domenica 15 maggio 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
ROMA Lo scontro tra Federico Pizzarotti e il vertici del Movimento 5 Stelle continua a tenere banco nel solo tra i pentastellati. La vicenda legata alla sospensione dal M5S del primo cittadino di Parma (in seguito a un avviso di garanzia) su ordine del vertice grillino, la differenza di trattamento rispetto Filippo Nogarin sindaco di Livorno - anche lui al centro di un’indagine della magistratura - ma soprattutto la richiesta di chiarimen- ti arrivata a Pizzarotti tramite mail anonime firmate 'lo staff di Beppe Grillo' sono gli elementi che offrono agli altri partiti, Pd in primis, l’occasione di riaccendere lo scontro con i pentastellati. Stavolta a finire nel mirino delle polemiche è in particolare il modus operandi del movimento. Luigi Di Maio, da Volla nel Napoletano, ieri è andato all’attacco del sindaco, spiegando che «la questione di Parma non ha nulla a che vedere con questioni personali, abbiamo solo applicato il regolamento sulla trasparenza, perché c’era stato nascosto un avviso di garanzia grave per tre mesi e questo è un dato inconfutabile.». Per questa ragione «abbiamo applicato una regola: questo è il movimento Cinque Stelle e non il Pd». Di Maio bacchetta anche Pizzarotti sulla pubblicazione di messaggi privati sul telefonino. «Una cosa di cattivo gusto. Siamo rappresentanti delle istituzioni non dell’Asilo Mariuccia. Tra l’altro da quei messaggi si capisce che ci eravamo sentiti». Il primo cittadino replica chiedendo al vicepresidente della Camera di andare a Parma «invece di stare in tour». A rispondere per le rime a Di Maio è Maria Elena Boschi. Il ministro per le Riforme contesta le mail anonime inviate al sindaco di Parma e rivendica: «Noi abbiamo dei luoghi dove ci confrontiamo e non abbiamo mai fatto delle espulsioni anche rispetto a persone che potevano essere in dissenso con il partito». Le fa eco il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini: «Nel movimento l’uno vale uno in realtà non esiste. Mi ricorda molto 'La fattoria degli animali' di Orwell, in cui c’è qualcuno che è più uguale degli altri». Il capogruppo alla Camera Ettore Rosato rincara la dose: «È vero – scrive su Twitter – non siete il Pd. Noi siamo migliaia di iscritti, circoli e amministratori. Da noi, chi sbaglia risponde alla legge, non al guru». Il presidente del partito Matteo Orfini si rivolge direttamente alla base 'grillina' invitandola alla ribellione. «Eravate partiti – ricorda – con lo streaming e l’uno vale uno, siete finiti agli ordini di mail anonime». A non passare poi sotto silenzio è la differenza di trattamenti riservata a Pizzarotti non solo rispetto al sindaco di Livorno ma anche al primo cittadino di Pomezia, sempre pentastellato, a cui arrivò un avviso di garanzia poi archiviato: «Il direttorio tace o non sapeva?», domanda il dem David Ermini. Va all’attacco del M5S anche il leader della Lega Nord Matteo Salvini che citando i casi di Quarto, Livorno e Parma bolla i pentastellati alla prova dei fatti come «una bufala». Parole che non sono piaciute ad Alessandro Di Battista che insieme ai big del movimento è sceso in campo a sua difesa: «Noi una bufala? Salvini si dovrebbe ricordare i diamanti della Tanzania o i lingotti d’oro comprati con i nostri soldi». A mettere sotto accusa l’operato del sindaco di Parma sono altri due componenti del Direttorio, Carla Ruocco e Roberto Fico. Quest’ultimo invita a differenziare l’atteggiamento tenuto da Pizzarotti rispetto a Nogarin. Quest’ultimo «ha detto di aver ricevuto un avviso di garanzia, attraverso un percorso chiaro e trasparente mentre invece il sindaco di Parma non l’ha fatto. Questo è inaccettabile». La Ruocco parla di «gesto totalmente in dissonanza con un’operazione di trasparenza» e aggiunge di essere un membro del Direttorio, ma di non essere mai stata cercata da Pizzarotti. (G.San.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Maria Elena Boschi Federico Pizzarotti
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: