mercoledì 10 novembre 2010
Il sottosegretario Giovanardi ha chiuso questa sera la Conferenza nazionale di MIlano consegnando al Paese un Piano per la famiglia, frutto dell'elaborazione di esperti, associazioni, operatori pubblici, che ora sarà sottoposto alle parti sociali e al Consiglio dei ministri. Nel pomeriggio un confronto tra sindaci sulle migliori pratiche messe in atto in aiuto delle famiglie.
- Ma il fulcro resta un fisco tarato sui figli di Francesco Riccardi
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Il Piano nazionale per le politiche familiari in Italia è pronto. La bozza del progetto esce dalla Conferenza nazionale – che si è chiusa questa sera a Milano, con gli interventi del sottosegretario Giovanardi e dei ministri Alfano, Meloni e Rotondi – ampliato e arricchito da tanti stimoli frutto del lavoro di esperti, associazioni, operatori pubblici, docenti, esponenti del volontariato. Il documento adesso è pronto per essere sottoposto al Consiglio dei ministri e alle parti sociali. Un passaggio doveroso che consegnerà al Paese quel Piano che manca da sempre e che - nelle intenzioni degli estensori - dovrebbe aprire la strada al definitivo riconoscimento della cittadinanza sociale della famiglia. L’annuncio è arrivato ieri sera dal sottosegretario Carlo Giovanardi, responsabile del Dipartimento per le politiche familiari, in chiusura di convegno. IL CONFRONTO TRA SINDACIPiù tasse per i single per avere risorse da dare alle famiglie con figli. No, non è democratico. Due posizioni opposte sulle quali si sono trovati, rispettivamente, i sindaci di Roma e di Bari in un dibattito pubblico alla Conferenza nazionale della famiglia. Sul palco, Letizia Moratti, Gianni Alemanno e Michele Emiliano. "In un momento di crisi - ha detto il primo cittadino di Roma - non si può dare tutto a tutti, bisogna sporcarci le mani. Se vogliamo aiutare le famiglie, che sono quelle sposate, vuol dire aumentare le tasse ai single e alle coppie con pochi figli. La questione non riguarda solo le amministrazioni locali ma il governo nazionale. Bisogna sfuggire alla tentazione di voler dare tutto a tutti, e quindi ai gay e ai single, altrimenti non faremo mai politiche familiari. Bisogna concentrarci sulla famiglia della Costituzione formata da un uomo e una donna che fanno figli. Questo - ha aggiunto - non vuol dire però discriminare le altre persone, vuol dire che la difesa dei diritti individuali non sono politiche familiari. Invito Giovanardi e il parlamento a fare già in questa legislatura la riforma del quoziente familiare".Emiliano ha detto che, «fermo restando che la Costituzione parla di famiglia fondata sul matrimonio», non hon ha senso «che per aiutare le famiglie con figli si tassino di più i single, non risolve il problema. L'incertezza del futuro riguarda tutti e tutte le fasce d'età». A cominciare dal network Città per la famiglia (una cinquantina gli aderenti), un'idea della città di Parma (presente il sindaco Pietro Vignali), che promuove incentivi per le tariffe oltre che servizi in rete fra vari soggetti. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha detto di ritenere importante la collaborazione fra istituzioni e società civile; un'impostazione che facilita interventi di qualità come quello dell'assistenza domiciliare degli anziani (10 mila assistiti) che è quasi raddoppiata nel capoluogo lombardo. Importante poi, a suo avviso, per accelerare il federalismo fiscale definire i costi dei servizi standard.Alemanno ha osservato che alcuni interventi sulle tariffe (ad esempio sulla tassa rifiuti che vede pagare di più le famiglie numerose) sono questioni che dovrebbero coinvolgere in primo luogo il governo nazionale. Il sindaco ha anche annunciato che la capitale darà vita solo ad asili nido convenzionati perché costano al metà di quelli comunali (7 mila euro l'anno a bimbo contro i 13 mila). Per Emiliano, le famiglie si aiutano contenendo la precarietà del lavoro, altrimenti si "fa marketing elettorale"; ha citato il caso di un call center in Puglia che un anno dopo aver stabilizzato 2.500 lavoratori, sono nati 400 bambini. Attilio Fontana, sindaco di Varese, ha annunciato che la città sta pensando a una Carta per la famiglia. Le politiche familiari sono quelle che "abbandonano la logica dell'assistenzialismo" ha sottolineato Maria Luisa Tezza, delegata politiche familiari dell'Anci che sollecita azioni in rete del territorio. È necessario "legare le politiche locali a quella nazionali - ha esortato il vicepresidente dell'Upi Antonio Saitta - altrimenti si rischia di avere cittadini di serie A e B, a seconda di dove vivono. Importante è anche la concertazione fra soggetti pubblici e privati. Una delle priorità è la lotta al precariato e la tutela della maternità, per questo ci vuole più coraggio e trovare le risorse magari rivedendo le rendite finanziarie». Nel pomeriggio il dibattito si è spostato sugli strumenti per per una effettiva politica a favore della famiglia in Italia", con interventi di esponenti sindacali, dell'associazionismo e delle categorie produttive. Enrico Giovannini, presidente dell'Istat, ha detto che i cambiamenti dei ruoli familiari nel corso degli ultimi anni "sono stati minimi e la donna è quindi ancora schiacciata da tanti compiti. Un sovraccarico familiare che è ancora più forte sulle donne lavoratrici". Il presidente dell'Istat ha definito questo modello famigliare come "destinato a non essere più sostenibile". Per quanto riguarda invece i dati sulla natalità nel nostro Paese, Giovannini ha definito "condizioni a contorno che non favoriscono la natalità, l'incertezza sul lavoro, l'insicurezza sulla fase economica e sociale e i servizi". Il presidente dell'Inps Antonio Mastropasqua ha detto che dopo aver chiuso definitivamente "il cantiere sulle pensioni" ora va aperto "un cantiere sulle prestazioni dell'assistenza". Del bilancio annuale dell'Inps, 270 miliardi annui, 130 miliardi riguardano le pensioni, 140 miliardi l'assistenza. Su questo settore - ha osservato - "c'è bisogno di capire. Con oculatezza ed attenzione". Evitando anche il "terrorismo" che a volte si è creato per la previdenza e che, a suo avviso, ha contribuito a creare parte del lavoro nero. "140 miliardi per l'assistenza - ha aggiungo Mastropasqua - è una cifra incredibile, non dico che va alle famiglie. Ma visto che le cose stanno cambiando forse gli assegni familiari nella forma attuale non sono più un aiuto per le famiglie". Fra l'altro, a suo avviso, senza una ricognizione sulle prestazioni assistenziali ("lo Stato poi non sa quanto si spende e chi riceve i benefici" tenendo presenti le diverse amministrazioni) "potrebbe esserci gente pluriassistita o persone con meno benefici. Nell'assistenza, il fulcro è la famiglia. Ma bisogna vedere se le risorse vanno aumentate o ridotte. Su questo bisogna avere coraggio". POLITICHE PER LA FAMIGLIA: LE REALTA' LOCALI INSEGNANOWelfare. Ovvero, benessere. Ma cosa serve davvero a una famiglia, per stare bene? La ricetta a sorpresa – e a dispetto delle legislazioni adottate dalle Regioni, utili ma spesso ancora in via di definizione – sta scritta nelle province, nei piccoli comuni, nelle reti di associazioni e famiglie che si sono rese autonome, organizzate, coordinate e infine alleate in partnership con il settore pubblico e privato. Parola di Giovanna Rossi, ordinario di Sociologia della famiglia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ieri davanti alla platea della Conferenza nazionale di Milano ha snocciolato decine di esempi concreti in cui i nuclei, resi protagonisti dagli enti pubblici piuttosto che destinatari passivi di misure assistenziali, hanno saputo produrre welfare sul territorio. "Buone pratiche", in cui la progettazione di servizi è stata partecipata e le famiglie sono diventate risorse.Le coppie. Nell’orizzonte dei servizi alla famiglia la coppia che decide di sposarsi, o che lo ha appena fatto, di fatto non esiste. Eppure qualcosa si muove. È il caso dell’Emilia Romagna, della Lombardia e del Piemonte, per esempio, dove sono fioriti numerosi progetti realizzati all’interno dei Centri per le famiglie finalizzati ad educare le coppie in formazione. Il modello standard è quello di un percorso di 6-8 incontri e prevede solitamente l’intervento di specialisti con diverse professionalità (dal ginecologo al giurista allo psicologo), lo scambio di riflessioni e il confronto tra i partecipanti.I figli piccoli. Quello dei servizi a supporto della genitorialità, in particolar modo della conciliazione famiglia-lavoro, è il campo che ha visto le iniziative più creative. È il caso della provincia di Bolzano, col suo “Tagesmutter”: il servizio prevede che le mamme accudiscano presso la propria abitazione fino a un massimo di 6 bambini e siano legate a una cooperativa che ne garantisca formazione e professionalità. Sulla stessa scia anche l’“Educatore familiare” in Emilia Romagna. Il maggior coinvolgimento delle famiglie è però quello previsto dalla formula del “Nido famiglia” lombardo, che nasce da un patto tra famiglie e deve definire la modalità di partecipazione attiva dei genitori dei bimbi coinvolti. Altra esperienza pilota, sempre lombarda, è quella del “Fondo Nasko”: beneficiarie le mamme che rinunciano alla scelta di abortire in presenza di un aiuto economico concesso in base alla proposta di un progetto personalizzato, concordato tra il consultorio e il centro di aiuto alla vita.Gli anziani. Solidarietà in rete, a partire dalle famiglie. Nel campo dei servizi agli anziani le buone pratiche fioccano, anche dove sarebbero del tutto inaspettate. È il caso della Sicilia, dove il servizio “Anziani in affido” vede anziani soli e con ridotta autosufficienza presi in carico da famiglie in difficoltà economiche. C’è poi quello della Liguria, con il “Progetto caregiver”, che prevede la formazione di familiari che hanno rapporti coi malati di Alzheimer: dal progetto stesso è peraltro nata un’associazione di familiari che ha creato il primo Alzheimer Caffè, un punto di aiuto e di sostegno tra famiglie.I minori a rischio e le famiglie povere. Anche qui numerosi i progetti fioriti a livello locale: si va dall’“Affido da famiglia a famiglia” del Piemonte (nuclei in difficoltà vengono affidati ad altri), all’“Affido professionale” della Lombardia (giovani a rischio vengono seguiti e formati da tutor in imprese o attività artigiane) e i “Gruppi di parola” (incontri in cui i bimbi con esperienze traumatiche possono incontrarsi e sfogarsi).Le municipalità virtuose. Ci sono poi comuni che hanno coinvolto i nuclei nella programmazione politica e sociale familiare stessa: è il caso di Castelnuovo del Garda, che col suo “Piano integrato” ha dato il via a 100 progetti in cui le famiglie sono gli attori stessi e i controller dei servizi ad esse destinati. O ancora il “Progetto politiche familiari” di Montebelluna, che coinvolge le famiglie di 11 comuni della provincia di Treviso (un bacino di 130mila abitanti): 80 famiglie divise in 6 sottogruppi individuano i problemi da risolvere, propongono le soluzioni in partnership con gli enti locali e, di fatto, ne sono i diretti beneficiari. Viviana Daloiso
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