mercoledì 22 febbraio 2012
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​I posti letto sono stati tagliati, questo è certo: 45mila in meno in dieci anni, 55mila se si va indietro di dodici. Gli ospedali continuano a destinare la maggior parte delle risorse e delle degenze all’attività programmata (tra il 60 e il 70%), e una minima parte all’emergenza e urgenza (il 25%). E anche i medici sono in via d’estinzione: 46.209 i generici, per un totale di 1.129 pazienti in carico a ciascuno. Sono molte, e diverse, le responsabilità del collasso dei pronto soccorso italiani e nei prossimi mesi verranno accertate, caso per caso, come ha promesso ieri il ministro Balduzzi.Quella che troppo spesso viene sottovalutata, tuttavia, è la responsabilità “culturale” degli italiani, che – complice anche la mancanza di compattezza della sanità territoriale e di risorse per i medici di famiglia – al pronto soccorso vanno per il più piccolo disturbo di salute (o quasi). La tendenza non si inventa qui, ma emerge con chiarezza dai dati del ministero della Salute, pubblicati appena una settimana fa nell’Annuario statistico sul Servizio sanitario nazionale e relativi all’anno 2009.Un numero su tutti: 22.741.500. A tanto ammonta il numero di accessi registrati nei pronto soccorso nell’anno in questione (bambini esclusi). Vale a dire 3,8 ogni 10 abitanti. In linea teorica (perché nella pratica è plausibile che la stessa persona, specie se anziana o malata cronica, ci sia stata più volte nello stesso anno) quasi 4 persone su 10 nel nostro Paese sono state in un pronto soccorso nel 2009. Troppe, soprattutto a fronte di un sistema afflitto dalle lacune di cui si diceva sopra.La scarsa cultura collettiva in materia di “emergenza sanitaria” è ancora più evidente se si guarda alle ragioni per cui così tanti italiani hanno pensato di correre in ospedale, soli o accompagnati dal 118: tra chi ci arriva i codici rossi (cioè i più gravi) sono appena il 2%, quelli gialli (seri) circa il 18%, per un totale (nel 2009) del 15% di pazienti effettivamente ricoverati, circa 3 milioni e mezzo di persone. Il cospicuo resto? Codici verdi (in gergo medico i “differibili”) oltre il 60% e codici bianchi (quelli addirittura banali) al 20%. Tanto che sommando gli ultimi due si arriva a una constatazione disarmante: in 8 casi su 10 i pazienti che si presentano al pronto soccorso lo fanno per ragioni trascurabili o quasi. Intasando inutilmente le vie dell’emergenza sanitaria nazionale. Il “capitolo” Lazio, a questo proposito, è ancor più spinoso: i dati dell’Agenzia regionale per la sanità confermano che nel 2010 su 2.080.472 accessi nei pronto soccorso della regione solo l’1,4% erano in codice rosso. Ma, per non andare troppo lontani, basterebbe guardare alle ultime settimane di grande freddo, in cui i pronto soccorso hanno registrato ovunque picchi di accessi del 20 e anche del 30%. Motivo principale: influenze e raffreddori, che se hanno acuito le patologie croniche, soprattutto negli anziani, hanno anche “spaventato” (spesso senza ragione) migliaia di italiani. Risultato? Un vero e proprio assalto, con alcuni ospedali costretti a “chiudere” per sovraffollamento, come il Martini di Torino lunedì: ««Il problema per questi reparti – spiegano i medici – è che sono diventati un punto di riferimento e il fine settimana poi, non essendoci i medici di famiglia in servizio, l’ospedale diventa una sicurezza».Carichi mastodontici di visite, dunque, per cui gli ospedali non sono attrezzati e che sostanzialmente potrebbero essere dimezzati. Non a caso il ministero della Salute e l’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) stanno insistendo in queste ore su una campagna informativa per tutta la popolazione condivisa da Regioni, ordini, associazioni, con schede e informazioni essenziali. Il senso – all’apparenza scontato – è che bisogna chiamare il 118 o recarsi al pronto soccorso solo in casi di situazioni di rischio per la vita o l’incolumità di una persona (come difficoltà o assenza di respiro, dolore al petto, perdita di coscienza prolungata, traumi e con emorragie evidenti, difficoltà a parlare o usare gli arti dello stesso lato, soffocamento, avvelenamento, annegamento o ustione). E che, quando il medico di famiglia non è raggiungibile (cioè nei festivi e di notte), prima dell’ospedale si può chiamare la guardia medica. Quest’ultima conta su quasi 3.000 presidi e su oltre 12mila medici sparsi sul territorio. Che nel 2009 hanno effettuato “appena” 17mila visite ogni 100mila abitanti.
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