domenica 28 giugno 2020
Nuove formule contrattuali, più semplici ma soprattutto più flessibili. Sempre nel rispetto delle regole, ovviamente, ma in grado di consentire alle aziende agricole di avere lavoratori nei campi
«Più flessibilità nei contratti». L'appello del mondo agricolo

Ansa

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Nuove formule contrattuali, più semplici ma soprattutto più flessibili. Sempre nel rispetto delle regole, ovviamente, ma in grado di consentire alle aziende agricole di avere lavoratori nei campi al momento giusto. Una prospettiva sulla quale il tema dei migranti è delicato e fondamentale. Così, se le misure relative alla regolarizzazione varate dal governo sono state valutate “in ritardo” e inefficaci per l’agricoltura (e se Coldiretti chiede il ripristino e l’allargamento dei voucher per sbloccare la situazione), si fanno strada altre soluzioni. Come l’idea della codatorialità delle assunzioni: un solo contratto per due aziende che fruiscono del lavoro della stessa persona distribuito sulla base delle esigenze di produzione.

L’idea è stata avanzata da Alleanza cooperative agroalimentari, ma piace anche a Cia-Agricoltori Italiani che però aggiunge: «La carenza di manodopera è un problema reale del nostro settore, quanto è stato stabilito però parte dal presupposto che la manodopera agricola ci sia e sia tutta irregolare. Questo lo contestiamo fermamente». Mentre Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, precisa: «Abbiamo avuto da subito diverse perplessità sull’efficacia della misura di regolarizzazione degli immigrati per l’agricoltura. Innanzitutto perché le aziende preferiscono collaborare con i lavoratori che conoscono, che operano da tempo nelle stesse realtà (e che nel periodo del lockdown erano rimasti bloccati nei loro Paesi di origine) ». Da qui, l’intenso lavoro per attivare i cosiddetti “corridoi verdi” con accordi presi direttamente con i Paesi di tradizionale provenienza della manodopera agricola straniera in Italia: Marocco, ma anche India e Romania. Soluzioni che sono servite per tamponare l’emergenza e che il provvedimento per la regolarizzazione non è riuscito a sostituire. A dirlo sono anche i numeri ricordati da Cia. «Secondo quanto rilevato dal ministero degli Interni allo scorso 15 giugno – viene spiegato –, possiamo tranquillamente affermare che il settore agricolo non ha apprezzato questo strumento e non lo ritiene efficace per risolvere il problema della carenza di manodopera».

Su 23.950 domande inviate, 21.655 riguardano l’emersione del lavoro domestico e 2.255 quello agricolo. «Le nostre aziende – dicono ancora i tecnici dell’organizzazione guidata da Dino Scanavino –, hanno fronteggiato tutto il periodo di emergenza sanitaria con gli stessi strumenti normativi che avevano anche prima del Covid». Una situazione che adesso, trapela dalle considerazioni tecniche, non è più sostenibile. «Sollecitiamo – aggiunge quindi Giansanti –, una generale semplificazione delle procedure e degli strumenti atti a favorire l’occupazione in agricoltura, per un mercato del lavoro più flessibile e meglio rispondente alle necessità delle imprese, nel pieno rispetto dei diritti del lavoratore e della persona». In altre parole, i campi possono davvero offrire un’occupazione regolare alle migliaia di migranti in arrivo nel nostro paese, ma servono strumenti efficaci per poterlo fare

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