mercoledì 17 aprile 2013
È il 33enne Antonio Incandela l'omicida, reo confesso, di don Michele Di Stefano il parroco di Ummari (Trapani) ucciso nella notte tra il 25 e il 26 frebbraio mentre dormiva nell'appartamento vicino alla canonica. All'origine del gesto il rancore e il fastidio per le omelie in cui il sacerdote puntava il dito contro gli autori di atti vandalici.
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È Antonio Incandela, 33 anni, della frazione di Fulgatore (Trapani), l'uomo arrestato dai carabinieri perchè accusato di essere l'assassino del parroco della frazione trapanese di Ummari, don Michele Di Stefano di 79 anni, originario di Calatafimi, ucciso nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, mentre dormiva nell'appartamento attiguo alla chiesa Gesù, Maria e Giuseppe. Secondo quanto riferito dall'arrestato, sarebbe rimasto irritato da alcune severe omelie del sacerdote. Padre Di Stefano fu parroco della frazione di Fulgatore per 41 anni prima di essere trasferito aUmmari. L'uomo ha confessato l'omicidio la scorsa notte, al termine di un lungo interrogatorio condotto dai carabinieri, dal procuratore di Trapani Marcello Viola e dal sostituto Massimo Palmeri. Ha indicato come movente quellodi un rancore che ha radici antiche, in quanto il parroco era suo professore di religione ai tempi delle scuole medie. Ha così agito per dare una lezione al parroco che in una omelia ha fatto riferimento a delle "mele marce" che avevano l'abitudine di appiccare il fuoco. Avendo dei precedenti per incendio, ha creduto si riferisse a lui. Ha anche dichiarato che dopo il delitto ha simulato una rapina portando con sè alcuni euro, il portafoglio della vittima che teneva nella sua auto, con il bancomat. A tradirlo sono stati proprio i prelievi che ha effettuato con la carta. L'uomo è stato ripreso dalle telecamere del sistema di videosorveglianza delle banche dove ha effettuato i prelievi: il primo, di 250 euro, nella notte dell'omicidio a distanza di un paio di ore.Determinante il contributo fornito inconsapevolmente dai genitori del presunto assassino. Una ventina di giorni dopo l'omicidio, la madre ha denunciato ai carabinieri lo smarrimento della propria postamat e le indagini che ne sono scaturite hanno consentito di scoprire che a impossessarsene era stato il figlio. Le immagini dei prelievi effettuati da Incandela con la carta magnetica della madre hanno svelato agli investigatori che si trattava dello stesso soggetto che utilizzava la carta bancomat del parroco assassinato. Incandela, che ha una convivente e una bambina, secondo gli investigatori, "ha agito sempre da solo e usando molti accorgimenti".
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