martedì 15 dicembre 2020
Dei 196 miliardi in arrivo dall'Unione Europa il governo per ora destina soltanto il 4,6% alla salute. Il ministro Speranza annuncia battaglia in Consiglio dei ministri. I medici: noi solo sacrificati
Medici al lavoro

Medici al lavoro - Reuters

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La prima bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), Next Generation Ue, spartisce una torta di 196 miliardi in arrivo dall’Unione Europea e destina il 4,6% alla salute, cioè 9 miliardi: 4,8 per assistenza di prossimità e telemedicina, 4,2 per innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria.

Numeri che paiono non accontentare nessuno, a partire dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha assicurato che porrà la questione «con forza in Consiglio dei ministri per aumentare la cifra» perché «penso che 9 miliardi non siano sufficienti e c’è bisogno di fare uno sforzo in più».

Proprio il ministro Speranza, ai primi di settembre 2020, aveva annunciato venti progetti, il cui valore ammontava a 68 miliardi, di cui 34 destinati all’edilizia sanitaria, scomparsa in questa bozza di Pnrr del premier Giuseppe Conte (si parla solo di digitalizzazione e di efficientamento energetico degli ospedali). Questioni di governance a parte, è apparso singolare il confronto con il Mes. «C’è qualcosa che non torna – ha osservato il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini –. Ci era stato detto: alle risorse del Mes non si accederà perché sarebbero ritornate come misura nel Recovery plan, ma se la quota è di 9 miliardi è un quarto dei 36 che avremmo avuto a disposizione. Quindi voglio condividere l’appello del ministro Speranza».

Il Pnrr riconosce che «il sistema sanitario è giunto alla prova del Covid–19 manifestando elementi di relativa debolezza rispetto ai principali partner europei», e che permane «un forte divario tra le Regioni italiane».

Per assistenza di prossimità e telemedicina prevede «il potenziamento dell’assistenza sanitaria e della rete territoriale», con «integrazione dei servizi assistenziali socio–sanitari per una presa in carico globale della persona all’interno della casa della comunità» «riorganizzazione della gestione dei servizi di cure domiciliari integrate», «promozione della salute, la prevenzione e il controllo delle malattie», «implementazione di presidi sanitari a degenza breve (ospedali di comunità)» intermedi tra domicilio e ospedale, «miglioramento degli standard assistenziali nelle residenze sanitarie per pazienti disabili e non autosufficienti», «rete di centri territoriali per il contrasto alla povertà sanitaria». Inoltre si punta allo sviluppo di «modello di sanità pubblica ecologica» e lo sviluppo del «sistema di sanità pubblica veterinaria e sicurezza degli alimenti».


Ordini e sigle sindacali compatti nelle critiche:
«La montagna ha partorito un topolino,
il governo nemmeno ora ritiene gli ospedali
una priorità dell’agenda politica». Perplessità
anche dalle Regioni

Per innovazione, ricerca e digitalizzazione, obiettivi sono «l’ammodernamento tecnologico e digitale» in particolare degli ospedali, il potenziamento «di ricerca e trasferimento tecnologico» e «della formazione del personale sanitario».

Molto critica la reazione dei professionisti sanitari. «È come se la montagna avesse partorito un topolino» ha osservato Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), che ha scritto al premier Conte per esprimere «sconcerto se non delusione di fronte a una disponibilità dei fondi europei dedicati alla sanità, ben al di sotto delle aspettative e delle previsioni». «Tanto rumore per nulla – aggiunge Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) – I 9 miliardi si traducono per ogni anno in un terzo di quanto stanziato in emergenza nel 2020 e un quinto delle previsioni 2021 dalle varie leggi e decreti che si sono succedute nell’ultimo anno».


Nonostante la bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza
riconosca la debolezza con cui il Sistema sanitario
è giunto alla prova del Covid, viene stanziato
solo un quarto delle risorse richieste

«È chiaro – sostiene una nota del sindacato Anaao Assomed – che il Governo non ritiene, nemmeno ora, la sanità, specialmente quella ospedaliera, una priorità dell’agenda politica». Di «piano privo di una visione» parla Guido Quici, presidente del sindacato Cimo–Fesmed: «Manca la volontà di voler modificare la governance del nostro Servizio sanitario nazionale». «Non vorremmo che a essere sacrificati, per l’ennesima volta, siano i medici di famiglia – protesta Silvestro Scotti, segretario generale del sindacato Fimmg –. Noi ci aspettiamo investimenti sul personale e sulla sanità digitale. Investimenti che possono salvare vite, in tempi di pandemia, ai medici e ai loro pazienti».

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