giovedì 29 settembre 2022
Parla il leader del Terzo polo: ora avanti, nel 2023 costituente per un grande polo liberal-popolare-riformista. Immagino il centrodestra intento ora a far incetta di posti di potere, dureranno poco
Carlo Calenda

Carlo Calenda - Ansa

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A Carlo Calenda, leader assieme a Matteo Renzi del Terzo polo, chiediamo innanzitutto, un po’ provocatoriamente, se dopo elezioni che hanno visto vincere Fdi - unica forza della vecchia opposizione e andar bene M5s, si possa dire che anche Draghi è stato sconfitto dalle urne: «No – risponde –, perché ha comunque oltre il 50% di gradimento. Il fatto è che gli italiani continuano a votare con una logica sbagliata: scelgono chi sembra più rispondere alle arrabbiature del momento o, nei casi estremi, chi gli sta più simpatico. Non si vota visualizzando un leader di partito come la persona più idonea a governarci in un quadro complesso, ma quasi fosse un gioco o il 'Grande fratello'. Quel che mi preoccupa davvero è il quasi 70% di voto populista».

Il Terzo polo ha preso il 7,8%, meno del previsto. E non dissimile dal risultato che ottenne Monti nel 2013 con Scelta civica. Non è che lo zoccolo duro dell’area a cui vi rivolgete non vale numericamente di più?

Un po’ è vero, anche se Monti lo prese da premier uscente, quindi con un’esposizione maggiore. Noi, appena nati, siamo a un punto dalla Lega e a 0,30% da Forza Italia, che abbiamo superato in quasi tutto il Centro-Nord. Andiamo bene nei grandi centri e fra i giovani. È un dato molto incoraggiante, preso per di più facendo meno promesse di tutti in assoluto e dicendo che bisogna investire in sanità e istruzione.

E adesso?

Dobbiamo andare oltre questo zoccolo duro. Significa crescere al Sud, fra gli anziani e nei piccoli centri dove siamo meno radicati.

Quando si rivedrà con Renzi?

Ci vedremo lunedì, ma ci sentiamo quasi ogni giorno. E faccio notare che, rispetto agli altri, siamo quelli che hanno litigato di meno. Ora andremo avanti coi gruppi unici in Parlamento e un comitato di coordinamento. E nel 2023 avvieremo il processo costituente di una forza liberalpopolare- riformista per dar vita a un partito unico per le Europee 2024 capace di andare oltre le sole Azione e Iv.

Cosa la preoccupa di più del quadro uscito dalle urne?

Certo non la tenuta della democrazia, ma il fatto che ci troviamo a vivere uno dei momenti peggiori dell’ultimo secolo, con la micidiale miscela tra forte inflazione, risalita dei tassi e rischio di recessione, con un governo totalmente inappropriato. E con una maggioranza dove già esplodono i conflitti, con una Lega molto indebolita che ogni giorno avrà l’esigenza di ritagliarsi spazi rispetto agli altri due alleati.

È davvero sicuro che il prossimo governo cadrà entro 6 mesi?

Non so se in sei mesi, ma durerà poco. La mancanza di esperienza può essere decisiva. E il modo in cui scegliamo la classe politica è una delle ragioni per cui l’Italia declina da 30 anni. Per questo dico sempre che c’è una battaglia culturale da fare, tornando a dare valore a chi ha esperienze maturate e non fa promesse irrealizzabili, ma parla il linguaggio urticante della verità.

La legge elettorale va cambiata?

Sì, però non è l’esigenza più immediata per i cittadini. Il Rosatellum ha esaltato questo bipolarismo che porta all’estremizzazione della politica. Peraltro, con il proporzionale probabilmente ora andremmo avanti con Draghi.

Dal Pd si sostiene che se fosse andata avanti l’alleanza con voi, il centrodestra non avrebbe vinto.

È l’accusa che ci fanno. La realtà dei flussi elettorali dice che solo 1/3 dei nostri voti viene dal centrosinistra. Da alleati, la realtà è che noi avremmo preso il 2% circa e il resto dei voti sarebbe andato più probabilmente verso il centrodestra o l’astensione.

Si è pentito di quel bacio sulla guancia a Letta?

Sì, certo. Ma in quel momento non potevo pensare che Letta stesse progettando con Bonelli e Fratoianni un accordo uguale e contrario a quello stretto con me, annullando così di fatto il ruolo del Terzo polo. Non voglio infierire, ma il guaio di Letta è che non ha mai spiegato cosa avrebbe fatto dei voti Pd, oltre al suicidio politico di aver inseguito l’alleanza con Di Maio: gli avrò detto 50 volte che non aveva alcun senso.

È deluso dal risultato di Roma, dove un anno fa Azione fu primo partito?

No, perché io ho preso comunque il 14% nel collegio e il partito il 12,8%. Le comunali hanno poi un meccanismo differente.

Cosa risponde a chi le addebita l’uscita dal Parlamento di Emma Bonino?

È un’accusa destituita di fondamento. Io mi sono candidato prima. È il Pd che l’ha indicata contro di me, per di più senza "paracadute", e lei che si è prestata a fare questa battaglia, per così dire. Io non ho niente contro di lei.

Cosa pensa dell’intenzione del centrodestra di prendersi le due presidenze delle Camere?

Sinceramente? Sono fatti loro. Finché abbiamo un presidente della Repubblica di garanzia e non politicizzato, non mi preoccupo. Certo li immagino ora intenti, con la scimitarra, a fare incetta di tutti i posti di potere che libereranno nei prossimi mesi.

Conferma il no al presidenzialismo?

Sì, penso che oggi l’unico garante dell’unità nazionale resti il capo dello Stato. Anche se sono favorevole a discutere sulle riforme perché è proprio di dialogo fra i partiti che il Paese ha bisogno. E non sono d’accordo anche su un patto delle opposizioni: non è maturo e serio farlo, stiamo su linee troppo diverse.

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