giovedì 8 novembre 2018
Prevista la sospensione dopo il primo grado di giudizio. La norma sarà nel ddl Anticorruzione, «ma entrerà in vigore da gennaio 2020», dopo la riforma del processo penale
Trovato l'accordo M5s-Lega sulla prescrizione, ma la riforma slitta al 2020
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È il ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno ad accompagnare la delegazione della Lega. Il suo ministero si occupa di altro, ma è lei l’esperta del Carroccio che aveva messo in guardia Matteo Salvini quando aveva visto comparire l’emendamento sulla prescrizione e lo aveva definito «una bomba». Ed è lei che la disinnesca nel giro di una mezz’ora, al vertice di Palazzo Chigi, con Conte, Salvini, Di Maio, Fraccaro e Bonafede. Con un compromesso che viene interpretato in due modi diversi da Lega e M5s, ma che vede entrambi i partiti soddisfatti.

Bongiorno nega che ci siano «vincitori e vinti», ma di fatto il Carroccio, che ha incassato da poche ore il risultato al Senato sulla sua legge bandiera – il dl sicurezza – , vede l’alleato accontentarsi di un rinvio di almeno un anno sul punto in questione. Il capitolo inserito nel ddl anticorruzione trova cittadinanza grazie alla decisione delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia di allargare il perimetro del testo. Scelta che arriva mentre a Palazzo Chigi si raggiunge l’intesa, a cui restano appesi fino all’ultimo i due partiti azionisti di maggioranza. E quando arriva il via libera dalla sede del governo, M5s e Lega approvano l’ampliamento, tra le proteste delle opposizioni che vedono ancora una volta scavalcato il ruolo del Parlamento e si appellano al presidente Fico.

Nel merito, comunque, l’entrata in vigore dello stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio non sarà operativa prima del 2020, quando – secondo l’intenzione dei due partiti dell’esecutivo – sarà approvata la più ampia riforma del processo penale. «Tutto bene quel che finisce bene», gongola il ministro dell’Interno Salvini. «Avanti spediti per l’attuazione del contratto di governo. Come sempre ci confrontiamo e come sempre troviamo la soluzione migliore per gli italiani», gli fa eco il premier Conte.

Mentre il leader di M5s Luigi Di Maio cerca di tenere buoni i "duri e puri" del Movimento: «Il blocco della prescrizione era un nostro obiettivo, diventa legge a gennaio 2019 e inizia a funzionare dal 1 gennaio 2020, nel frattempo facciamo una riforma del processo penale per non correre il rischio di condizionare la giustizia».

Il punto è proprio questo: quanto lo stop alla prescrizione sia vincolato dalla riforma dell’intero pacchetto processuale. Per il Carroccio senza l’uno non scatta l’altra. Per i pentastellati non è così, ma comunque ora si andrà avanti spediti per costruire un nuovo processo. «Entro il 2019 – ne è certo il ministro della Giustizia Bonafede – la riforma sarà approvata».

E però di fatto non è così banale arrivare a meta. Per la riforma serve una legge delega: il Parlamento impegna il governo, che vara i decreti delegati, su cui si esprimono le commissioni, pareri di cui il governo può non tenere conto. Una procedura complessa e lunga, interrotta anche dalla campagna per le Europee, che potrebbe non portare a termine l’opera per quella data. In quel caso, taglia corto Bongiorno, «si farà un altro vertice come questo».

L’Anm si dice pronta a «dare il nostro contributo», ma sui tempi non è fiducioso neppure Davigo, perché si applica a reati commessi dopo l’entrata in vigore e ne «vedremo gli effetti quando sarò morto, funzionerà da qui all’eternità». Pronti allo sciopero i penalisti. Mentre per l’"Associazione tra gli studiosi del processo penale", presieduta da Oreste Dominioni, la norma è in «palese violazione» della Costituzione.

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