martedì 12 dicembre 2023
Lo ha annunciato il presidente del Tribunale Pignatone. Le ultime repliche delle difese. I legali di Becciu: "Dal Pg Diddi nessuna prova. Il cardinale mai citato in nessuna chat"
L'aula del Tribunale Vaticano

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Dopo 85 udienze dibattimentali (l'ultima ieri) e quasi due anni e mezzo (la prima udienza si tenne il 27 luglio 2021), si concluderà sabato prossimo, 16 dicembre, il processo al Tribunale vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e la compravendita del Palazzo di Londra. Lo ha annunciato questa sera, 12 dicembre, il presidente Giuseppe Pignatone. Il processo, originato da un'inchiesta iniziata quattro anni fa vede dieci imputati, tra i quali il cardinale Angelo Becciu, i broker Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi, e i dipendenti della segreteria di Stato monsignor Mauro Carlino e Fabrizio Tirabassi.

L'udienza odierna è stata dedicata alle controrepliche delle difese. Mentre sabato l'udienza inizierà alle 11.00 e all'inizio ci sarà una breve replica di uno dei legali, l'avvocato Filippo Dinacci, quindi il Tribunale si ritirerà in camera di consiglio. La lettura della sentenza è prevista nel pomeriggio, intorno alle 16.00 o 17.00.

Significative le repliche dei difensori, in risposta alle tesi dell'accusa e delle parti civili, con richiesta, ribadita, di piena assoluzione per i loro assistiti. In particolare l'avvocato Fabio Viglione, difensore di Becciu, ha detto di non aver sentito dal promotore di giustizia Alessandro Diddi vere repliche o argomenti, mentre "alcuni elementi sono stati sintetizzati a mo' di caricatura". Viglione ha parlato di "pochezza delle argomentazioni avversarie". Ha contestato che da parte di Becciu ci sia mai stata una campagna di stampa contro il processo, mentre è lui ad essere stato aggredito mediaticamente "a livello planetario". Secondo il legale, se il memoriale di Perlasca non è la pietra angolare dell'accusa, come ha detto Diddi, è però "la pietra miliare da cui sono partite le linee di accusa a Becciu". Inoltre, ha domandato Viglione, "come si fa a dire che noi dovevamo chiedere alle testimoni Ciferri o Chaouqui i contenuti delle chat coperte da omissis se è stato proprio il Pg a opporre il segreto istruttorio?". L'avvocato ha sottolineato che in tutti i documenti, le chat, i messaggi, le mail prodotti dall'accusa "nessuno parla mai del cardinale Becciu", laddove è lui che viene indicato dall'accusa come "il promotore, il regista degli investimenti". Per quanto riguarda poi la "vicenda Sardegna", Viglione ha ribattuto al rilievo del Pg di doversi confrontare con l'ex vescovo di Ozieri, morto nel 2020, Sergio Pintor, "che fece una denuncia contro la famiglia Becciu". "Una denuncia che non esiste", ha replicato invece il legale. "E' privo di ogni logica richiamarci al vescovo Pintor - ha detto ancora - quando i contributi fatti mandare dal card. Becciu alla Caritas, tramite la cooperativa Spes, sono negli anni dei successivi vescovi, Sebastiano Sanguinetti e Corrado Melis. Noi questo abbiamo documentato, comprese tutte le spese fatte, proprie della gestione di un luogo dove si fa del bene. Del resto non ci può interessare nulla". L'altro difensore di Becciu, l'avvocato Maria Concetta Marzo, sul caso di Cecilia Marogna ha evidenziato nuovamente che "se il cardinale voleva davvero distrarre delle somme a favore della donna, perché l'ha fatto quando già non era più sostituto e quindi doveva per forza ricorrere a permessi e autorizzazioni?".

Altri legali intervenuti, Luigi Panella per Enrico Crasso, Ugo Dinacci per René Bruelhart, Angela Valente per Tommaso Di Ruzza, Cataldo Intrieri per Fabrizio Tirabassi, Lorenzo Bertacco per Nicola Squillace, Marco Franco per Gianluigi Torzi, Savino Mondello per mons. Mauro Carlino, Gian Domenico Caiazza e Andrea Zappalà per Raffele Mincione.

Sempre oggi, intanto, bisogna registrare una lettera di papa Francesco al personale della Segreteria per l'Economia sul cammino delle riforme, anche per prevenire "i rischi di ricadere negli errori del passato che tutti conosciamo". Il Papa chiede ai dipendenti della Spe "la lealtà di dire di no quando quello che vi viene rappresentato o che trovate nei controlli tradisce la missione, quando l'interesse individuale di alcuni prevarica su quello collettivo, quando le regole sono violate o artificiosamente aggirate per perseguire finalità estranee a quelle della Santa Sede e della Chiesa, e le scelte hanno poco o nulla a che vedere con la missione o le fanno un danno". "La lealtà significa non diventare mai complici, anche solo facendo finta di non vedere, anche solo non volendo deludere quelle amicizie che in una comunità di lavoro come la Santa Sede si instaurano ed è bello che si instaurino", sottolinea il Pontefice.

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