione da parte del Pdl e del resto del centrodestra era noto. Ma se l’assemblea dei deputati e senatori del Pd, all’unanimità, aveva ritenuto di fare questa scelta, bisognava andare fino in fondo. Era un tentativo di ritrovare le radici profonde di quella formazione politica e il significato della coalizione di centrosinistra che si è presentata alle elezioni. Inoltre credo che, una volta eletto, Prodi sarebbe stato comunque un punto di riferimento importante per tutto il Paese, per caratura internazionale, per esperienza, per formazione culturale.Il Pd è nel caos, d’accordo, si è appena dimessa la presidente dell’assemblea nazionale Rosy Bindi. Non le sembra però che tutto il sistema sia andato in tilt?L’elezione del presidente della Repubblica ha visto frequentemente il susseguirsi di scrutini proprio a seguito della frammentazione delle forze politiche e, in particolare, del partito di maggioranza relativa. Tuttavia, questa pratica apparteneva alla prima fase della Repubblica, quella che immaginavamo si fosse chiusa nel ’92.Lo sbandamento riguarda soltanto i Democratici o anche il modello stesso di partito, come lo abbiamo conosciuto fin qui?Il fatto stesso che a 50 giorni dalle elezioni non abbiamo un governo e non riusciamo a eleggere un presidente ci dice che il sistema elettorale chiamato "Porcellum" non solo è un sistema iniquo, che la Corte costituzionale ha chiaramente considerato non conforme alle regole della democrazia rappresentativa descritta nella Costituzione italiana, ma anche un sistema dannoso, nel momento in cui il corpo elettorale si divide non più in due principali orientamenti ma in tre. Era una legge ingiusta e iniqua per consolidare malamente il bipolarismo. È diventata una legge ingiusta e iniqua che ha effetti destabilizzanti sul sistema.L’assetto istituzionale è ormai da tempo, secondo molti studiosi, in una condizione di non perfetto equilibrio, con il ruolo del presidente della Repubblica che sarebbe via via mutato e cresciuto. Condivide?Guardi, il Presidente è sempre stata un’istituzione centrale nell’ordinamento italiano, come hanno rilevato tutti i grandi commentatori della Costituzione. Il capo dello Stato è una figura che può assumersi anche un ruolo fondamentale nei momenti di crisi di sistema. È vero però che noi siamo ormai da alcuni anni, due o tre, in una profonda crisi di sistema e quindi la Presidenza della Repubblica ha espanso il suo ruolo, fino a caricarsi del sostegno complessivo dell’assetto.Torniamo alla corsa per il Quirinale. Come si esce da questa situazione? Si può pensare di scegliere in una rosa di nomi a livello istituzionale, fuori dai partiti?Francamente non lo so, dipenderà dalle decisioni che prenderanno i partiti. Certamente il primo problema è del Pd, che deve in qualche modo chiarire non solo le ragioni di questo ulteriore insuccesso, ma anche le ragioni delle sue divisioni interne, dell’incapacità di rimanere compatto sulle indicazioni date una volta dal segretario, una volta addirittura dall’assemblea dei suoi grandi elettori all’unanimità.Sembra preoccupato.Be’, il Partito democratico ha dato una prova preoccupante non solo per se stesso ma per tutto il Paese. Ciò mi amareggia, anche per la collaborazione che ebbi con Romano Prodi e con i partiti i quali hanno poi dato vita al Pd. Per di più, una crisi così evidente si è sviluppata in questa fase intorno a una figura importante, di prestigio internazionale e di grande autorevolezza come Prodi. Come costituzionalista, poi, sono preoccupato perché il Pd è di fatto centrale nello schieramento politico: dovrebbe fungere da cerniera tra il Movimento 5 Stelle, caratterizzato dal totale rigetto del sistema politico precedente alle scorse elezioni, e il Pdl, che è invece arroccato nella difesa della sua esperienza politica.Intanto il Paese aspetta un presidente e un governo, in una situazione di crisi economica e occupazionale senza precedenti.Certamente questo è un problema molto grave della classe politica e delle forze presenti in Parlamento. L’Italia ha un enorme bisogno di cambiamento e di ritrovare la giusta direzione di marcia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: